Vari, 20 febbraio 2010
FESTIVAL DI SANREMO 2010
(seconda parte)
La Stampa, giovedì 18 febbraio 2010
LUCA DONDONI (Lele Mora)
«Antonella Clerici sta interpretando perfettamente il personaggio della vicina di casa. Il Festival sta andando bene grazie a lei perché se fosse per le canzoni, stendiamo un velo pietoso. Non c’è nulla che mi piaccia veramente a parte Malika e quel Mengoni che viene da X Factor. Povia mi sembra cresciuto e anche la figlia di Zucchero non è poi da buttare, ma mi fermo qui. Anzi, aggiungo che la non controprogrammazione Mediaset è stato il vero salvagente della manifestazione».
Lele Mora è diretto, deciso a dire la sua su tutto e su tutti con il piglio di chi è uscito da uno scandalo che poteva abbatterlo. Lo abbiamo incontrato nella hall dell’Hotel Royal. molto diverso da quello effigiato in una famosa foto di copertina di qualche estate fa. Ricordate? L’agente dei vip di bianco vestito sdraiato su una chaise-longue della sua villona di Porto Cervo con tre boys che gli massaggiavano i piedi. L’immagine era quella di un imperatore con una corte di sudditi e cortigiani cui dava vitto, alloggio e, da imperatore contemporaneo, esposizione televisiva. Quei tre masseur, a poche settimane da quella foto-scandalo, li ritrovammo nelle vesti di tronisti a Uomini e donne, nullafacenti di lusso al Grande fratello o, peggio, come opinionisti senza opinione nelle mattine e nei pomeriggi Mediaset. Ma Vallettopoli sarebbe esplosa di lì a poco e oggi quel superedonismo sfrenato è morto e sepolto.
«Certi avvenimenti lasciano il segno - dice Mora che, facendo una dieta a base di uva rossa ingerita sotto forma di pastiglie omeopatiche, ha perso chili in eccesso e guadagnato in bonomia - era giusto voltare pagina». Dicono che lascerà defintivamente la Costa Smeralda che ormai era la sua seconda casa. «Non sono a Sanremo per caso. Oltre ad aver portato qui Nilla Pizzi, la vera regina del Festival, sto stringendo un’importante collaborazione con il Comune e con la discoteca Morgana per il dopo Festival. La mia sfida sarà quella di far tornare Sanremo quella di un tempo e soprattutto di togliere alla Costa Azzurra quei turisti che, quando vengono in Liguria, non vedono l’ora di passare la frontiera. La nuova amministrazione ha capito quanto qui ci sia bisogno di aria nuova. E io voglio trasformare Sanremo nella nuova Saint-Tropez. Ogni 15 giorni creerò eventi, manifestazioni, spettacoli».
In questi giorni le cronache sono tornate a parlare di lei perché a Domenica 5 ha sparato a zero su Simona Ventura, colpevole di irriconoscenza. «E me ne pento. Ho esagerato. Simona è bravissima e ha una carriera eccezionale. Anzi, forse io non sarei arrivato dove sono senza di lei. Faccio ammenda». Ci sono anche voci che la vogliono molto interessato alla politica. Lei ha sempre detto di essere un uomo di destra e di tifare per Berlusconi. C’è del vero? «Io sono di pura destra. Sono un fascista anzi no, un mussoliniano. Ho comprato in Svizzera tre dei diari di Mussolini. Gli altri due ce li ha Marcello Dell’Utri. Li ho pagati tantissimo. Li pubblicheremo tutti insieme ma deciderà Dell’Utri come e quando. Tra due o tre anni scenderò in campo con il Pdl, ma solo se mi faranno diventare senatore. il sogno della mia vita e poi il Cavaliere ha dimostrato che si può essere imprenditori e diventare ottimi politici». Il 31 marzo, Mora compirà 55 anni; sulla sua biografia c’è scritto che è un Ariete caparbio e deciso. «E infatti quando dico di voler scendere in politica non sto scherzando. Passano gli anni e mi appassiono sempre di più alle sorti del mio Paese. Voglio fare qualcosa e credo ci sia bisogno anche di me».
La Stampa, giovedì 18 febbraio 2010
ALESSANDRA COMAZZI
SANREMO
L’abitudine virtuosa di finire entro mezzanotte e mezza è stata subito smentita dalla lunghezza di ieri. Sono andati talmente lunghi, al Festival di Sanremo, che Jessica Brando, 15 anni, non ha potuto più esibirsi in diretta, essendo minorenne ed essendosi fatte le 0,20, e così hanno mandato in onda un suo video fatto in prova. Nonostante ciò (con il collega Tony Maiello), è promossa in finale. Così, a occhio: roba da matti. Ripescaggio, ripescaggio. In apertura di serata sono state proposte, rivisitate, le cinque canzoni degli «Artisti» eliminate nelle precedenti sere. Due sono tornate in gioco grazie a un eterno, redditizio televoto: Italia, amore mio, il brano funzionale al sistema di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, e Per tutte le volte che di Valerio Scanu. Come da prevedibile previsione.
Ma quanta bella musica, ieri al Festival. «I conduttori passano, le canzoni restano, e molte canzoni sono diventate leggenda», ci informa Antonella Clerici, questa volta in oro, le ubertose tette oggettivamente molto in mostra. E proprio i «brani leggendari», trasversali ai decenni e ai gusti delle generazioni, sono stati protagonisti del terzo appuntamento. Interpretati da quelli che qui a Sanremo chiamerebbero «big». «E’ il nostro modo per festeggiare il 60° compleanno del Festival. Ma noi non vogliamo fare un revival», e allora hanno invitato tanti fra coloro che alla gara di Sanremo non parteciperebbero, o non parteciperebbero più, ma così, come ospiti, accettano, sì. E fanno bene al pubblico che ama la musica: il problema è che il loro spettacolo, lo spettacolo di artisti come Elisa, Fiorella Mannoia, Miguel Bosè, Edoardo Bennato, Massimo Ranieri, Nilla Pizzi, Carmen Consoli, Riccardo Cocciante, Francesco Renga, inevitabilmente ha finito con l’offuscare quello dei partecipanti alla competizione. Che un po’ non possono sbizzarrirsi per evitare iniquità, un po’ sono agitati, un po’ devono ancora crescere, o sono cresciuti troppo.
Il più originale? Miguel Bosè, già conduttore del Festival 1988, che canta Non ho l’età: al posto della Cinquetti sedicenne, un cinquantenne che non ha l’età per andare dietro alle sedicenni. Simpaticissimo: quando si dice l’autoironia. L’autoironia è un concetto del quale si ama abusare. Ma questo è stato un esempio di parola abbinata al suo vero significato. Edoardo Bennato, invece, non era mai salito sul palcoscenico dell’Ariston, e per l’occasione ha riproposto il brano di Tenco Ciao amore ciao. Massimo Ranieri ringrazia, «infinitamente grazie» il direttore di Raiuno Mauro Mazza che ha accettato la sua proposta di mettere su Raiuno in prima serata il teatro di Eduardo. E poi tutti in piedi, applausi a non finire, coro su «Perdere l’amore».
E insomma, lo sappiamo bene che dietro il Festival si muovono imponenti interessi, musicali, televisivi, politici, sociali. Però sempre di una rassegna di canzoni si tratta. E non prenderla comunque troppo sul serio farebbe bene al fegato e alla cara patria. In questo, ci aiuta Antonella Clerici: a mano a mano che passano le sere, la Blonde accentua la sua maschera da commedia dell’arte, il suo ruolo della Colombina circondata di tanti Arlecchini. E familiarizza, con i suoi dieci milioni di spettatori, li inscrive nel teatrino: saluta Giorgia, artisticamente nata proprio sul palcoscenico dell’Ariston, che ha appena avuto un bambino, nato in casa, pesante 3 chili e 750, una dovizia di particolari da far impallidire una balia orgogliosa. Anche Elisa, in seguito, parla della sua bambina che si porta sempre con sé e saluta Giorgia, «è una cosa tra mamme». Maternità vo cercando, ch’è sì cara. E, ancora, la conduttrice di famiglia cerca il suo papà in sala, e saluta pure lui, e gli chiede se sta andando bene, e il papà sorride, ma con un velo di imbarazzo: essendo di un’altra generazione, sembra una persona che mai parteciperebbe al «de senectute» dei programmi televisivi
LE PAGELLE
PUPO, EMANUELE FILIBERTO,
CANONICI & LE DIVAS 4
ITALIA AMORE MIO Sono il trio più dedicato del Festival, fanno pure tenerezza. Sono migliorati e più coesi, ma non si esce dal senso di vuoto, neanche con alle spalle il gruppo di ragazze liricizzanti.
TOTO CUTUGNO
CON BELEN RODRIGUEZ 4
AEROPLANI Ahimé non basta una bella donna per una bella esecuzione. Nell’emozione, anzi, Toto stona senza pietà (almeno, si sarà divertito). E pure lei, a stonate non scherza.
NINO D’ANGELO,
MARIA NAZIONALE
E LE VOCI DEL SUD 7
JAMMO JA Ma che Napoli vorranno, musicalmente, i napoletani? Non si capisce perché non abbiano votato questa lambada colorata e problematica anche nella musica, che rappresenta così bene la loro terra oggi.
SONOHRA CON DODI BATTAGLIA 5
BABY Che carino il superchitarrista Pooh a infilarsi in questo guaio. Ma il volenteroso sacrificio non alza se non minimamente l’asticella per i due giovani vecchietti.
JESSICA BRANDO5
DOVE NON CI SONO ORE Soltanto 15 anni. Un occhio al futuro e (come chiunque, fra i ragazzi) uno più attento al passato. Ma non a quello interessante.
VALERIO SCANU
CON ALESSANDRA AMOROSO 5
PER TUTTE LE VOLTE CHE A volte aggiungere può essere un problema. In duetto, seppure con la star indiscussa di Amici, la canzone perde quella freschezza smemorata e easy, per diventare una più sciapa canzone pop.
NICOLAS BONAZZI 6
DIRSI CHE NORMALE l’ultimo pupillo di Cecchetto, è senza talent show alle spalle. Si vede che ha studiato più di Mengoni, con cui pure ha qualche assonanza.
LA FAME DI CAMILLA 5
BUIO E LUCE L’ormai affollata scuola pugliese offre un gruppo con cantante di origini albanesi. Ritmo nervoso, passioni amorose, ma boh.
TONY MAIELLO 6
IL LINGUAGGIO DELLA RESA Allievo del primo X-Factor, sotto contratto con Maionchi-Salerno, un power pop che guarda ai ragazzi sognatori.
ROMEUS 5
COME L’AUTUNNO Da Sanremolab un cantautore, pugliese pure lui. Una ballad elettronica che nella tensione all’originalità, cade invece nella banalità.
La Stampa venerdì 19 febbraio 2010
GABRIELE FERRARIS
INVIATO A SANREMO
Il direttore di Raiuno Mauro Mazza è un uomo fortunato. Di ”sti tempi tutto gli va bene.
La seconda puntata del Festival è stata un successone, persin meglio dell’omologa 2009, gestione Bonolis: 43,88 per cento di share contro il 42,63 di un anno fa - il che è un’ottima credenziale per il direttore Mazza. Che si compiace: «Quando abbiamo pensato a questo Sanremo, con questa formula, pensavamo di fare il miglior Festival possibile, e gli ascolti sono figli di queste scelte». E fors’anche cugini della resa preventiva di Mediaset.
Antonella Clerici ha convinto oltre dieci milioni di italiani a trascorrere con Raiuno l’intera serata di mercoledì, e 13 milioni a guardarla mentre intervista, travestita da sora Cecioni, la regina di Giordania. E gli si siede pure (la Clerici) sulle ginocchia (di Mazza) in diretta, e assicura di essersi divertita - il che è un’ottima credenziale per l’uomo Mazza. Che si compiace, e ammette di essere rimasto «lievemente imbarazzato». Però solo lievemente.
Ma allora perché Mazza non è felice? Perché quella piega amara sulle labbra, quell’inquietudine negli occhi? Ieri in sala stampa, mentre i corifei snocciolavano i numeri del trionfo, il direttore s’agitava irrequieto.
«La Stampa» ha chiesto al direttore Mazza le ragioni della sua irrequietezza.
Il direttore Mazza ha risposto che è dovuta alla lettura dei giornali. Egli ha aggiunto che i giornalisti sono «tristi». Richiesto di spiegazioni, s’è detto scontento del tono di certe cronache da Sanremo: a suo avviso esse non rispecchiano appieno il sentire di un sesto degli italiani, che seguono con rinnovato entusiasmo la manifestazione canora. Mazza non usa il termine «disfattismo», però conveniamo che sarebbero ipotizzabili da parte dell’informazione toni più positivi: tipo i cinegiornali Luce.
Antonella Clerici, invece, è perfettamente felice: «Mi sono fatta un mazzo tanto per arrivare qui, per arrivare a questi risultati...», rivela con il modo di parlare spontaneo e disinvolto che la caratterizza. E aggiunge che la sua ricetta del successo sanremese sta nel «non farsi spaventare dal palco e preparare molto il Festival, con mesi di duro lavoro». La ricetta dei biscotti della regina di Giordania, invece, la conserverà tra i suoi più preziosi ricordi.
Dicevamo della fortuna di Mazza. Per dire: le solite polemiche sui compensi degli ospiti, che in altre occasioni furon tempeste che fecero tremare la Rai, oggi sono zefiri, e l’ipotesi che a Cassano siano andati 140 mila euro non sembra ferire le coscienze più che tanto.
Forse le coscienze sono meno vulnerabili.
Neppure le questioni di par condicio, immancabili negli anni elettorali, preoccupano Mazza. Domani sera mezzo governo (e spiccioli d’opposizione) siederà in prima fila all’Ariston, ma per Mazza «non c’è nulla di male nelle inquadrature», e di conseguenza la cosa non è importante, «abbiamo avuto momenti peggiori».
Insomma, è un Festival nato sotto una buona stella. Nulla e nessuno, ormai è chiaro, può turbarne le marcia trionfale. Neppure la tristezza di qualche giornalista malignazzo. E chi non è salito per tempo sul carro del vincitore, oggi se ne duole. Ha qualche rimpianto persino il capo del Governo, che l’altra sera a una cena, dopo la sua solita cantatina, ha ceduto il microfono a una cantante napoletana di nome Filomena e ha detto: «Avevo proposto la sua canzone a Sanremo, ma non l’hanno accettata». Il direttore artistico del Festival, Gianmarco Mazzi, ha però smentito: «Non mi risulta che sia mai stata proposta una canzone del genere».
Si vede che il capo del Governo scherzava.
Oppure è stato frainteso.
Oppure Mazzi è comunista.
La Stampa venerdì 19 febbraio 2010
ALBERTO MATTIOLI
Non alloggia come il suo predecessore Fabrizio Del Noce all’hotel Royal bensì al meno sontuoso Nazionale: o gli ricorda l’Alleanza o vuol dare un esempio di sobrietà in questi tempi cupi per la Rai. Lui è il giornalista Mauro Mazza, direttore dell’ammiraglia Raiuno e protagonista ieri dell’unico «caso» di questo Festival pacioccone, avendo accusato i giornalisti di essere «tristi» e, poiché vittime di un malanimo «gratuito e pregiudiziale», di non lavorare «con allegria».
Detta così, fa un po’ campo di rieducazione maoista.
«Insomma, il Festival sta andando bene. Però sembra che ai giornali dispiaccia. Leggo articoli traboccanti di critiche e mi metto nei panni del lettore: non mi spiegano perché mi piace».
La cronaca è una cosa e la critica un’altra.
«Ma il Festival è una festa. Mi sembra che troppi di voi la prendano, e si prendano, troppo sul serio. La serietà è giusta, la seriosità no».
Il pubblico non ha sempre ragione. Al debutto, fischiò La traviata e i Sei personaggi in cerca d’autore.
«Un giornale ha scritto: Sanremo dilaga anche se delude. Ma delude chi? Il pubblico no di certo».
Insomma, è arrabbiato.
«Mi ha irritato essere definito da un giornale ”un bravo giovane”».
Quel giornale è il nostro, la definizione è della sua amica donna Assunta Almirante e non è offensiva.
«Però io ho 35 anni di professione alle spalle e la definizione di ”bravo giovane” la trovo sgarbata».
un signore permaloso.
«Permalosissimo, lo ammetto».
Parliamo di Sanremo, se permette. Quanto costa alla Rai?
«Come l’anno scorso. Vietato sforare».
L’anno scorso, quanto?
«Un po’ meno di 20 milioni di euro».
vero che a Cassano avete dato 140 mila euro?
«Più o meno, sì».
La canzone che le piace di più?
«Quella di Povia. poetica. Vorrei che fosse ascoltata, non strumentalizzata».
E poi?
«Arisa, fresca e divertente».
E con un certo sentore Anni Quaranta...
«Beh, sì. Il Trio Marinetti potrebbe chiamarsi così anche come omaggio al futurismo».
A proposito: Farefuturo, il pensatoio finiano, giubila per l’eliminazione dell’imbarazzante, cito, «destra nazional-monarco-trombonesca» di Pupo e del giovin Savoia.
«Ma la storia d’Italia non si fa a Sanremo. Ripeto: non prendiamolo troppo sul serio. Sono solo canzonette».
Ieri, sempre sul nostro triste foglio, due dei suoi autori deploravano la decisione di non far esibire Morgan.
«Per me il rispetto del codice etico della Rai è più importante di tre punti di share».
Conferma di voler rifare Canzonissima?
«Sì. Con Gianni Morandi».
un sogno o un progetto?
«Un progetto cui stiamo lavorando».
Perché tutti piangono e rimpiangono la vecchia Rai bernabeiana-diccì?
«Intanto Antonello Falqui sarebbe diventato Falqui anche senza la Dc. E poi credo che oggi nel Paese ci sia voglia di serenità e tranquillità, di un intrattenimento garbato, rassicurante».
Come la Clerici a Sanremo.
«Esatto».
Quanti dipendenti ha la Rai?
«Non lo so».
Comunque molti: i programmi non potrebbe farseli in casa, invece di appaltarli ai Presta & Co?
«Costerebbero di più. E poi non li appaltiamo: li facciamo insieme. E con molta passione».
Quale trasmissione vorrebbe prendere a Mediaset?
«Io canto. Ma lo riprenderei: era nostra, ce l’hanno clonata».
Chi è il miglior uomo di televisione italiano?
«Enrico Mentana».
Perché?
«Perché ha creato dal nulla un tiggì in grado di fare concorrenza al Tg1».
Il Tg1 è ancora il più autorevole?
«Sicuramente è il più visto».
Un’anticipazione, per favore.
«Quest’autunno Massimo Ranieri reciterà in prima serata quattro commedie di Eduardo. Produzione Raiuno con grandi ospiti. Si inizia con Filumena Marturano».
Teatro in prima serata: e l’audience?
«E chi se ne frega».
La Stampa venerdì 19 febbraio 2010
MICHELA TAMBURRINO
E per colpa di Antonella Clerici, Marisa Laurito è rimasta in mutande. Nel vero senso della parola. Perché il vestito da sciantosa che la conduttrice sanremese ha sfoggiato nel suo improbabile can-can sul palco dell’Ariston, non è uguale a quello che da tre anni Marisa Laurito usa in teatro per il suo ”A me me piace o’ sciò”, è proprio lo stesso. Tant’è vero che lo stesso le è tornato indietro ieri sera, con infinite scuse della sartoria teatrale, evidentemente non avvezza a tale inflazione di sciantose. Per l’attrice, l’incubo di dover riassortire tutto il guardaroba dello spettacolo, comprese le mises delle coriste, qualora il costume, oggetto di tanta bramosia, non fosse tornato al mittente in tempo utile. Fortunatamente così è stato e Marisa ha potuto rispettare i suoi impegni. «Il fatto di trovarmi senza vestito, appunto in mutande, mi ha fatto sorridere e riflettere sulla crisi: Persino Sanremo risparmia sugli abiti usati in cooperativa. Per il mio spettacolo ne ho comprati la maggior parte ma questo lo ho affittato mai immaginando che potesse destare tanto interesse». Allo stesso tempo si scopre un’altarino: Laurito non indossa una taglia 42, ma è proprio questa la taglia che Clerici sostiene di portare. E se l’abito è lo stesso...
C’è da chiedersi come mai si è ricorsi all’affitto-per-un-giorno in una situazione festivaliera che pare molto Laurisizzata. Un solo indizio non fa una prova, tre fanno giurisprudenza. Lo stesso atteggiamento ”ciacione”, la stessa semplicità complice della vicina di casa più avvezza alla chiacchiera da tinello che non al birignao salottiero. In più, certi passi dello spettacolo oramai navigato dell’attrice napoletana, sono riapparsi belli belli in salsa Clerici. Laurito apre il suo spettacolo entrando in altalena e pronunciando in grandi linee le stesse frasi usate poi da antonellina. Persino la spaccata o quello che alla spaccata dovrebbe somigliare, con tanto di recupero da terra non proprio agevole, accompagnato da spiritosa esortazione, pare una voluta citazione dalla simpatica collega. Marisa Laurito sarà contentona, essere clonati significa successo.
Alla Clerici si consiglia un abbonamento alle prime teatrali con taccuino appunti compreso nel prezzo.
La Stampa sabato 20 febbraio 2010
ALESSANDRA COMAZZI (Cronaca)
SANREMO
E dunque, non soltanto Zelig si è fermato, questa settimana, e non ha fatto concorrenza al Festival di Sanremo, ma uno dei suoi personaggi più conosciuti, Giovanni Vernia, «e siamo noi», ma anche «ti stimo fratella», è piombato sul palcoscenico dell’Ariston e ha prestato i suoi bianchi occhiali a Antonella Clerici, ieri in azzurro sardina, poi in nero pantera sensuale. Prima, il dj Bob Sinclair aveva introdotto questa quarta serata, «è qui la festa», e sarà pop. E pop fu. Con finale demenziale Sinclair-Vernia.
Gli «Artisti» erano accompagnati da «special guest», ospiti speciali, altri cantanti, corali, ballerini, fantasisti, gruppi vocali, con risultati che a volte miglioravano l’esibizione singola, a volte invece le sottraevano necessaria attenzione. Alla finale di stasera arrivano in dieci, ne sono stati eliminati due, Fabrizio Moro e Enrico Ruggeri. Proclamato, pure, il vincitore tra i giovani, Tony Maiello («la sua mamma putativa è Mara Maionchi»), con Il linguaggio della resa. Lo premia il sindaco di Sanremo, nonostante la par condicio, regole infrante. Lui piange, la platea rumoreggia.
E poi sono arrivati i fischi: urla di «andate a casa» e belle bordate corpose nei confronti del trio Principe-Pupo-Tenore che cantavano l’Italia con delle novelle sorelle bandiera e proprio non andavano giù. Né alla mente né al cuore del pubblico. Aiutati dal ct della Nazionale Marcello Lippi, che si è presentato con loro, constrastato da cori «Cassano, Cassano». Vale la pena raccontare le cose per bene. Allora: Clerici sta annunciando la canzone, lui la interrompe, comincia il suo pistolotto, lei lo lascia parlare per un po’, poi pare interromperlo, il regolamento prevede che si parli e non si canti, ma «io non canto e dunque parlo», dice Lippi che farà anche vincere il Campionato del mondo di calcio agli italiani, ma non si distingue per simpatia. E pontifica appunto: «State tranquilli, non canto. Con un titolo come questo, Italia amore mio, non poteva non essere presente il ct della nazionale di calcio. Questa è una canzone che si rivolge al cuore degli italiani che lavorano all’estero con grandi sacrifici». E’ a questo punto che la Blonde lo interrompe, ma a questo punto il comizio è bello che fatto. C’è ancora modo, per lui di chiudere: «L’amore degli italiani noi quattro anni fa l’abbiamo conquistato e ci auguriamo di conquistarlo tra 5 mesi in Sudafrica». Strano se nessuno degli altri concorrenti, tutti rigorosamente muti, abbia protestato, protesti o protesterà.
Ogni volta, a seconda degli ospiti, c’è il palcoscenico da preparare, a volte serve qualche minuto. Allora la Colombina scende a fare un giro, va da miss Italia, Maria Perrusi, che è altissima, praticamente come Mazzi. Caracolla, la Clerici, sui suoi trampoli, e conferma, anche con la gestualità, che buona parte del successo di questo Festival è dovuto proprio a lei, alla sua conduzione. Una donna che non teme di mostrare la fatica di portare i tacchi alti, ma non teme neppure di confrontarsi con altre regine, come la Rania di Giordania, o Jennifer Lopez, «l’abbiamo inseguita, l’abbiamo cercata, l’abbiamo trovata». Di JLo raccontiamo qui sotto i capricci, e anche lo spropositato cachet, speriamo che non sia vero. Una prece per i teatri cui si continuano a tagliare i fondi.
Comunque, anche l’intervista con lei è stata bella, ancora una volta molto puntata sulle qualità da persona comune della diva pop. Abbiamo anche scoperto che i due gemelli della Lopez e la figlia della Clerici sono nati a un giorno di distanza. E quindi ancora la maternità, la necessità che hanno le donne di essere questo, quello e quell’altro, sempre meglio degli uomini per essere considerate appena come loro. Ma sta cambiando il vento, parola di Festival.
La Stampa, sabato 20 febbraio 2010
LUCA DONDONI (Jennifer Lopez)
Sono come tutte le donne: a volte mi piaccio molto, a volte non mi piaccio per niente. Naturalmente cerco di curare il mio aspetto fisico e di tenermi in forma, è anche il mio lavoro. Ma penso che quello che davvero importi è quello che abbiamo dentro». Sarà: fatto sta che Jennifer Lopez, la star più costosa fra quelle che hanno calcato il palco di questo Festival, nonostante le pretese di semplicità, ha fatto dannare l’organizzazione del festival ben più di Rania di Giordania, che dopo tutto era una regina. arrivata da Los Angeles direttamente a Montecarlo dove con il suo enorme entourage, trenta persone compreso il marito Marc Anthony e il manager Benny Medina, ha prenotato un intero piano dell’hotel Metropole. Al suo arrivo miss trecentomila euro, questo pare sia il cachet, ha trovato la suite addobbata da decine di rose e orchidee bianche, asciugamani rigorosamente neri, una massaggiatrice specializzata in shiatsu, dieci bauli oltre a un intero stand di abiti arrivati appositamente dall’atelier di Dolce & Gabbana a Milano. Tra questi abiti JLo ha scelto quello che avete visto ieri in tv. A sentire i parcheggiatori dell’Hotel Royal di Sanremo, che la cantante e attrice ha scelto come base d’appoggio per la giornata, nel suo seguito c’erano tre limousine, un van a nove posti per parrucchieri e truccatori, un suv Mercedes per le guardie del corpo e tre gazzelle dei carabinieri davanti e dietro la carovana sono stati i protagonisti del traffico sanremese tirandosi dietro gli improperi dei pedoni. I capelli lunghi lisci sulle spalle, pantaloni militari, una t-shirt nera che lasciava intravedere l’ombellico, stivaletti neri con il tacco e occhiali da sole, questa la mise che la Lopez ha scelto per fare shopping saccheggiando due o tre negozi supergriffati.
Piccolo giallo. Ieri pomeriggio J. Lo era attesa in sala stampa ma non si è fatta vedere perchè troppo stanca. «Il volo da L.A. è durato 14 ore - hanno detto i suoi assistenti - e Jennifer non se l’è sentita». Una scusa che non ha retto a lungo poichè si è scoperto che l’incontro con i giornalisti era nel contratto ma il supervisore dello show Gianmarco Mazzi ha deciso diversamente: «Sono per l’assenza delle grandi star - ha detto - una stella deve apparire solo sul palco e farsi vedere poco. Ricordo di avere incontrato Michael Jackson varie volte e alla fine non mi stupivo più di quanto fosse grande il personaggio. Era diventato terreno, una persona qualsiasi».
E dire che la Clerici fa di tutto per farla sembrare «una di noi». Per dire: come si tiene in forma miss J. Lo? «Corro dietro ai miei bambini... Ma invece di far ginnastica, preferisco ballare». E’ vero che «le tue gambe e il tuo sedere sono assicurati per una cifra sostanziosa...». Sorriso malizioso: «è solo una voce che c’era in giro ma non è così...» E che tipo di mamma è? «Educo i miei figli semplicemente, come sono stata educata io da mia madre». Finalmente accompagnata dai suoi ballerini la star canta e balla No me ames, versione spagnola di Non amarmi che vinse il Festival del 1992 cantata da Aleandro Baldi e Francesca Alotta. Una simpaticona.
La Stampa, sabato 20 febbraio 2010
ALBERTO MATTIOLI (Jessica Vitelli)
Non ce l’ha fatta, battuta da Tony Maiello, il pupillo di Mara Maionchi. Ma lei ha vinto lo stesso. In fondo, è la stessa infallibile ricetta di Dickens o di De Amicis: il bambino maltrattato piace sempre. La piccola vedetta lombarda di questo Sanremo si chiama Jessica Vitelli in arte Brando, viene da Grosseto, ha 15 anni, dunque davvero «non ha l’età» come una Cinquetti in versione ispettorato del lavoro. Giovedì avrebbe dovuto cantare all’Ariston come prima dei Giovani, quest’anno ribattezzati «Nuova generazione». Ma poiché un esponente della vecchia, Riccardo Cocciante, non la finiva più con le sue lagne, il brodo festivaliero si è allungato all’inverosimile, la fatale mezzanotte è scoccata e la Cenerentola della Maremma non ha potuto esibirsi per via delle ferree leggi contro lo sfruttamento del lavoro minorile. La Rai ha fatto una bella figuraccia, ma per la giovin principiante potrebbe anche essere l’inizio della fortuna. Tanto più che ieri sera ha potuto finalmente cantare la sua canzone Dove non ci sono ore, e dal vivo.
Il suo è stato il primo «caso» di un Festival che finora ne era rimasto desolatamente privo. Accompagnata dai genitori, mamma cassiera al supermercato, papà istruttore in palestra (la famiglia è completata da un fratellastro e da una sorellastra, giusto per restare a Cenerentola), Jessica si dimostra singolarmente giudiziosa: fa la quinta ginnasio, in pagella ha otto in greco («sia allo scritto che all’orale») e nessuna insufficienza, un futuro da medico e una passione per il canto, dopo un iniziale innamoramento per la danza frequentando la scuola romana del defilippide Kledi. Le sue voci preferite sono Ella Fitzgerald e Sinatra, e va bene. Ma al Festival? «La prima sera mi sono addormentata davanti alla tivù». Però qualcuno ti piacerà... «Scanu, Mengoni e Noemi». Insomma i reality colpiscono ancora, però lei non ne farebbe mai uno «perché sono troppo timida». Timida, ma non sciocca. Del fatto che sia più saggia di certi adulti c’è una conferma. Il direttore artistico del Festival, Gianmarco Mazzi, commentando il triste caso dell’esibizione negata, aveva fatto sapere che prima di Sanremo la ragazza «aveva dovuto superare grossi guai» e il tam-tam della sala stampa aveva subito specificato: di salute. A domanda, lei risponde: «Sì, ho avuto dei problemi» e stop. Brava.
E veniamo al fattaccio. I ricordi sono confusi, «ero emozionatissima. Sono arrivata all’Ariston alle 22. Mi avevano detto che avrei cantato alle 23,40. Passo da trucco e parrucco e metto il vestito Dolce & Gabbana che mi piace tanto. Sono dietro le quinte con la mamma e sento la mia canzone. Mi dico: oddio, sono in ritardo. E invece stavano trasmettendo una prova registrata». Sì, ma chi le ha dato la notizia? «Non lo so. Un signore che passava di lì, credo un tecnico. Sei troppo giovane, non puoi cantare: me l’ha detto così». E tu cos’hai pensato? «Beh, che potevano anche dirmelo prima. Ma ero troppo emozionata per arrabbiarmi davvero». E poi? «Poi sono andata in camerino e ho visto quel che succedeva in televisione. Sempre dalla tivù ho saputo che avevo passato il turno. Bene, mi ha fatto piacere, ma soprattutto perché così stasera (ieri per chi legge, ndr) canterò. Perché io voglio cantare, can-ta-re».
Insomma, la ragazza ha dei buoni nervi. E probabilmente un ottimo futuro. Ha già fatto un’ospitata da Bonolis al Senso della vita («Meglio Bonolis o la Clerici? Beh, Bonolis è simpatico e divertente, la Clerici più tranquilla»). Ha cantato davanti al Papa e a 40 mila pellegrini in piazza San Pietro («Come mai? Mah, non so, mi hanno scelto»). E a giugno uscirà da Mondadori un libro «che racconta la mia crescita artistica». Oddio, una biografia su un musicista quindicenne sarebbe stata eccessiva perfino per Mozart. E comunque che orecchio, Mazzi: ha detto che sono due anni che ti segue... «Davvero? Mi fa piacere, ma io prima di Sanremo non l’avevo proprio mai visto». Qualcosa ci dice che invece noi vedremo spesso lei.
La Stampa, sabato 20 febbraio 2010
GABRIELE FERRARIS (ascolti)
INVIATO A SANREMO
La prima notizia: stasera finisce. Non si sa chi lo vince, ma non è importante.
La seconda notizia: torna la prolissità dei tempi di Baudo. La terza serata del Festival (buoni gli ascolti, oltre 10 milioni, e lo share, 46 per cento) deborda ben oltre la mezzanotte, e a quell’ora la quindicenne Jessica Brando non può esibirsi: lo vieta la legge sul lavoro dei minori. Ma le basta un video per essere promossa dal televoto emotivo di un paese senza più figli né regole da rispettare.
Leggendo le precedenti pagine di questo giornale, vi sarete certo imbattuti in ben altri motivi d’indignazione, se un briciolo d’indignazione v’è rimasto. Dunque il vostro cronista quasi s’imbarazza a riferirvi queste piccole storie ignobili e sempre uguali. Ma il dovere non è mai vergogna. E il dovere del cronista è porre domande.
Domanda numero uno. Esiste ancora una legalità al Festival?
Dopo l’incredibile e protervo fervorino di Lippi, ieri sera prima dell’esibizione di Pupo & Savoia, la risposta è definitivamente no. Sono stati violati, con la benevola tolleranza della Clerici e della Rai, ogni articolo del regolamento del Festival, e ogni norma del fair play, e del buon gusto. Mai come ieri Sanremo è stato lo specchio dell’Italia.
Domanda numero due. Giovedì notte l’intervento di Cocciante tracima in un marchettone per il musical «Giulietta e Romeo». Mezz’ora. Non potevano tagliarlo, evitando di stressare i telespettatori e di far saltare l’esibizione della povera Jessica?
Gianmarco Mazzi, direttore artistico del Festival, dice che Cocciante ha fatto impennare gli ascolti.
Il sito ufficiale di «Giulietta e Romeo» www.giuliettaromeo.it dice che gli organizzatori del musical sono la società Friends&Partners e Gianmarco Mazzi.
Scusate: dev’essere Mazzi l’unico cretino in Italia che si fa un problema per il conflitto d’interessi?
Domanda numero tre. Il voto degli orchestrali del Festival pesa per il 50 per cento sui risultati. Gli orchestrali sono pagati dalla Rai: non potrebbero subirne pressioni per avvantaggiare questo o quel cantante - o sedicente tale? La Rai precisa che, per trasparenza, gli orchestrali devono dichiarare per iscritto di non avere conflitti d’interesse - cioè di non suonare abitualmente per qualcuno dei cantanti in gara. Non era questo il problema, ma questa è la risposta.
E poi scusate: devono essere gli orchestrali gli unici cretini in Italia che si fanno un problema per il conflitto d’interessi?
Domanda numero quattro. Dice Mazzi, a proposito della minorenne Brando: «Quando ho visto che le lancette andavano avanti e la mezzanotte era ormai vicina, già mi stavo preoccupando di come permettere a Jessica di esibirsi comunque all’Ariston. Poi per fortuna è finita com’è finita, il televoto l’ha premiata...». Per fortuna? Il capostruttura di Raiuno Antonio Azzalini sembrava saperlo fin da subito, come sarebbe finita: l’altra notte, appena esploso il caso-Jessica, e mentre ancora cantavano gli altri giovani in gara, in sala stampa gridava: «Avrete una sorpresa dal televoto!». Sorpresa dopo sorpresa, la stessa Brando ieri s’è esibita per prima: posizione di alta visibilità, e ottenuta, garantisce Mazzi, per casuale sorteggio, e non per risarcimento.
Scusate: a Raiuno sono tutti fortunati, o tutti veggenti?
E domanda finale: ma che paese è questo che coinvolge una ragazzina di quindici anni (quindici anni!) in una così sconcia vicenda? Stupisce in tale contesto che Mazzi rivolga una reprimenda (accorata) ai cantautori italiani che hanno respinto i suoi inviti al Festival: «Peccato che non siate venuti». Dissentiamo. Hanno fatto benissimo. Questo non è un paese per galantuomini.
Sabato 20 febbraio 2010
MARINELLA VENEGONI
Se fosse un Festival di Sanremo «normale», non ci sarebbero dubbi: Malika Ayane potrebbe mettere insieme il gradimento dell’Orchestra e dei televotanti, inclita e popolo dei nostri giorni. Sarebbe un pronostico ragionevole e non azzardato, che tiene conto - per la sua canzone - di quel raro equilibrio di cantabilità e qualità con cui (talvolta) il Festival ha saputo fare i conti. Ma Sanremo «normale» non è più, dall’anno scorso quando Marco Carta ha sbaragliato chiunque: sorprendendo con la forza non certo di una canzone (moscia) ma della popolarità televisiva arrivata da Amici, che lo ha fatto votare, per l’80 %, da persone fra i 12 e i 20 anni. E dunque, tocca scorrere l’elenco dei 15 gareggianti con un occhio diverso, che non tenga conto dei tradizionali criteri con i quali si ragionava sui pronostici sanremesi. Bei tempi, quando un mese prima ascoltavi le canzoni del Sanremone e riuscivi subito a capire almeno la terna dei favoriti, e spesso indovinavi pure il vincitore. Ora non può più essere così. A decretare la star di quest’assurda kermesse sulla Riviera dei Fiori, è per il 50 % l’Orchestra (dunque prevarrà un criterio di qualità musicale) e per il 50 % il televoto (dove conta la popolarità): ma poi, sui primi tre la regola prevede che si abbatta un televoto finale purissimo.
Chi ne uscirà vivo? Se Malika Ayane fosse stasera in una terna e scattasse il televoto, molto probabilmente non uscirebbe incoronata: troppo chic, per come va oggi il mondo dei televotanti. Più probabilità avranno di certo i ragazzi usciti dai talent show: Valerio Scanu da Amici, Marco Mengoni da X-Factor e in ultima istanza Noemi, che miracolosamente ha messo insieme una breve militanza televisiva in X-Factor con un percorso autonomo successivo di studio, come Per tutta la vita lascia capire: chissà che non le serva, sta sera. Ma è volto tv pure Ruggeri, anche se mi pare fuori da ogni possibile rosa ristretta; e sono volti tv Pupo e il Principe, non a caso ripescati dal televoto dopo esser stati sbattuti fuori da una giuria demoscopica: e che ieri sera, tra l’altro, hanno giocato sporco, uscendo dalle regole del Festival con il lungo pistolotto di Marcello Lippi che ha preceduto la performancee.
Dunque bisogna forse cercare il vincitore in questo mazzolin di nomi. In pratica, c’è una contesa fra Amici, X-Factor e Raiuno: com’è giusto in fondo che sia, in un Festival che è ormai solamente un format, in un mondo che vive in funzione della tv, in un paese guidato da un mogul della tv. Valerio Scanu ha una canzone appena sufficiente ma intimista e cantabile, e buona voce senza lode; gli gioca contro la mancanza di carisma, l’aria dimessa che forse vorrà dire solo paura dell’enorme ambaradan. In quanto a Mengoni, è l’esatto contrario di Scanu: la sua personalità eccessiva, fuori dalle righe e anche dal buon senso, domina una voce duttile ma in un brano di nessuna cantabilità (ora, anche fra i big, Sanremo deve fare la balia). E comunque, c’è quasi da scommettere che nella terna dei probabili vincitori finirà per entrare Pupo, alla faccia dei 4 e dei 2 che si è preso dalla critica. Ormai, il senso dell’eleganza, l’educazione alla musica, sono fatti remoti (intanto, abbiamo avuto ieri il primo premio della Critica, per i Giovani, alla quasi torinese Nina Zilli. In bocca al lupo, la strada è lunga).