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 2010  marzo 10 Mercoledì calendario

(2 articoli) I SACROSANTI SCHIAFFONI DEL FRATELLO DEL PAPA- Vabbè, Georg, il fratello del Papa, non sapeva delle violenze sessuali ma come la mettiamo con i ceffoni che volavano a raffica tra le voci bianche di Ratisbona? Era forse all’oscuro degli abusi ma delle punizioni corporali usate per mantenere la disciplina tra quei mocciosi, bravi a cantare ma ribelli all’obbedienza, monsignor Ratzinger sapeva, eccome

(2 articoli) I SACROSANTI SCHIAFFONI DEL FRATELLO DEL PAPA- Vabbè, Georg, il fratello del Papa, non sapeva delle violenze sessuali ma come la mettiamo con i ceffoni che volavano a raffica tra le voci bianche di Ratisbona? Era forse all’oscuro degli abusi ma delle punizioni corporali usate per mantenere la disciplina tra quei mocciosi, bravi a cantare ma ribelli all’obbedienza, monsignor Ratzinger sapeva, eccome. Lo confessa nell’intervista al settimane Passauer Neue. Pare già di sentirli i laiconi moralizzatori e gli accusatori novatican, quelli che sulla scia del doloroso scandalo dei preti pedofili, caricano a testa bassa la Chiesa cattolica, mirano al cuore cercando di coinvolgere lo stesso Pontefice per interposto fratello. Crollato il castello di sabbia delle calunnie pedofile contro Georg Ratzinger, ora si metteranno a cianciare di inaccettabili intimidazioni, schiaffoni e percosse corporali, contro i più scalmanate della prestigiosa corale di Domspatzen di Ragensburg. Ma in che consistevano quelle nuove ”violenze”? lo stesso monsignor Georg a raccontarle nell’intervista al settimanale: «All’epoca era usuale», precisa, «impartire qualche schiaffetto ai ragazzi per mantenere la disciplina. All’inizio l’ho fatto anch’io, ma ho sempre avuto problemi di coscienza per questo». «Sapevo», continua monsignor Ratzinger, «che l’ex direttore dell’internato dava dei ceffoni molto forti, spesso per motivi futili», aggiungendo tuttavia che al tempo era una pratica comune nelle scuole. Oggi non più perché «la gente è divenuta più sensibile». Monsignor Georg precisa tuttavia che se avesse saputo che qualcuno usava una violenza eccessiva sarebbe sicuramente intervenuto, e tuttavia chiede umilmente «scusa alle vittime di allora». Ecco: così stanno le cose, almeno quelle di cui è a conoscenza il fratello del Papa, ben lontane, come si può constatare, da quell’«ingegnoso sistema di punizioni sadiche connesse al piacere sessuale», denunciato dai giornali all’indomani delle rivelazioni. Certo, per qualche nostro pseudo educatore del laissez faire e ideologo del libero scatenamento istintuale, il ricorso a disciplina e ordine potrebbe scatenare una crisi di orticaria cerebro-spinale. Ma tant’è: ai maestri del pensiero debole e freakettone ogni panzana è buona per dipingere corali, seminari, oratori e scuole cattoliche come infernali lager diretti da sadici aguzzini. Così, lo schiaffo e il castigo si trasformano in pratica sadomaso. Chissà, forse soffrono di una sorta di shock di ritorno, dovuto al ricordo di quando maestri e maestre impugnavano la bacchetta per aggiustare memorie troppe corte e animi troppi inquieti. O stimolavano l’apprendimento con ”buffetti” fuori ordinanza e oltre misura, manrovesci ben assestati sulla guancia del tontolone pizzicato a trafficare sotto il banco. Nessun educatore o pedagogista riteneva allora questi metodi simili alle torture dei colonnelli argentini, né i genitori scrivevano indignati al capo dello Stato o invocavano l’intervento dei caschi blu dell’Onu a difesa dei loro pupilli perseguitati dalla ferocia degli insegnanti. Ma oggi, come dice monsignor Georg, «la sensibilità è cambiata». E si vede, senza dubbio. Ricordate quel professore di liceo che si fece filmare li mentre fumacchiava in compagnia dei suoi discepoli uno spinello? Oppure, l’insegnante in tacchi a spillo che permetteva ai suoi esuberanti allievi di allungare le innocenti manine sul suo fondoschiena? L’edificante scenetta finì, come d’obbligo, su Youtube. O ancora, quel docente picchiato da una mandria di mamme infuriate perché aveva osato sequestrare alle loro creature i telefonini? Beh, se questa è ”la sensibilità” cambiata dei nostri tempi, di genitori e ragazzi delle nostre scuole, forse c’è motivo per rimpiangere (ma solo un pochino) i metodi ruvidi e i ceffoni della corale di Ratisbona. Ma solo quelli, però. Chiedendo in anticipo, come ha fatto padre Georg, scusa se qualche sberla arriva destinazione con troppa forza. Luigi Santambrogio, Libero 10/3/2010 MA SONO IMPERDONABILI GLI OCCHI CHIUSI SUL RESTO- Non stiamo parlando di questo. Un tempo lo scolaro indisciplinato si beccava uno scappellotto dal professore e poi uno scappellotto anche a casa: oggi invece se vola un buffetto arriva il Tg1, i giornali, venti associazioni, la scuola chiuderebbe e il professore girerebbe con la scorta. Ma non stiamo parlando di questo, la disputa non verte sul consueto confronto tra educatori reazionari e pedagoghi progressisti. Non ci stiamo stupendo nello scoprire che nella Germania del dopoguerra la Curia tedesca toh guarda, era ancora un pizzico conservatrice e dispensava qualche bacchettata. Si parla d’altro. Nella scuola elementare legata al celebre coro di Etterzhause, così come nel liceo e nel convitto di Ratisbona, le punizioni corporali erano quotidiane. Si picchiava sulle mani con un bastone mi rifaccio a interviste e documenti letti in questi giorni e spesso i bambini di nove o dieci anni venivano colpiti sul sedere nudo. Si parla di pedofilia conclamata e di abusi sessuali per i quali il presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, ha dovuto scusarsi pubblicamente: dopodiché, di che cosa fosse precisamente al corrente Georg Ratzinger, a me importa poco. Il punto non è che gli ecclesiastici sono esseri umani come gli altri e che le mele marce capitano anche lì: il punto, sottaciuto e terribile, è che la percentuale di preti pedofili è superiore a qualsiasi altra categoria. Il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, nel giugno 2009 ha ammesso che i casi di pedofilia acclarata tra i sacerdoti sfiora mediamente il 5 per cento; Silvano Tomasi, arcivescovo osservatore della Santa Sede all’Onu, è giunto a conclusioni analoghe esattamente come uno studio statunitense del 2004, organizzato dalla conferenza episcopale. Sembran pochi? Ebbene, le accuse di pedofilia normalmente riguardano una persona su duemila, cioè lo 0,005 del totale. Non il 5 per cento. Ecco perché non stiamo parlando di educazione più o meno rigida ma del corollario più classico e «corporale» della pedofilia e della pederastia. Parliamo di casi documentati a migliaia in tutto il mondo a fronte della censura a oggi più formidabile tra quelle disponibili su piazza. Soprattutto nella nazione, questa, che nel maggio 2007 visse uno psicodramma nazionale solo perché Annozero tentò di mandare in onda un documentario della Bbc sull’argomento: e pazienza se lo stesso Benedetto XVI, l’anno precedente, sul tema aveva detto parole durissime. Del resto Monsignor Giuseppe Betori, segretario della Cei, nel maggio 2002 aveva liquidato tutto così: «I preti pedofili sono un fatto assolutamente marginale ed estremamente limitato». E, ancora ieri, il portavoce della Santa Fede Federico Lombardi minimizzava: «La pedofilia non è solo nella Chiesa». No, ma lo è soprattutto. Ecco perché il non voler ammettere la verità sta portando la Chiesa a una crisi d’immagine spaventosa. Filippo Facci, Libero 10/3/2010