Flavio Haver, Corriere della Sera 22/02/2010, 22 febbraio 2010
«FIRENZE NON HA RISPETTATO LE REGOLE»
«Non avrei mai pensato di dover fare un processo sui giornali...». Taciturno, schivo, per niente attratto dalle prime pagine. Pacato. Il procuratore di Roma Giovanni Ferrara non ama i riflettori, non alza mai la voce. Ma adesso si lascia andare a un lungo, amaro sfogo: ha appena finito di leggere sui quotidiani l’ultimo rapporto dei carabinieri del Ros nell’inchiesta sugli appalti per il G8 alla Maddalena in cui si raccontano le sue telefonate al procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, pochi giorni prima degli arresti della «combriccola». La prima impressione che si ricava dagli articoli è che Ferrara possa essersi prestato a chiedere informazioni da «girare» poi ad Achille Toro, il suo ex procuratore aggiunto che si è dimesso nei giorni scorsi dalla magistratura dopo essere stato indagato per corruzione, favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio per aver fornito notizie riservate al figlio Camillo. «Le notizie apparse sui giornali sono del tutto parziali e possono essere fuorvianti: sono amareggiato per questa vicenda, soprattutto per i riflessi che ha sull’onorabilità dell’ufficio che dirigo».
Originario di Saviano, in provincia di Napoli, 72 anni, sposato e felicemente nonno, Ferrara è entrato in magistratura nel ”64. Esponente di Unità per la Costituzione, la corrente di centro delle toghe, è stato anche capo dell’ispettorato del ministero della Giustizia dal 1997 al 2000, prima con Giovanni Maria Flick e poi con Oliviero Diliberto. La sua carriera ai massimi livelli della magistratura si è sempre svolta dietro le quinte. Davanti a una tazzina di caffè decide però di lasciare da parte il riserbo: «Perché ho deciso di chiarire come sono andate le cose? Per ripristinare la verità e troncare ogni ulteriore, eventuale strumentalizzazione, le cui finalità mi sono ignote», incalza.
L’abituale espressione cordiale cede il passo al risentimento, alla determinazione di chi non vuole sentire fango su di sè e sul suo Ufficio. Ed ecco spuntare i fax tra lui e Quattrocchi, non solo le telefonate. «Ho chiamato il Procuratore di Firenze il 28 gennaio per sapere se era vero quello che c’era scritto sulla Repubblica. Me lo ha confermato. Ma non mi ha detto altro. Il 29 gli ho inviato un fax». Il testo con la firma di Ferrara è inequivocabile: «Facendo seguito ai colloqui in data 28 gennaio per le notizie apparse su Repubblica circa l’esistenza di procedimenti, connessi a quello su indicato e pendenti davanti a questo Ufficio, al fine di favorire la speditezza, l’economia e l’efficacia delle indagini e, soprattutto, per eventualmente coordinare con la S.V. atti di disvelamento delle indagini in corso che sono imminenti da parte di questo ufficio, pregasi voler fornire con la massima urgenza ogni utile notizia al fine di avviare un opportuno scambio di informazioni e atti».
Quattrocchi risponde a Ferrara il 1° febbraio. Comunica che la Procura di Firenze «procede in ordine a reati contro l’economia e la pubblica amministrazione attinenti condotte poste in essere da imprenditori locali. Nel corso di tali indagini – aggiunge Quattrocchi – sono stati accertati fatti penalmente rilevanti afferenti talune opere pubbliche per il G8 alla Maddalena, rispetto ai quali si intravede l’opportunità di un coordinamento. Pendono presso il gip del Tribunale di Firenze richieste’ specifica ancora Quattrocchi ”, talune ex articolo 27 Cpp». In altre parole’ recita il Codice’ «misure cautelari disposte dal giudice incompetente»: Ferrara capisce da Quattrocchi che sono in arrivo arresti su fatti e personaggi romani.
«Quel giorno arriva a Roma il sostituto Luca Turco, che conduce l’indagine di Firenze», ricorda Ferrara. «Incontra i miei sostituti Sergio Colaiocco e Assunta Cocomello e, siccome apprende che stavamo per fare alcune perquisizioni, ci chiede di soprassedere per evitare intralci e disvelamenti che avrebbero pregiudicato le loro indagini. Noi aderiamo e aspettiamo ulteriori contatti per coordinarci», dice Ferrara. «Nessuno si fa più sentire – incalza’ e venerdì 5 la mia segretaria chiama la Procura di Firenze ma la segretaria di Quattrocchi le risponde che non è in ufficio. Ricevo invece io una telefonata da lui il lunedì 8 in cui mi comunica che sono in corso perquisizioni ed eseguite misure cautelari. Mi dice anche che avevano iscritto Achille Toro sul registro degli indagati e inviato gli atti a Perugia per competenza».
Poi altri fax tra Roma e Firenze, meno significativi. L’ultimo del 17 febbraio. E Ferrara spiega, risentito: «Mentre la Procura di Roma non conosceva l’indagine di Firenze, le notizie sulla nostra inchiesta, almeno per quanto riguarda gli abusi edilizi nei circoli con il coinvolgimento di Balducci e Anemone, era nota a tutti per i sequestri eseguiti e per il fatto che di essi si era occupato il Riesame». E ancora: «Noi non abbiamo mai saputo nulla di ufficiale di reati commessi a Roma e appresi durante le intercettazioni di Firenze che, da quanto si legge sui giornali, sono iniziate ad aprile 2008 e proseguite per tutto il 2009. Il nostro procedimento è stato iscritto come noto nel marzo 2009», aggiunge Ferrara. «Le regole della competenza vanno rispettate», ripete una, due volte. Evita di dirlo apertamente, ma si intuisce: i magistrati di Firenze avrebbero dovuto inviare subito gli atti a Roma e si sarebbero evitati problemi ed equivoci. E Toro? «Come coordinatore del gruppo, veniva informato del lavoro dai sostituti. Non è che un capo dell’ufficio può tenere per sè le informazioni. ovvio che tutti gli elementi investigativi vanno riferiti e condivisi sia con il responsabile del pool (cioè Toro) sia con i pm che indagano», taglia corto Ferrara. Che si sofferma sulle date: «Fino a lunedì 8 febbraio nessuno sapeva che Toro fosse già indagato...».
Flavio Haver