Catalogo dei viventi 2009, 22 febbraio 2010
ANTONELLI
Laura 2009 - Pola (Croazia) 28 novembre 1941. Attrice. «Non ero preparata ad affrontare quella carriera, il successo, la popolarità, quell’ambiente, con le illusioni e le delusioni. Sono sempre stata una persona semplice, timida, attaccata ai valori della famiglia. Oggi, per me, esiste Gesù» • «Veniva ”da una infanzia dispersa e infelice”, famiglia di sfollati slavi, profuga a Venezia, poi a Napoli, poi a Camaldoli, insegnante di ginnastica approdata a Roma nel 1963, primi Caroselli, poi i fotoromanzi con qualche velo svelato, le primissime commediole osées tipo La rivoluzione sessuale, anno 1965, dove, scandalosamente, faceva il bagno nuda. Corpo perfetto: 55 chili, 1 metro e 66 d’altezza. Poi lei moglie di un marito voyeur (Lando Buzzanca: ”Era magica, bastava che si slacciasse un mezzo bottone…”), che la esibisce per tornare ad amarla. Infine il successo. Racconta Sandro Parenzo, che sceneggiò Malizia con il regista Salvatore Samperi: ”L’idea della servetta che eccita tutti i maschi di casa la pescammo un po’ da Vitaliano Brancati. Calze velate, buco della serratura, silenzi d’appartamento, rumore della doccia. Fu un miracolo”. Vittorio Storaro ci mise la luce dei film di Bernardo Bertolucci. Fred Bongusto la musica della penombra. Laura Antonelli, tutto il resto. Fu il più grosso incasso dell’anno 1973, 6 miliardi di lire di allora. Il suo cachet passò da 4 a 100 milioni a film. Scrisse il grande Rodolfo Sonego, sceneggiatore: ”Lei era di una bellezza estremamente desiderabile e ingannevole. Poteva far perdere la testa a qualsiasi uomo l’avesse incontrata”. Sbocciò infine - dopo un matrimonio sbagliato con l’antiquario Enrico Piacentini e innumerevoli flirt veri o presunti - la sua storia d’amore, più emozionante e spettacolare, con Jean-Paul Belmondo strappato alla più gelida e perfetta e bikinata delle Bond-girl, Ursula Andress. Rapito dal set de La trappola e il lupo, in fuga prima a Roma, poi nei Caraibi, isola di Antigua, poi su tutti i rotocalchi del mondo per le botte e i baci, i tradimenti, i litigi e l’amore ad alta quota, come raccontavano (oltre a Laura) le scandalizzate hostess del Concorde di linea Parigi-New York. Amore che durò 9 anni, senza matrimonio, senza figli (’la sola idea di averli mi terrorizza”), senza una casa in comune, lei a Roma, terrazza a pochi passi da Montecitorio, lui appartamento a Saint-Germain-des-Près, pendolari d’amore. ”Quando Jean-Paul è in pubblico - dirà Laura appena quarantenne e appena separata - deve sempre fare a pugni e tenere in braccio una donna vistosa”. Forse è da qui che inizia il declino di Laura Antonelli, donna (infine) di nessuna o pochissima malizia, semmai ingenua, fragile come uno specchio dentro al quale, lentamente, dilegua la giovinezza. E la bellezza, inavvertita, si incrina. L’universo si rompe definitivamente la notte del 27 aprile 1991 quando in camicia da notte, lo sguardo allucinato, la faccia gonfia di alcol, apre la porta d’entrata della villa al maresciallo Sollazzo e gli dice: ”Venga, dentro c’è una festa”, accompagnandolo, indifferente, fino a quel celebre vassoio pieno di coca (con puntiglio il tribunale annotò: 36 grammi di cocaina, pari a 162 dosi, valore 9 milioni di lire), che le spalancò il carcere, la condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi, poi il Centro di igiene mentale di Civitavecchia, poi l’assoluzione in appello (tossicomane e non spacciatrice), anno 2000» (Pino Corrias) • Nel maggio 2006 la Corte d’Appello di Perugia condannò il ministero della Giustizia a versarle un risarcimento di 108 mila euro per i danni alla salute e di immagine patiti a causa «dell’irragionevole durata del processo» (150 mila con gli interessi). [hd]