Frammenti, 18 marzo 2010
FRAMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE: «CINESI A PRATO»A Prato vivono 5mila cinesi regolari e altrettanti clandestini: su 180mila abitanti rappresentato il 15% della popolazione residente
FRAMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE: «CINESI A PRATO»
A Prato vivono 5mila cinesi regolari e altrettanti clandestini: su 180mila abitanti rappresentato il 15% della popolazione residente. Alcuni sono diventati ricchissimi, la maggior parte non lo sono. Negli ultimi tre mesi le forze dell’ordine hanno sequestrato loro 47 aziende. [1]
Roberto Giovannini, La Stampa 13/3/2010
A Prato la tensione sociale ha raggiunto i livelli di guardia. La protesta contro l’apertura di un maxiristorante cinese, che raccoglie già 3.332 adesioni on line, è solo la più recente in termini di tempo; perché il malcontento va ben oltre i coperti a base di ideogrammi. Nell’ultimo triennio la provincia toscana ha perso 10mila posti di lavoro a vantaggio del distretto industriale creato dalle 4mila imprese cinesi che fatturano circa 3 miliardi di euro all’anno. La crisi ha accentuato i problemi di convivenza e, visto che i commercianti italiani chiudono mentre tre nuove strutture cinesi si preparano ad aprire - una in via Concioni, con circa 800 coperti, una in via Galcianese e in via Paronese -, alcuni cittadini hanno programmato una manifestazione per domenica 28 febbraio.
Francesco De Remigis, il Giornale 15/2/2010, pagina 8
A Prato, dove la fanno da padroni i cinesi, si sono contate 110 lingue.
Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1092 15 febbraio 2010
Cinque anni dopo aver iniziato a lavorare, una ragazza cinese sveglia e abile può già aprire un’impresa. Ma quante sono le imprese cinesi in Italia? E quante di queste si macchiano di pratiche come lo sfruttamento minorile? Numeri univoci non ce ne sono, ma il caso del distretto di Prato è illuminante: le 4mila aziende cinesi iscritte alla Camera di commercio locale danno lavoro ad almeno 18mila connazionali nel settore tessile (ma c’è chi dice siano almeno il doppio) e hanno un giro d’affari di oltre 1 miliardo di euro. «Tutto sommerso, tutto senza regole» denuncia il presidente dell’Unione industriali locale, Riccardo Marini. La ricchezza prodotta esiste, ma chi la produce no, perché è invisibile e non perseguibile dal Fisco italiano, troppo lento e burocratico per inseguire aziende che nascono e muoiono nel giro di un anno e mezzo. «Dietro questo mondo, si agitano gli interessi oscuri delle mafie – afferma Teselli – che spesso hanno come obiettivo quello di colonizzare interi pezzi delle città», da Milano a Torino, da Verona a Napoli, da Macerata a Prato. […] A fine ottobre la Guardia di Finanza di Prato ha arrestato un imprenditore per sfruttamento di manodopera clandestina, sequestrando 20mila metri quadri di tessuto Louis Vuitton contraffatto […] Quei casi sospetti nel distretto di Prato l’allarme-
Ha destato costernazione e dolore anche a Prato la notizia della morte della ragazzina cinese a Macerata. Anche se nella più grande Chinatown d’Italia – tra regolari e non sono almeno 25mila i cinesi su una popolazione di 190.000 abitanti – morti del genere non si sono verificate, è ben presente il fenomeno dei laboratori clandestini. E anche per i pratesi non fa certo notizia il minore che vive negli stanzoni tra tagliaecuci, posti letto improvvisati e non pochi rischi per la salute. Per buona parte della popolazione orientale che vive nella città toscana, come nei vicini comuni della cintura fiorentina e pistoiese, è ancora la norma. Una situazione che fa il paio con lo sfruttamento dei lavoratori da parte di connazionali – largamente diffuso – e con una larga inosservanza delle leggi, da quelle igieniche a quelle fiscali. Una situazione di grande precarietà che, come spesso capita, viene pagata dai più indifesi. Che i minori siano l’elemento debole della comunità cinese lo dice anche la strana catena di incidenti domestici verificatisi in città: cinque casi in otto mesi. Si è parlato perfino di ’ sindrome del bambino scosso’: minori che presentano danni cerebrali senza segni evidenti all’esterno. Uno di questi è morto dopo due mesi. La causa? Probabilmente il fenomeno diffuso di un baby- sitteraggio di fortuna, mentre i genitori lavorano. E anche se non sono stati ufficialmente catalogate morti dovute al lavoro clandestino, negli ospedali non mancano strane ferite, fratture che hanno interessato giovani cinesi che vengono spiegate in maniera totalmente innocente ma che non possono fare pensare ad un qualche incidente sul lavoro.
Una situazione molto difficile, tanto che lo stesso vescovo Gastone Simoni ha alzato la sua voce per dire «basta con la schiavitù e lo sfruttamento sotto casa » . Non mancano, però, alcuni timidi segni di miglioramento. Il lavoro minorile tra gli orientali non sembra essere più diffuso come un tempo anche se il quadro resta sempre preoccupante. Anni fa maestre e professori si lamentavano che molti studenti cinesi si addormentassero sui banchi, essendo stati costretti a lavorare fino a sera tarda. Dati precisi, ovviamente, non c’erano e non ce ne sono. Spiega Idalia Venco, direttrice della Caritas diocesana: « Le cose per fortuna stanno piano piano cambiando. L’evasione scolastica è diminuita e il fenomeno del lavoro minorile sembra essere diminuito rispetto al passato » . Proprio sull’obbligo scolastico si sta impegnando il neo- assessore all’immigrazione Giorgio Silli: « Stiamo sovrapponendo i dati del Provveditorato con quelli dell’anagrafe per avere un quadro il più possibile attendibile del fenomeno». Anche Silli, membro di una Giunta di centrodestra che ha vinto le elezioni anche per il disagio legato al massiccio fenomeno cinese, vede segnali incoraggianti. « Il lavoro minorile sembra essere in via di diminuzione tra gli orientali anche se noi non mancheremo di tenere sempre gli occhi aperti».
Diego Motta e Gianni Rossi, l’Avvenire 4/12/2009
la comunità straniera più misteriosa e impenetrabile. Praticamente inaccessibile. A una prima stima, i cinesi in Italia risultano essere circa 150 mila e già così costituiscono la comunità più numerosa d’Europa. Ma chissà quanti sono veramente, i cinesi d’Italia. La maggior parte di loro infatti, vive nascosta. I cinesi sono invisibili. Così li raccontava qualche tempo fa al Messaggero il capitano della Guardia di Finanza Edoardo Marzocchi, comandante della Compagnia di Prato: «I cinesi vivono in maniera occulta. Lavorano di notte. Avete mai provato a passare per Prato, nella zona industriale, di mattina? Non c’è ombra di un cinese. Si chiudono in capannoni che vengono oscurati da dentro, in modo da non far vedere la luce, e vanno avanti fino alla mattina, perché così la merce è esportabile alle prime ore del giorno. Impossibile dire esattamente quanto guadagnino, non esiste alcun tipo di documentazione contabile». A Prato, dove c’è la comunità con gli occhi a mandorla più grande d’Italia, solo il 10 per cento dei cinesi svolge un’attività lavorativa siglata da regolare contratto. Nella periferia romana sono stati individuati oltre 400 laboratori-bunker (adibiti a sartorie, nella maggior parte dei casi) dove i cinesi lavorano fino a diciassette ore al giorno per uno stipendio mensile di appena 400 euro. La vita di questi ”schiavi-fantasma” è stata così descritta da Antonio Di Maggio, comandante dell’VIII Gruppo della Polizia municipale di Roma: «Spesso dormono all’interno delle fabbriche o degli scantinati; in altri casi vengono ammassati a decine in poche stanze di fabbricati di quartieri periferici. E non li vedrete mai: la loro vita è dormire e lavorare».
Carlo Mercuri, Il Messaggero 03/12/09
Mancano soltanto i drappi rossi come quelli che i cinesi di Prato appendono fuori dal capannone appena conquistato, perché tutti sappiano che i lavoratori italiani sono andati via e adesso ci sono loro.
Sergio Rizzo, Corriere della Sera 19/10/2009
Le province a più alta concentrazione [di immigrati] sono Mantova, Prato e Piacenza (15%).
Alberto Fiorillo, venerdì di Repubblica 16/10/09
Il "dimagrimento" è iniziato nel 2001: in pochi anni Prato ha perso oltre 2mila aziende, 10mila posti di lavoro e 2 miliardi di fatturato ( di cui uno sui mercati internazionali). Numeri parzialmente compensati dalla contemporanea crescita del distretto parallelo (e in buona parte fuori regola) cinese, concentrato sulla maglieria e il "pronto moda" (si veda l’altro servizio in pagina).
Cesare Peruzzi, Il Sole-24 Ore 5/8/2009;
Cenni nella sua azienda non conosce crisi, dice che i suoi dipendenti a Prato aumentano, che lui non occupa cinesi. Che ha preso voti sia nei quartieri di via Pistoiese (Chinatown), sia in quelli ricchi come la Pietà, dove lui abita. [...]» (Andrea Garibaldi, ”Corriere della Sera” 24/6/2009).
I dati relativi al 2007-2008 forniscono altre due sorprese. La prima riguarda il comune capoluogo con l’incidenza più elevata di studenti stranieri: Milano viene scalzata da Prato, con il 15,2% di alunni immigrati. La seconda, invece, riguarda la nazionalità che detiene il primato nelle scuole: gli albanesi lasciano il posto ai rumeni, che sono il 16,2% degli iscritti totali.
Francesca Milano, ”Il Sole-24 Ore” 8/6/2009;
Ce lo dice un´indagine dell´Unioncamere (l´associazione delle Camere di commercio) fornendo un dettagliato ritratto degli «stranieri» che intraprendono.
Sono tanti, sparsi su tutto il territorio, ma con una spiccata preferenza per il Centro e il Nord: soprattutto Toscana (provincia di Prato in testa) e Lombardia. Le attività scelte per mettersi in proprio vanno dal commercio - primo in classifica con oltre 104 mila negozi aperti (il 10 per cento sul totale) - all´edilizia e alle attività manifatturiere (in particolare tessili e calzature). Veri e propri settori di punta, visto che le tre voci, messe assieme, coprono l´82,3 per cento di tutte le aziende individuali gestite da immigrati.
Luisa Grion, la Repubblica 12/5/2009
Mentre Barack Obama parlava alla nazione americana, in Italia sfilavano molte migliaia di lavoratori in ansia per la crisi economica e a Prato - uno dei punti di sofferenza per l’industria del tessile - veniva portato in giro per la città uno striscione lungo addirittura un chilometro.
Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 1/3/2009
Vi sono 12 province nelle quali, in proporzione, sono addirittura più gli stranieri degli italiani a fare impresa. Succede a Cagliari, Catanzaro, Prato, Agrigento, Massa Carrara, Varese, La Spezia, Pistoia, Milano, Cremona, Lodi e Torino.
Paola Ciccioli, Panorama, 22 gennaio 2009
Imprenditori di loro stessi: sono svariate le ditte individuali con titolare straniero. Molte sono legate al commercio: macellerie, frutterie, negozi al dettaglio. Ma sono tante anche le imprese vere e proprie. E proprio nel settore del commercio è esplosa la ditta «Giupel » di Xu Qiu Lin, un imprenditore cinese di appena 40 anni, ancora l’unica, questa volta sì mosca bianca, associata alla nostra Confindustria.
Abbigliamento strettamente made in Italy, 25 dipendenti e oltre 15 milioni di fatturato l’anno: la «Giupel» è rigorosamente bi-etnica (metà cinese e metà italiana) anche se il vezzo del suo proprietario Xu Qiu Lin è di farsi chiamare Giulini, lì a Prato, la Chinatown del nostro Paese, la provincia italiana con la più alta concentrazione di imprenditori stranieri, quasi uno su tre.
???, Corriere della Sera 28/11/2008
Ai primi di novembre, la polizia di Prato ha sequestrato in un negozio cinese 300 giocattoli: bambole senza marchio Ce e altri 500 articoli privi di documentazione sulla conformità elettromagnetica, senza istruzioni in italiano né indicazioni sull’uso delle batterie.
Linda Grilli, Panorama, 27/11/2008
Prato, nella zona industriale dell’Osmannoro. […] In alcune province come Brescia, Reggio Emilia, Prato, Rovigo, Venezia, Firenze, Ascoli, le attività cinesi sono al primo posto […] A Prato, l’intera città ha un’impronta della cultura cinese. Un vero e proprio distretto parallelo prospera nella zona industriale, che i frequenti blitz delle forze dell’ordine stanno spingendo verso le Marche e l’Abruzzo. Merci, vestiti, scarpe, pelletteria che prende la strada dei negozi della Chinatown milanese, spesso di domenica, giornata libera, quando il negozio è chiuso. Partono anche le torte nuziali confezionate a Prato e spedite su furgoncini per suggellare con feste di matrimonio-lampo nuovi sodalizi imprenditoriali tra famiglie. Nuove guanxi, le relazioni amicali, quelle che contano davvero nel tempo.
Il Sole 24 ore 21 febbraio 2008, Rita Fatiguso
«Schiavi del lusso» – l’inchiesta di Raitre portata a termine da Sabrina Giannini nonostante veti e sgambetti degli uffici stampa della case di moda – ha filmato le facce terrorizzate dei clandestini cinesi che lavorano di notte nei capannoni oscurati di Prato e i mutismi degli operai italiani reclutati in Campania che negano anche l’evidenza davanti alle Fiamme Gialle:
D.Mart., Corriere della Sera 2/12/2007
«Domenico Procacci della Fandango mi ha offerto un ruolo nel film tratto da L’età dell’oro di Nesi, un romanzo ambientato nel mondo dei tessuti riciclati di Prato messi in crisi dall’arrivo dei cinesi.
Simonetta Robiony, La Stampa 22/7/2007
Milano è uno dei tre distretti italiani del falso, con Prato e Napoli.
Gianni Santucci, Corriere della Sera 14/4/2007
Non capiscono perché a Prato, dopo aver lamentato la concorrenza sleale delle importazioni made in China, oggi gli stessi italiani sono insofferenti perché i cinesi vengono a produrre in casa loro. Nelle Pechino d´Italia li vedo impegnati a riprodurre le virtù e i vizi della Cina di oggi: la laboriosità e lo spirito di clan, la flessibilità e lo sfruttamento spietato della loro manodopera, il dinamismo e l´omertà. Hanno valori forti come la famiglia e il rispetto degli anziani, rimasero sconvolti tre estati fa quando l´ondata di caldo in Europa fece tante vittime tra gli anziani abbandonati in città, mentre i figli erano partiti in vacanza senza di loro, un orrore che per loro è la misura del nostro degrado morale. Si sono formati sotto un regime autoritario che li ha abituati a un doppio linguaggio: la verità ufficiale delle leggi uguali per tutti, e la realtà parallela di un paese governato da ragnatele di lealtà di gruppo, di piccole e grandi corruzioni. Per questo colgono in fretta le possibili alleanze d´interessi con la nostra economia sommersa e anche criminale. L´esperienza del regime autoritario non li aiuta a trovare la strada di un dialogo normale con le istituzioni, di cui diffidano istintivamente.
Pietro Colaprico, la Repubblica 13/4/2007
In Italia il 4% della popolazione è cinese. A Prato, in Toscana, il 20%.
Gennaro De Stefano e Antonio Murzio, Gente, 25/5/2006
Antonella Ceccagno, sinologa, docente all’Università di Bologna e coordinatrice del Centro ricerche e servizi per l’immigrazione di Prato […] Mario, cinese di 36 anni, ristoratore e importatore di Prato che si è dato il più classico dei nomi italiani, accetta di raccontare la faccia italiana dell’importazione cinese. "L’acquisto all’ingrosso va anticipato di sei mesi rispetto alla vendita. Per esempio, 2 milioni di capi invernali arrivano a luglio in Italia, i clienti che acquistano sono al 90 per cento cinesi stessi, anche da Francia, Germania e così via, e l’affollamento di importatori sta abbassando i prezzi. A luglio, una maglia viene rivenduta a 7 euro. Ma da fine settembre si scende a 6, il giorno dopo a 5 euro, così finisce che l’ingrosso pagato in Cina dai 2,5 ai 5 euro al pezzo, viene venduto qui con un bassissimo, o inesistente, margine di guadagno. Ma capita addirittura di vendere a 50 centesimi capi pagati 2 o 3 euro all’acquisto in Cina. Basta sbagliare un colore, e allora svendi".
Il Venerdì 09/12/2005, pag.52 Luca Lancise
La Stampa, giovedì 29 maggio
A Prato, sobborgo di Pechino, le bollette del gas saranno scritte in cinese. Pensavamo lo fossero già, e non solo a Prato. Invece i segni in cui sono redatte appartengono a un ceppo linguistico del quale nessun glottologo ha ancora trovato la chiave. Qualche animo nobile ha ritenuto che ciò che risultava incomprensibile a noi, a maggior ragione dovesse esserlo ai ventimila tessitori asiatici che lavorano nella cittadina toscana. Da qui la traduzione in ideogrammi, che è solo l’ultimo «aiutino» a quella comunità isolazionista, rifornita di interpreti all’anagrafe, all’Asl e in questura, nonché di un tg locale. Nessuno oserebbe criticare queste iniziative, ancorché mai rallegrate dal sano principio della reciprocità. Da sempre gli italiani in trasferta sono costretti ad aggiustarsi anche nel linguaggio, si tratti di immigrati o di turisti. E mentre un francese all’estero si abbassa di rado a pronunciare una parola straniera, noi vecchi arlecchini pure a casa nostra ci sforziamo di parlare in tedesco coi tedeschi, in francese coi francesi e in simil-inglese con tutti gli altri. è un tratto della natura italica, perennemente in bilico fra ospitalità e servilismo. Viva la bolletta bilingue di Prato, a patto che stimoli l’integrazione vera. Che si realizzerà quando i cinesi d’Italia smetteranno di parlare cinese e inizieranno a esprimersi, e quindi a pensare, nella lingua del paese che li ha adottati. Altrimenti il loro arrivo non sarà stato un innesto, ma un’invasione.
Massimo Gramellini, La Stampa dal 24 al 30/05/2003