Antonio Ferrari, Corriere della Sera 20/02/2010, 20 febbraio 2010
ATENE PREPARA LA MANOVRA BIS, SCIOPERI E BENZINA RAZIONATA
Arrivano in tanti, troppi, al capezzale della Grecia, con la mestizia (o la cinica soddisfazione) di dover assistere all’ agonia di un malato terminale. Sfilano impettiti, nel salone-arrivi dell’ aeroporto Elefterios Venizelos, funzionari, banchieri, consiglieri, uomini delle agenzie di rating, corvi e cassandre, ma anche opportunisti della finanza internazionale, quelli che di mestiere fanno gli speculatori sulle disgrazie altrui. E soprattutto arrivano i giornalisti, scesi a raccontare l’ inevitabile isteria (siamo mediterranei o no?) di un paese che, visto da fuori, è sull’ orlo dell’ abisso. Ma chi immaginava di testimoniare violenze continue, devastazioni, insomma l’ esplosione della rabbia di chi è costretto ad accettare pesantissimi cicli di chemioterapia economica per ripianare un deficit da paura, resta interdetto. La crisi c’ è ma è come se fosse invisibile. Nascosta e neutralizzata nelle pieghe di una società non facile da decifrare; nei segreti delle famiglie, solide e allargate a pletore di cugini, dove c’ è sempre qualcuno più fortunato che provvede ad alleviare le difficoltà degli altri; nel pudore di dover ammettere che stavolta la fiera Atene rischia davvero. Afrodite Papadopoulos, un’ ottuagenaria signora della buona borghesia della capitale, che non ama esternare il lusso contrariamente alla maggioranza dei suoi connazionali, dopo aver letto il quotidiano bollettino di guerra, reagisce con un laconico commento: «Giornali e tv dicano quel che vogliono, ma noi non siamo i peggiori d’ Europa!». Mercoledì 24 ci sarà un duro sciopero generale, ma anche questo previsto appuntamento viene vissuto dalla maggioranza con rassegnato distacco, come la tappa inevitabile per misurare la percezione dei sacrifici presenti ma soprattutto futuri. Da due giorni, e poi a scacchiera, sono chiuse le dogane, quindi anche la benzina e il gasolio sono razionati. Senza gravi disagi, però. In quanto la Grecia ha imparato a sopravvivere nell’ emergenza con una confusa disciplina tutta sua. Fino a dieci anni fa si diceva che c’ erano almeno 70-80.000 persone che potevano permettersi il ristorante quasi ogni sera. Il numero è stato limato, ma neppur troppo, visto che in molti locali, dopo le 22 (in Grecia si cena tardi), è difficile trovare posto. L’ altro giorno, nel quartiere-bene di Kolonaki, a trecento metri da piazza Syntagma, cioè nel cuore della capitale, decine di agenti hanno transennato la via dei negozi pretenziosi, la Patriarch Joachim, perché c’ era la minaccia di una bomba, che sarebbe dovuta esplodere nella filiale della Citibank. Bomba con tanto di annuncio telefonico preventivo da parte dei presunti attentatori. Ma era un falso allarme. Uno dei tanti episodi di microterrorismo, con cui, crisi o non crisi, la Grecia è abituata a convivere da decenni. La verità, che l’ esperienza insegna a non ritenere sorprendente, affiora da tutti i sondaggi, nessuno escluso: la maggioranza assoluta della popolazione sostiene l’ azione del governo e il suo durissimo piano di risanamento per ripianare il deficit. E’ pur vero che all’ interno delle formazioni di estrema sinistra e nell’ ala più intransigente del sindacato si rifiutano le amare medicine proposte dall’ esecutivo socialista e imposte dagli organismi di controllo europei. Ma il premier George Papandreu è ottimista: «Non chiediamo soldi ma un pò di tempo, e vedrete i risultati». Qualche segnale c’ è già: la ricevuta fiscale non è più un optional ma un dovere. Le indagini finanziarie hanno spinto molti professionisti a denunciare entrate più credibili. In un paese dove il sommerso sfiorava il 30 per cento è comunque un risultato. Ma basterà? Secondo Vassili Papadimitriou, consigliere del primo ministro, «la crisi è profonda e evidente, ma da essa possono affiorare grandi opportunità. Per esempio la straordinaria svolta, anche psicologica, alla quale stiamo assistendo. La gente comprende e accetta la necessità dei sacrifici». In realtà, a fronte dei tanti luoghi comuni, che rasentano uno strisciante razzismo (i «pigs»), la Grecia può contare sul proprio cementato orgoglio nazionale. Che più volte l’ ha sostenuta, e che spesso si innerva nella diffusa e consolatoria dietrologia. L’ idea del complotto straniero affiora infatti in ogni discussione: sui giornali, alla tv e fra la gente. Ecco perché il complesso dell’ accerchiamento produce, prima di tutto, la forza centripeta dell’ unità di fronte al pericolo. E’ anche vero che i morsi della crisi vera verranno. A parte i tagli nel pletorico settore pubblico, il congelamento degli stipendi e una più severa politica fiscale, molti tremano all’ idea che il governo decida di sospendere la quattordicesima, che viene distribuita in due rate (a pasqua e in agosto). Qui gli stipendi sono bassi, e questa decurtazione - ritenuta quasi «un’ ultima spiaggia» - disturba più degli aumenti delle sigarette e del gasolio. Ma su una cosa si può scommettere. La Grecia ce la farà.
Antonio Ferrari