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 2010  marzo 12 Venerdì calendario

PIERA GIURA TRA LE SCOSSE IL CILE PROVA A RIALZARSI CON IL MILIARDARIO DI DESTRA - SANTIAGO - A

poco più di tre anni dalla morte del dittatore Pinochet sarebbe stato difficile immaginare un ritorno delle destre cilene al potere meno traumatico di quello che si è svolto ieri con l´insediamento alla Moneda di Sebastian Piñera. La tragedia del terremoto (ieri c´è stata un´altra forte scossa proprio durante la cerimonia, evacuato il parlamento, danni significativi a Rancagua), l´abbraccio e le lacrime in tv in nome delle vittime fra Michelle Bachelet e il neo presidente, l´ondata di solidarietà per i due milioni di senzatetto, hanno reso molto poco conflittuale un passaggio storico che riporta alla guida del paese, grazie al voto democratico, alcuni uomini (il più in vista è il ministro dell´educazione Lavin), ma soprattutto i due partiti che appoggiarono la dittatura militare (1973-1989).
Nonostante gli errori e le incertezze delle prime ore post-terremoto il Cile oggi sembra davvero una nazione orfana di Michelle Bachelet che lascia l´incarico come il presidente più amato della storia cilena, con un incredibile 84% di consenso popolare, e già si candida per tornare tra quattro anni. Per ora andrà a presiedere il Museo della memoria, quello delle vittime della dittatura, ma sarà lei, senza avversari, il nuovo e indiscusso leader dell´opposizione.
La chiave della politica cilena nei prossimi mesi è tutta qui: Pinera sarà costretto dal terremoto a guidare un governo della ricostruzione piuttosto che, come aveva promesso, un governo del rilancio economico, di un lungo boom che avrebbe potuto garantire ad altri manager politici della destra, sulla sua scia, di conservare il potere per una stagione abbastanza lunga oltre gli ostacoli della Costituzione che fissa in quattro anni, senza possibilità di rielezione immediata, l´avventura del presidente. Così fra terremoto e popolarità della Bachelet, la missione che i partiti della destra, Rn e Udi, hanno affidato a Piñera, sopportandone la leadership moderata, rischia di fallire.
Lui, per non essere indicato dalla stampa internazionale come «il Berlusconi cileno» (associazione che non gradisce), ha consegnato la gestione della sua fortuna - due miliardi di euro, numero 407 del mondo nel ranking di Forbes - a un fondo d´investimenti; s´è dimesso dalla squadra di calcio (il Colo colo); ha lasciato la tv (Chilevision); e ha venduto quasi tutte le azioni della compagnia aerea Lan. L´altro ieri, per dare un tocco populista all´insediamento ha perfino giocato a pallone con Evo Morales, il presidente boliviano. E, infine, per mantenere la promessa che governerà per tutti ha restituito anche la tessera di Renovacion Nacional, il partito che ha promosso la sua candidatura.
Nonostante alcune posizioni liberal (a favore dei diritti civili degli omosessuali e per la contestatissima in Cile "pillola del giorno dopo"), ombre sui suoi metodi politici comunque restano. Il caso più noto risale al 1992 quando dovette rinunciare per qualche tempo alla carriera politica dopo che venne diffusa una intercettazione telefonica nella quale dava istruzioni ad un giornalista amico su come distruggere la reputazione di una sua rivale. Scandalo passato alla storia come il "Piñeragate". In campagna elettorale ha promesso «un milione di nuovi posti di lavoro» ed un paese con una crescita media del Pil oltre il 6percento. Obiettivi che dovrà rivedere causa terremoto anche se la situazione delle casse dello Stato che riceve in eredità dalla Bachelet è ottima. La buona gestione della crisi finanziaria internazionale e l´aumento degli introiti dovuti all´esportazione del rame (principale risorsa del Cile) consentono a Piñera di avere molti soldi da spendere. Abbastanza anche per quei 20-25 miliardi di euro necessari per la ricostruzione delle zone devastate dal terremoto.