Marco Galluzzo, Corriere della Sera 21/02/2010, 21 febbraio 2010
COORDINATORI DIVISI, TRAME DEI MINISTRI. MA L’AFFONDO DEL PREMIER E’ PER FINI
Tre coordinatori molto discussi. Un presidente, ovvero il Cavaliere, furibondo, che dice di non riconoscersi più nel suo partito. Un partito, il Pdl, ancorché fortissimo, in preda a una crisi di nervi. O meglio, come ammesso dallo stesso presidente del Consiglio, in balia di «giochi di potere» che nulla hanno a che fare con il bene della maggioranza. La cronaca di ieri, con qualche indiscrezione, è eloquente. Sui giornali viene pubblicato lo sfogo del Cavaliere sullo stato del Pdl, la sua tentazione di azzerare tutto, dopo il voto delle Regionali. C’ è anche traccia di un attacco a Denis Verdini, che del Pdl è uno dei coordinatori, indagato dai magistrati di Firenze, poco amato (per usare un eufemismo) nel partito che dirige. Verdini è tentato dalle dimissioni, Berlusconi smentisce e lo difende pubblicamente, ma è la prima volta che lo fa dal giorno della notizia delle indagini che lo riguardano. Nel frattempo Ignazio La Russa, altro coordinatore, anche se in modo ironico, si dice disposto a fare un passo indietro. Tace il terzo coordinatore, Sandro Bondi, ma a Palazzo Grazioli lo danno sempre più distante dai suoi due colleghi, tanto che avrebbe fatto sapere al premier che si sente escluso e che non ha più molta voglia di sedersi al tavolo di lavoro con gli altri. Sulle decisioni che contano, complici forse anche gli impegni ministeriali, il politico che ama la poesia di solito resta escluso. Tutto, ovviamente, è molto ovattato. Non si lavano i panni in pubblico. L’ uscita del capo del governo punta a rimettere in riga alcune teste calde. Nel partito molte cariche devono essere rinnovate, le parole del Cavaliere servono a congelare tutto. C’ è anche il sospetto che alcune frasi contro Verdini, riportate dai quotidiani come se Berlusconi le avesse pronunciate in Consiglio dei ministri, siano state fatte circolare ad arte da alcuni esponenti del governo. Il premier per una volta ce l’ ha più con chi imbecca la stampa che con la stampa. Italo Bocchino, vicecapogruppo dei deputati del Pdl, è in cima alla lista degli indiziati, fra i presunti autori dei giochi di potere. A lui viene attribuita una frase che ha fatto letteralmente infuriare il capo del governo: «Verdini e La Russa sono due morti che camminano». Lui, non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, smentisce: « impensabile, La Russa è il meglio che esiste, i problemi li hanno "loro", non "noi", è una guerra intestina a "loro", basta chiedere cosa pensano di Verdini, off the records ovviamente». Nell’ uso dei pronomi c’ è il problema dei problemi. I partiti sono rimasti due. "Loro" sono quelli di Forza Italia. "Noi" sono gli ex di An. Paolo Bonaiuti ad Arezzo aveva visto più lungo di altri: basta con il metodo del 70 e 30 per ogni cosa, le cariche, le liste, il partito è di tutti, il futuro è la collegialità. Non è stato ascoltato, almeno non da tutti. Bocchino è in cima ad un’ altra lista, quella della fiducia personale del presidente della Camera, Gianfranco Fini. I «giochi di potere» citati ieri da Berlusconi sono un messaggio anche al co-fondatore. Evidentemente i pranzi all’ hotel de Russie non bastano ad appianare tutte le divergenze. Ricostruzioni dello staff del Cavaliere: Bocchino ha condotto una guerra politica contro Cosentino, sottosegretario all’ Economia e coordinatore del Pdl in Campania; Bocchino è grande amico della Carfagna, la Carfagna designa Fini come successore di Berlusconi; il Cavaliere si infuria con la sua ministra, difende Cosentino a spada tratta, per non darla vinta ai «giochi di poteri» che "loro", in questo caso gli ex di An, conducono in Campania. C’ è da aggiungere che un gruppo molto ampio di parlamentari, quasi tutti azzurri della prima ora, si definiscono ora «pretoriani» di Berlusconi, si stanno strutturando per ritrovare dentro il Pdl lo spirito originario di Forza Italia. Pretoriani che difendono il loro capo dai giochi di potere: non è un film o un videogame, è l’ atmosfera che si respira nel Popolo della Libertà, il primo partito italiano.
Marco Galluzzo