Claudia Fusani, L’Unità 14/2/2010, 14 febbraio 2010
TUTTI I PROCESSI DEL PRESIDENTE /12 - DIRITTI TV BERLUSCONI
A ben guardare l’odissea giudiziaria del presidente del Consiglio è un gioco dell’oca dove spesso, anche se a distanza di anni, i dadi riportano i protagonisti alla casella di partenza. Succede così che le ultime, in ordine cronologico, e insidiosissime ossessioni processuali del premier – si tratta di dibattimenti ancora in corso su cui il Parlamento è bloccato da un anno e mezzo per farli annullare con qualche leggina - siano figlie delle prime. E che ancora più del capitolo ”toghe sporche” (i tre processi storici per le mazzette a giudici e avvocati, Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme), il vero problema del Cavaliere siano i bilanci delle sue società. D’altra parte, quando Berlusconi decide di candidarsi nel 1994, Fininvest ha qualcosa come 5 mila miliardi di lire di debiti con le banche. Gioco dell’oca e ritorno alla casella di partenza, si diceva. Infatti l’inchiesta sui presunti fondi neri creati all’estero nella compravendita dei diritti per i film per la tv e per il cinema nasce nel 2004 quando i pm milanesi Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale decidono di tirare un filo rimasto appeso alle carte del vecchio processo All Iberian. Ricordate? La società all’estero che Berlusconi diceva di non conoscere e che invece era sua ed era la cassaforte delle tangenti, dal Psi ai giudici. Il Big Bang di tutti i processi del Presidente finì con una prescrizione e con un’assoluzione perché il reato di falso in bilancio era stato cancellato dal codice penale in fretta e furia nel 2001. In due anni, dal 2004 al 2006, i pm raccolgono qualcosa come 50 mila pagine di atti con rogatorie in 12 paesi. Un lavoro enorme che il 21 novembre 2006 porta sul banco degli imputati Silvio Berlusconi e altri 7 tra manager, dirigenti e consulenti Mediaset e Fininvest – tra cui Fedele Confalonieri – e alcuni prestanome. L’inchiesta riguarda l’acquisto presso le major americane dei diritti per trasmettere in Italia film e fiction, il core business delle tv del Biscione. Secondo l’accusa, gli acquisti - che fino ai primi anni novanta erano effettuati da Berlusconi, nel senso che trattava personalmente senza intermediazioni – da tempo avvengono tramite passaggi societari, tutti collegabili a Fininvest e al Cavaliere, con l’obiettivo di far risultare prezzi gonfiati e creare all’estero fondi neri. Non solo quindi la frode fiscale, il reato più grave tra quelli contestati a Berlusconi, ma anche il falso in bilancio e l’appropriazione indebita. I pm sono in grado di documentare la creazione dei fondi neri – sarebbero circa 280 i milioni di euro sottratti al controllo del fisco e ai dividendi degli azionisti - su un giro di affari che tra il 1994 e il 2002 si aggira intorno ai 470 milioni. Ecco, sempre secondo l’accusa, come veniva creata la ”cresta”: Mediaset comprava i diritti attraverso società off shore (Century One, Universal One, Wiltshire Trading, Harmony Gold) che a loro volta li cedevano a società gemelle via via fino a Mediaset «passando da conti bancari in Svizzera, Bahamas e Montecarlo nella disponibilità degli indagati e gestiti da fiduciari di Berlusconi». Ma il vero passaggio stretto dell’inchiesta è stato dimostrare che Berlusconi, nonostante nel 1994 abbia lasciato tutte le cariche, ha in realtà deciso e agito per la sua azienda tramite una serie di prestanome: un giochetto in cui lo abbiamo visto eccellere fin dai tempi dell’acquisto di Macherio e dei terreni di Milano 2. Su questo punto sono state preziose le testimonianze di uomini Fininvest: Carlo Bernasconi (capo della Silvio Berlusconi Communication ,ormai deceduto), Olivier Novick (responsabile della direzione corporate development) e Marina Campana (segretaria di Berlusconi). Il processo, come sappiamo, non è ancora arrivato alla sentenza di primo grado. Lo stop più lungo è stato imposto dal lodo Alfano, primo atto del nuovo governo Berlusconi (luglio 2008). A novembre 2009 il processo potrebbe riprendere ma a quel punto - è cronaca di queste settimane - arrivano i legittimi impedimenti del premier: congresso Fao, inaugurazione di un ponte e via di questo passo. Adesso sta per partire il legittimo impedimento (stop forzato per 18 mesi), poi un altro lodo Alfano e, se non bastasse, anche il processo breve. Non sapendo come andrà a finire, possiamo però dire che il tempo trascorso s’è già mangiato molti reati. Le contestazioni suppletive del pm (per annullare le quali stava per essere approvato dopo Natale un decreto che faceva propria una sentenza della Consulta) sono riuscite a spostare al 2003 una superstite frode fiscale. In questo modo il processo potrebbe vivere fino al 2012, il tempo utile – forse – per arrivare alla sentenza di primo grado. Sempre che non intervenga prima l’ascia del processo breve.