Francesca Barbieri Maria Rosa Gheido, Il Sole-24 Ore 1/3/2010;, 1 marzo 2010
PARI OPPORTUNIT, LE VARIE PRATICHE PER EVITARE SANZIONI
Una carta per le pari opportunità. Per suggellare in dieci punti l’impegno delle aziende nella lotta alla discriminazione sul lavoro.
Il documento - promosso da Fondazione Sodalitas, insieme all’Ufficionazionale consigliera di parità e a varie associazioni di imprenditori - individua una serie di obiettivi che vanno dall’attuazione di politiche aziendali che coinvolgano tutti i livelli dell’organizzazione alla promozione di percorsi di carriera per superare gli stereotipi di genere, dal monitoraggio periodico delle buone pratiche di pari opportunità alla comunicazione al personale delle iniziative intraprese.
«La carta - spiega Alessandra Servidori, consigliera nazionale di parità - fornisce un quadro di riferimento per guidare le aziende nella sua applicazione, contenendo non prescrizioni dettagliate ma pochi impegni programmatici basati su principi ed elementi chiave di efficaci progetti di cambiamento, sperimentati con successo dalle imprese impegnate da più tempo in materia».
La sua attuazione nel contesto aziendale è lasciata alle imprese aderenti, in base alle situazioni specifiche ed eventuali programmi già realizzati. Hanno aderito finora una cinquantina di società per un totale di 400mila dipendenti. «Serve un’inversione di marcia- sottolinea Servidori- per rendere effettiva la politica antidiscriminatoria prevista dal decreto che recepisce la direttiva 54: solo con la conoscenza aggiornata delle norme si innesca il processo di sviluppo delle politiche attive per l’occupazione femminile». Utile anche per evitare sanzioni visto che il decreto entrato in vigore il 20 febbraio scorso stabilisce che chi non rispetta le regole poste a garanzia delle pari opportunità fra uomini e donne nell’accesso al lavoro e nelle condizioni di svolgimento dello stesso, rischia sanzioni molto severe, che possono arrivare fino all’arresto di sei mesi. Tra le aziende che hanno aderito alla carta per le pari opportunità, Pirelli ha aumentato del 20% il numero delle donne impegnate in percorsi di mobilitàinternazionale e raddoppiato la presenza femminile tra i partecipanti ai corsi manageriali. Bracco, invece, ha istituzionalizzato un ramo aziendale dedicato alla responsabilità sociale, con il 40% di donne nei ruoli dirigenziali. Tra le altre buone prassi, raccolte sul sito della consigliera nazionale di parità, si segnalano quelle promosse sul fronte della flessibilità di orario: Du Pont Italia prevede la possibilità di entrare in azienda tra le 7,30 e le 9,30; Avon riconosce il part-time e la flessibilità anche per i manager; Ely Lilli ha introdotto il part-time di sei mesi al rientro del periodo di congedo sia per madri sia per padri e cinque giorni di permesso retribuito per i neopapà entro un mese dalla nascita del figlio. Si diffondono anche le "banche delle ore": i dipendenti possono convertire lo straordinario in permessi retribuiti, da utilizzare di solito senza limiti di tempo. In Telecom, ad esempio, ogni mamma riceve uno speciale conto corrente e un libretto assegni-tempo dove sono messe a disposizione 150 ore.
C’è chi punta poi sulle misure di sostegno al rientro dalla maternità/ paternità: Boheringer Ingelheim realizza percorsi di formazione, al pari di Abbot, mentre Auchan ha realizzato un libretto informativo «I progetti parentali: istruzioni per l’uso». Ci sono poi aziende che hanno realizzato nidi aziendali e altre che hanno siglato convenzioni con servizi esterni per riconoscere ai propri dipendenti benefit che vanno dalle colonie estive per i figli all’assistenza per anziani non autosufficienti, dalla spesa online al pronto intervento auto.
«Il monitoraggio sistematico delle buone prassi contrattuali- ribadisce Alessandra Servidori, che il 4 marzo illustrerà questi temia nome del governo italiano alla 54esima conferenza sulla condizione femminile di New York consente di promuovere l’occupazione femminile e diffondere la conoscenza degli strumenti, con effetti positivi sul tessuto produttivo ». L’obiettivo è prevenire le discriminazioni, in tutte le possibili forme previste dalla direttiva 54. In primis quelle dirette, come il trattamento meno favorevole che una lavoratrice (o un lavoratore) subisca in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive o per l’esercizio dei diritti che ne derivano.
Più subdole e difficili da identificare sono le discriminazioni indirette, provocate da disposizioni, prassi, comportamenti in apparenza neutri chemettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso.
Talvolta, infatti, questo tipo di discriminazione può riguardare requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa. In questo caso occorre verificare che l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
Sono indubbiamente discriminanti le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, e ancor più le molestie sessuali, espresse in forma fisica, verbale o non verbale dirette a violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Infine, l’assunzione, la promozione, l’eventuale licenziamento, non devono in alcun caso essere riconducibili allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive.
Peraltro, qualora vengano poste in essere discriminazioni in violazione di tali divieti, possono essere attivate azioni conciliative per la loro rimozione, così come il lavoratore o, per sua delega, le organizzazioni sindacalio la stessa consigliera di parità provinciale o regionale, possono chiedere al giudice del lavoro di ordinare all’autore del comportamento denunciato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.