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 2010  febbraio 25 Giovedì calendario

IL FATTO QUOTIDIANO 25 FEBBRAIO 2010

L’olio che uccide
Gli idrocarburi versati nel Lambro raggiungono il Po.
Disastro targato Lombarda Petroli

di Michele de Gennaro

Tutti gli sforzi di Vigili del Fuoco, Protezione Civile e Genio Pontieri sono stati vani. L’onda di idrocarburi sversati nel fiume Lambro dai depositi della Lombarda Petroli ha percorso settanta chilometri e si è immessa nel Po nonostante le pompe idrauliche e le barriere galleggianti posizionate in tutta fretta. Tra i più gravi disastri ambientali avvenuti in Lombardia: ieri pomeriggio il presidente della Regione Roberto Formigoni ha chiesto lo stato di calamità naturale. Emergenza che molto probabilmente sarà estesa a livello nazionale visto che le chiazze inquinanti minacciano ora il delta del Po e le acque dell’Adriatico. ”Sosterremo incondizionatamente la richiesta di stato di emergenza - ha dichiarato il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo – e ci costituiremo parte civile contro i responsabili di questo attentato”.
Nella notte tra lunedì e martedì dalle cisterne dell’ex raffineria di Villasanta, in provincia di Monza, si sono riversate nel fiume oltre 6.000 tonnellate di oli, tra diesel e idrocarburi. L’impatto sull’ambiente è stato subito devastante: decine di animali acquatici ripescati senza vita, pesci, anatre selvatiche, aironi, germani reali. Mentre l’aria di tutta la zona interessata è pervasa da un acre odore di nafta, che aggredisce la gola e provoca forti emicranie.
Preoccupa anche la situazione della potabilità dell’acqua. Se nei comuni della Brianza le falde acquifere sono a una profondità tale da non rischiare infiltrazioni, la situazione cambia man mano che ci si sposta a sud, dove nelle provincie di Lodi, Cremona e Piacenza le falde sono molto più vicine alla superficie.
Sull’origine dolosa del disastro gli inquirenti della procura di Monza non hanno dubbi. stato un atto ben calcolato e pensato per sortire il danno peggiore.
L’apertura dei rubinetti, che richiede anche una certa competenza, è avvenuta tra le 4 e le 6 di mattina, quando nei depositi non passava la sorveglianza. Mentre l’allarme è stato dato solamente alle 7.30 da Brianze Acque, quando la centrale dati del depuratore di Monza ha segnalato la presenza di idrocarburi nell’acqua. Un lasso di tempo risultato poi fatale.
Giunti sul posto i carabinieri hanno trovato gli operai dell’azienda intenti in un inutile tentativo di arginare il danno. ”Perché non hanno dato subito loro l’allarme?”, si chiede Marzio Marzolati, esperto di industrie ad alto rischio di Legambiente.
La Lombarda Petroli della famiglia Tagliabue occupa 330mila metri quadrati ed era una delle raffinerie più importanti del Nord Italia. Dopo l’accordo del 1965 con Total, era capace di pompare circa un milione e mezzo di tonnellate di petrolio. Nel 1984 l’attività viene trasformata in semplice stoccaggio di idrocarburi, fino al 2004, quando la proprietà firma una convenzione con l’amministrazione comunale per dismettere tutta l’area. Il progetto Ecocity della Addamiano prevede case e uffici. Ma in realtà l’attività commerciale pare non essersi mai fermata.
Vista dai palazzi attorno, Lombarda Petroli versa in totale stato d’abbandono: ciminiere cadenti, tetti in amianto in disfacimento e perimetro accessibile in più punti da chiunque. Eppure nel parcheggio incustodito sostano ancora molti tir cisterna di ultima generazione, evidentemente pronti per il trasporto. ”Nel 2009 – dice Marzio Marziolati – questa azienda ha chiesto alla Regione di uscire dalla Direttiva Seveso, che impone severi parametri di sicurezza. Chi ha dato l’autorizzazione e quali controlli sono stati fatti poi? Le cisterne non hanno nemmeno un elementare sistema d’allarme connesso a dei galleggianti interni. E nel piazzale prospicente, i tombini sono collegati direttamente alle fogne, invece che a un sistema interno di depurazione”.