Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 22 Lunedì calendario

ENRICO FERMI, LA FISICA DELLA SEMPLICITA’

Il primo test atomico avvenne il 16 luglio 1945 nel deserto del New Mexico. L’ordigno stava su un traliccio alto 30 metri. Il più vicino bunker degli osservatori sorgeva a 16 chilometri. Enrico Fermi era lì. Il lampo dell’esplosione illuminò il deserto alle 5 e 29 del mattino; 40 secondi dopo arrivò l’onda d’urto. Fermi aveva strappato un foglietto di carta in tanti pezzetti. Li lasciò cadere al primo soffio del vento atomico, misurò a passi la distanza del punto dove quei coriandoli andarono a posarsi, fece due calcoli e stimò la potenza dell’esplosione: 20 mila tonnellate di tritolo. La previsione era 18.
L’aneddoto dice molte cose su Fermi: amava la semplicità, non era interessato alla precisione ma agli ordini di grandezza, in lui teoria ed esperimento coabitavano.
Fermi era così anche quando faceva lezione, scriveva articoli divulgativi o teneva conferenze. Semplice, essenziale a costo di sfiorare l’approssimazione, pragmatico. Ancora oggi c’è da imparare a leggere i 18 scritti divulgativi raccolti in Atomi, nuclei e particelle a cura di Vincenzo Barone (Bollati Boringhieri, pp. LXXV-174, e18). C’è da imparare non solo la fisica, ma la tecnica della divulgazione scientifica. Fermi ne rese esplicita la regola a Bruno Pontecorvo dandogli istruzioni per scrivere una voce dell’Enciclopedia Treccani: «Almeno la prima parte (diciamo il 10 per cento o le prime due frasi se l’articolo è breve) dev’essere comprensibile per qualsiasi persona colta». Semplice dirlo, difficile farlo.
I 18 testi vanno dalla relatività di Einstein (1923) alla struttura dei nuclei atomici (1952). Nell’introduzione Vincenzo Barone analizza a fondo lo stile di Fermi divulgatore. L’occasione è buona per cogliere alcuni snodi storici: la scoperta dell’efficacia dei neutroni lenti (all’origine della «pila» e delle centrali nucleari) e la prima teoria dell’interazione debole. Ma anche l’errore che gli fece mancare la scoperta della fissione e annunciare due inesistenti elementi transuranici.
All’estero gli scienziati praticano la divulgazione come un dovere civile; in Italia la snobbano. Anche in questo Fermi fu un’eccezione. Oggi le cose sono un po’ cambiate, non sempre in meglio. Abbiamo scienziati oscuri come oracoli, altri che paiono cabarettisti. Talvolta supplisce il giornalista. Ma trent’anni di buona divulgazione di Superquark vanno distrutti in dieci minuti di pseudoscienza sulla fine del mondo vaticinata dalla sapienza Maya per il 21 dicembre 2012. Così, per buona parte del pubblico, diventa un problema distinguere le rare scoperte autentiche dalle molte panzane. Leggendo Fermi divulgatore, questa riflessione emergerà come benefico effetto collaterale.
Piero Bianucci