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 2009  marzo 17 Martedì calendario

Renata Polverini «Sa che cosa hanno sottovalutato in tanti? La mia reazione. Me ne hanno fatte troppe in questa campagna elettorale, dal caos delle liste agli intoppi, fino ai boicottaggi, ma io non mi sono mai persa d’animo: sapevo che per il mio listino si trattava solo di un cavillo formale, che sarebbe stato riammesso subito

Renata Polverini «Sa che cosa hanno sottovalutato in tanti? La mia reazione. Me ne hanno fatte troppe in questa campagna elettorale, dal caos delle liste agli intoppi, fino ai boicottaggi, ma io non mi sono mai persa d’animo: sapevo che per il mio listino si trattava solo di un cavillo formale, che sarebbe stato riammesso subito. E il resto, poi… Mentre tutti si deprimevano, s’afflosciavano, io andavo avanti come un treno. Mi guardavano e dicevano: ”Come sei equilibrata, tu”. Ma mica vuol dire ”moscia”, anzi…». Renata Polverini ”la guerriera” prende l’elmetto e torna al fronte. La sua battaglia elettorale per la poltrona di presidente della Regione Lazio continua in mezzo alle cassiere del supermercato, tra le operaie, negli ospedali, nei centri anziani, nei circoli, nelle discoteche e sulle piazze. Macina chilometri, mangia biscotti per fare il pieno di energia, ingoia pillole per migliorare la voce e dorme 5 ore per notte. Su e giù per quella regione che per lei è ”la più importante che c’è”, in jeans e camperos o in scarpe da ginnastica. Tira dritto e si commuove, quando due bambine salgono sul palco con la maglietta con su scritto ”Con te”. «Ma allora sei vera, non di cartone», esclama un altro, che l’ha vista sui manifesti con la camicetta bianca e la frangetta sbarazzina. Ha rischiato grosso con il caos delle liste, mentre il Pdl è andato nel panico. Di chi è la colpa? «Non è il momento di cercare i colpevoli, ma di fare il possibile affinché gli elettori sappiano chi votare e per quale motivo». Non si è mai pentita della candidatura? «No. Il mio sogno è conquistare la Regione Lazio per cambiarla. La vita ti mette sempre di fronte a degli ostacoli da superare. Posso farcela». Scusi, ma questa sicurezza da dove le viene? Ha un segreto? «Merito di mia madre e di Bruno. Vede? Questo è Bruno, poco prima di morire. Lo porto sempre con me (mostra una foto, in cui lei appare accanto a un signore anziano, ndr). Quando attraverso un periodo difficile, chiedo a papà e a Bruno di aiutarmi da lassù». Bruno è stato il secondo marito di sua madre, vero? Suo padre è morto quando lei aveva 2 anni. «Sì. Mia madre aveva 29 anni e si è rimboccata le maniche per vivere. Ha lavorato alla Sma e poi al sindacato. Abitavamo alla Magliana. stata costretta a mettermi in collegio a Forcene per nove anni». Che ricordo ha di suo padre? «Vago, ma ho i racconti di mia madre. Si conobbero per corrispondenza e lei ci rimase male quando lo incontrò, perché era più basso di statura. Aveva però gli occhi che ridono, come i miei». Parliamo di Bruno. «Quando mamma lo ha sposato avevo 24 anni: con lui la nostra vita è cambiata. Non avevo mai avuto un padre. Sono stati 18 anni insieme, poi si è ammalato… Bruno era colto e vivace. Diceva che una donna, se vuole, può raggiungere gli obiettivi di un uomo». E quali erano i suoi obiettivi da ragazzina? «Un lavoro fisso e una famiglia vera. Era il massimo cui potessi aspirare». Figlia unica di una mamma sola. Ha sofferto in collegio dalle suore? «Avrei preferito stare con mamma. A casa dormivamo nello stesso letto. Mi ha insegnato che tutto è possibile, anche fare lavori di uomini come l’elettricista. Ma ho un ottimo ricordo del collegio. Eravamo ottanta bambine. Io per loro ero una sorta di portavoce, di coordinatrice». Faceva la sindacalista anche alle elementari? «In un certo senso…». Ha rinunciato all’Isef e si è messa a lavorare nell’Ugl. Prima donna segretario dal 2006, è sposata da vent’anni con Massimo, un informatico, con cui vive in una casa azzurra, verde e lilla sull’Aventino. Le sue cene trasversali con Isabella Rauti, Lucia Annunziata, Lilli Gruber e Annapaola Concia sono proverbiali… «Mi sono gudagnata duramente tutto quello che ho. Amo ricevere gli amici, al di là delle tessere politiche». Cucina lei? «Sì. Cucina romana tradizionale. Ma il mio forte sono i dolci, come la meringa ripiena di panna e fragole». Parliamo di moda. Indossa spesso i pantaloni. «Solo per praticità. Mi piacciono le gonne e i colori brillanti. Quando dicono che sono una donna-donna, mi fa piacere. La mia fissazione? Coordinare sempre i colori. Non riesco a uscire se ho la borsa sbagliata. Devo cambiarla». Vuole cambiare anche la Regione Lazio. Come? «Lavoro, un sistema sanitario migliore e più sostegno alle famiglie. Mi sono candidata per questo. Non potevo stare a guardare». Emma Bonino era sua amica. Ora i toni sono molto cambiati, però. «Siamo in campagna elettorale». Non ha figli? «Li avrei voluti, ma non sono venuti». Ci provi ancora. «Ho quasi 48 anni…» La musica e il cinema. «Conosco a memoria tutte le canzoni dei cantautori italiani, da Minghi a Battisti, da Guccini a De Gregori, da Rino Gaetano a Renato Zero, del quale non perdevo un concerto». Sorcina pure lei. E Carlo Verdone? «Ho saltato la cena per vedere il suo ultimo film». Se venisse eletta presidente si abituerà al potere? «Non voglio abituarmi. Voglio rimanere così. Cambierà solo il mio luogo di lavoro».