Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 20/2/2010;, 20 febbraio 2010
IL FATTO DI IERI - 20 FEBBRAIO 1887
Quando, nel febbraio 1887 al 172 Boulevard Saint-Germain, aprì i battenti, era solo una fiaschetteria frequentata da bohémiens e accaniti ”anti-dreyfusards”. Si chiamava già Café de Flore, ma era ben lontano dai fasti futuri. A farlo diventare il bistrot letterario più anticonformista di Parigi ci pensò già Apollinaire nel 1912, insediando la redazione della rivista ”Les soirées de Paris” e, dagli anni ”40 in poi, tutta l’élite intellettuale di stanza a Saint Germain. ”Il Flore” – racconta Simone Signoret in una deliziosa autobiografia – ”era un po’ cenacolo, un po’ mensa, frequentato da persone maledettamente interessanti, braccati, ebrei, comunisti, trotszkisti… antifascisti italiani, poeti in miseria, chitarristi ambulanti, geniali ficcanaso o temporanei buoni a nulla… ”. Il luogo sacro degli esistenzialisti, da Sartre a De Beauvoir a Juliette Gréco, e prima ancora di Bréton e di Max Jacob. Dove era possibile incrociare nella stessa nottata, tra musica, libri e alcol, Boris Vian, Picasso, Dora Maar e Prévert. Un mondo perduto da rivisitare nel bel libro ”Café de Flore. L’esprit d’un siècle”, di Christophe Boubal, figlio del mitico proprietario anfitrione del caffè, dal 1939.