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 2010  febbraio 20 Sabato calendario

INTERVISTA A OMAR: ERICA E’ IL PASSATO

Il mio passato appartiene solo a me, me lo porterò sempre dentro. Niente interviste, per cortesia. Non posso, tra poco tornerò libero». Il tono non è perentorio, pare quasi scusarsi. Omar Favaro in maggio compirà 27 anni. Dalla sera del 21 febbraio 2001, a Novi Ligure, sono passati nove anni. Lui ed Erika De Nardo inscenarono una rapina di albanesi nella villetta della ragazza, poi confessarono di aver ucciso la madre e il fratello di lei, Gianluca, 12 anni: li trafissero con 97 coltellate. Un delitto che sconvolse l’Italia. Erika e Omar, i loro nomi divennero un marchio dell’orrore familiare.
Omar è stato condannato a 14 anni, pena ridotta grazie agli «sconti» per buona condotta. Dopo il carcere minorile a Torino gli ultimi cinque anni li ha trascorsi nel penitenziario di Asti. Da un mese è semilibero, lavora in una cooperativa che si occupa di aree verdi comunali.
Un giovane come tanti: sorridente, il volto appena solcato da un filo di barba, berretto di lana nero, giubbotto arancione di servizio, jeans. E’ in una serra, sta sistemando piantine che in primavera andranno a colorare le aiuole.
Di lui parlano tutti bene. «Rispettoso, educato, sempre puntale», assicura un collega. Opinione condivisa da coloro che hanno seguito il percorso riabilitativo: agenti di polizia penitenziaria, assistenti sociali, volontari. Lui non pare sorpreso dalla curiosità che lo circonda, ha imparato a convivere col peso di essere Omar.
Ha rimorsi?
«Lo ripeto a tutti: i miei ricordi me li porterò sempre dentro. Quello che è successo è il passato, si perde nel buio. Devo guardare avanti e voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno aiutato e mi stanno aiutando a uscire da quello che è stato».
Erika?
«Anche lei fa parte del mio passato. Diciamo che oggi mi è indifferente, non m’interessa. Capitolo chiuso».
Come sono stati questi anni?
«Ad Asti mi sono trovato meglio che nel carcere minorile. In tanti mi sono stati vicini ma non ho amici. Preferisco chiudere per sempre con questo mondo».
E fuori?
«Quelli che mi stanno intorno sono tutti piuttosto anziani. Vorrei farmi amici della mia età quando sarò fuori, lo spero tanto».
La famiglia?
(La voce si incrina per la commozione). «Senza di loro sarei finito, i miei sono stati straordinari. Mi hanno sempre seguito, guai se non li avessi avuti vicino».
Come vede il futuro?
«Adesso bene, tra breve dovrei uscire definitivamente. Sono in semilibertà da gennaio, i primi permessi li ho avuti nel luglio 2009».
Che lavoro sta facendo?
«Sono un giardiniere, ho un contratto di un anno che scade in dicembre, prendo 600-700 euro al mese. Dove c’è bisogno mi mandano: sto spesso in serra ma qualche volta mi portano fuori a curare i giardini del Comune, in centro ad Asti. Non mi ero mai occupato di fiori e piante. Mi piacerebbe continuare a fare questo lavoro anche dopo, da ”libero”, anche se la mia aspirazione un’altra...».
Quale?
«Mi appassionano i computer, in carcere ho preso la Patente europea. Non voglio sembrare immodesto, ma credo di essere bravino in questo campo. E del resto in carcere ho fatto anche altre cose».
Quali?
«Ho collaborato al giornalino del penitenziario che esce nell’inserto del settimanale diocesano, ho anche scritto alcune favole. Poi sono stato impegnato, con altri detenuti, nella sbobinatura dei nastri delle sedute del Consiglio provinciale e qualche volta del Consiglio comunale di Asti».
Che esperienza è stata?
«Parlano tanto. Ho conosciuto anche dei politici. Alcune volte è venuto a trovarci l’ex presidente della Provincia, Roberto Marmo, che scherzando mi diceva di non trascrivere proprio tutto... A volte sentivo di quelle cose, battute naturalmente...».
E gli studi?
«Sono arrivato al quarto anno di ragioneria, me ne manca uno al diploma. Spero di concludere presto».
Com’è la sua giornata?
«Alle 7 comincio a lavorare e resto fuori fino all’una di pomeriggio. Vado a pranzo dai mei genitori, si sono trasferiti ad Asti da quattro anni. Mio padre ha un bar ad Alessandria che gestisce col fratello, mia madre è casalinga. Al pomeriggio vado a fare volontariato in un centro aggregato alla Caritas. Confezioniamo pacchi di abiti per chi ha bisogno. Poi ho la scuola guida».
Sta prendendo la patente?
«Ho cominciato a studiare per l’orale. Sono un po’ preoccupato, so che è difficile. Intanto ho fatto le prime guide, con mio padre. Non mi sembra vero».
E la sera?
«Alle 20 rientro in carcere. Seguo il calcio in televisione: sono grande tifoso del Milan e il mio idolo è Nesta, anche se adesso incomincia ad essere un po’ vecchiotto come atleta. Piacerebbe anche me tornare a giocare a calcio: non ho più potuto, spero di poter trovare una squadretta appena sarò fuori».
Omar, ha già pensato alla prima cosa che farà quando sarà definitivamente libero?
«Voglio andare al mare a farmi una nuotata. Sono dieci anni che non ci vado, me lo sogno anche di notte».
Franco Binello