Glauco Maggi, La Stampa 22/2/2010, pagina 18, 22 febbraio 2010
ANCHE GLI USA SENZA NEBBIA
La nebbia scompare, vittima dei cambiamenti climatici: nella Pianura Padana si registra una riduzione del 35% in vent’anni, sulle coste Usa si è calcolato che ogni giorno è presente per tre ore di meno. La foschia si è ridotta di un terzo in California nel corso dell’ultimo secolo, e a pagare per questa variazione meteorologica sono le gigantesche sequoie. Ci sono sempre più giorni di visibilità piena a San Francisco, e chi ha una vecchia cartolina col Golden Gate avvolto dal bianco nebbione se la tenga stretta: diventerà una rarità.
E’ da molti decenni che i californiani hanno notato il calare del numero dei giorni nebbiosi, e delle stesse ore «coperte», tre, quando si formano le nuvole ad altezza d’uomo. A farne le spese potrebbero essere in futuro le foreste che contano molto sulla nebbia per conservare l’acqua durante gli aridi mesi estivi: se la nebbia cala, le piante sono più vulnerabili in situazioni di aria secca e siccità. «Sono foreste che prendono dal 30% al 40% del loro fabbisogno dalla nebbia», spiega Ruskin Hartley, ambientalista che lavora per un ente chiamato «Salvare le sequoie».
Uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha fotografato il trend. Il biologo James Johnstone, dell’università della California a Berkeley, essendo un nativo della Virginia, sulla costa atlantica, quando era arrivato sul Pacifico era rimasto colpito dalla stranezza della nebbia costiera ed estiva: ha condotto la ricerca, assieme al collega Todd Dawson, per capirne la dinamica, e per spiegare il perchè della variazione dell’intensità del fenomeno col passare del tempo. I due studiosi si sono serviti dei dati della nuvolosità e della temperatura a terra, raccolti negli aeroporti dello Stato dal 1951, e hanno ricostruito la storia della frequenza delle nebbie ina California fino al 2008. «Abbiamo scoperto una relazione forte tra l’apparizione della nebbia e un particolare regime di temperatura nella regione costiera sul Pacifico- dice Johnstone - le estati più nebbiose sono associate con condizioni più fresche lungo la regione rivierasca e condizioni più calde all’interno, e viceversa. Fin dal 1951 il nesso tra la nebbia e il verificarsi di queste situazioni di accentuata disparità è molto forte».
Johnstone, a proposito del ruolo che potrebbe aver avuto il riscaldamento globale nel far calare la nebbia in California, è stato cauto: «Non ci sono prove fino a questo momento». I ricercatori citano invece un paio di fattori alla base della formazione della nebbia, ma non hanno certezze nello spiegare il suo calo avvenuto, in larga parte, prima della fine degli Anni ”90, con un minimo record nel 1997. Da allora la frequenza della nebbia è tornata al livello che aveva negli Anni ”50. Comunque, avendo proiettato all’indietro i dati sulla temperatura fino agli inizi del ”900, i due studiosi sono convinti che sia in atto un trend di lungo termine orientato alla diminuzione della nebbia.
«Ci possono essere attorno ai 13 gradi Celsius e un’alta umidità lungo la costa, ma contemporaneamente anche 30 gradi e un’umidità del 20% solo qualche miglio all’interno», ha detto Johnstone alla South California Public Radio. questo sbalzo tra un clima fradicio e uno secco, chiamato gradiente, che costituisce la componente terrestre della nebbia, mentre l’oceano, con le sue correnti e una variazione costante delle temperatura dell’acqua (nota come Pacific Decadal Oscillation) contribuirebbe per il resto. Il calo del gradiente potrebbe così essere una concausa della riduzione della nebbia.
Se la nebbia è in costante calo da decenni nella Pianura padana, la California non vuole insomma essere da meno. Anche se è uno strano gemellaggio: da una parte è tipica dell’inverno, dall’altra è un evento estivo.
Glauco Maggi