Varie, Luca D’Ammando, 20 febbraio 2010
PASSIONE RUGBY, PER VOCE ARANCIO
«Il rugby è una buona occasione per tenere lontani trenta energumeni dal centro della città» (Oscar Wilde).
Sabato scorso è iniziato il Sei Nazioni 2010, il torneo internazionale di rugby più importante. Partecipano Italia Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda e Francia. Gli azzurri hanno perso per 29-11 la sfida inaugurale in casa dell’Irlanda campione in carica.
Al 1883 risale l’Home Nations Championship, il torneo dei quattro Paesi britannici, il più antico. Nel 1910 si aggiunse la Francia e nel 2000 l’Italia.
L’indotto economico del Sei Nazioni è calcolato in circa 500 milioni di euro ogni anno. Solo la sponsorizzazione ne vale 70.
Il giro d’affari complessivo per le città che ospitano le partite del torneo (Londra, Parigi, Cardiff, Edimburgo, Dublino e Roma) è di 300 milioni di euro.
«Per qualcuno è come quando due adolescenti parlano di sesso: fingono di sapere già tutto. Ci si vergogna a dire di non conoscere le regole. C’è, per esempio, chi scambia il fango per l’apice della sofferenza: invece il fango è la benedizione per chi gioca perché attutisce le cadute» (la moda del rugby secondo Marco Paolini).
Le regole essenziali del rugby spiegate da Marco Pastonesi e Enrico Pessina in Il popolo del rugby: « uno sport semplice. Basta un rettangolo verde, un pallone ovale e qualcosa che delimiti le linee di meta. Poi, come diceva un tecnico d’altri tempi: ”Capa sotto e menà!”. Un giocatore (15 per squadra) può: prendere il pallone e correre, calciare, passare (solo indietro), placcare, tenere o spingere l’avversario, partecipare alla touche (rimessa laterale), alla mischia organizzata, alla ruck (mischia aperta con la palla a terra), alla maul (mischia spontanea con il pallone conteso dai giocatori in piedi), segnare una meta schiacciando la palla oltre la linea, tirare un calcio di rimbalzo (drop), un piazzato o una trasformazione in mezzo ai pali della porta (che è a forma di H)».
«E poi c’è quella regola meravigliosa del passaggio indietro... Mi ha fatto sempre riflettere: per vincere non serve spingere avanti a tutti i costi, ma ogni tanto devi fermarti, tornare indietro, cercare collaborazione per poi ripartire» (Tiziano Ferro, grande appassionato di rugby).
In Italia i tesserati del rugby nel 2000 erano 30.815, nel 2009 sono arrivatai a 65.059. Gli under 10 sono 6.012, 10.590 gli under 14. I club in Italia oggi sono 846, per un giro d’affari annuale di circa 90 milioni di euro. Conti alla mano, il rugby è oggi il secondo sport in Italia, dopo il calcio: il bilancio della Fir (Federazione italiana rugby) nel 2009 è stato di 34 milioni di euro, dieci anni prima era di otto milioni.
L’iscrizione annuale a un club di rugby a livello agonistico può costare dagli 80 euro (ad esempio Marco Polo R.F.C. di Brescia) a 480 (ad esempio l’Unione Rugby Capitolina di Roma). Quasi sempre nella quota d’iscrizione sono compresi l’attrezzatura e i capi d’abbigliamento. L’assicurazione è garantita dalla Federazione italiana rugby, in alcuni casi è richiesta un’assicurazione aggiuntiva per i danni minori.
Per il minirugby, la versione del rugby per bambini e ragazzi dai 6 ai 15 anni, i club privati hanno costi che vanno mediamente dai 250 ai 550 euro all’anno (ad esempio Romanamare Rugby fa pagare 365 euro da settembre a giugno, 265 iscrivendosi a febbraio). Generalmente l’attrezzatura è compresa, tranne gli scarpini. Ci sono i corsi organizzati dalle scuole, gratuiti ad eccezione dell’attrezzatura e dei costi per le trasferte. Per trovare tutte le informazioni sulle scuole di minirugby in Italia è www.minirugby.it
L’Amatori, società storica milanese, come moltre altre società, offre lezioni di prova gratuite per i giovanissimi dai sei anni in su.
«Le mamme non sanno bene cos’è il rugby. Pensano sia un luogo. Lontano. Il figlio va al rugby, come va al mare o al campeggio. Il problema è che poi torna dal rugby, ma non come tornerebbe dal mare o dal campeggio. Uscito pulito, stirato, bello e biondo, torna scapigliato con le ginocchia sbucciate e con striature di fango misto nei posti più impensati. Ma la vera tragedia è la borsa. Uscita al seguito del figlio bella, pulita, piena di magliette odorose di bucato, pantaloncini con la riga e confezioni famiglia di bagnoschiuma al pino silvestre, torna senza cerniera, con manici sulle ventitré, irriconoscibile all’olfatto anche per il commissario Rex» (Pastonesi e Pessina).
I prezzi dei biglietti per le due partite del Sei Nazioni dell’Italia allo stadio Flaminio di Roma (contro l’Inghilterra il 14/2 e contro la Scozia il 27/2) vanno da 32 a 90 euro e si possono comprare online su www.listicket.it
80.018: gli spettatori che il 14 novembre 2009 hanno assistito a Italia-Nuova Zelanda allo stadio di San Siro a Milano. il record italiano di presenze e di incasso per una partita di rugby: 2,588 milioni di euro.
Nonostante la passione degli italiani per la Nazionale, rimane molto bassa la media di spettatori del Super10, la lega delle dieci squadre più forti in Italia: 1.521 a partita nella stagione 2008/2009. In confronto la Lega A1 di Volley ha fatto registrare 2.544 spettatori e la Lega A1 di basket 3.862.
In Inghilterra quest’anno le partite del Sei Nazioni sono trasmesse in diretta in 3D in più di quaranta cinema. Prezzo del biglietto: 12,50 sterline.
6,5 milioni di euro: la cifra pagata da La7 per assicurarsi i diritti di trasmissione in chiaro delle edizioni 2005-2009. 13 milioni di euro: la cifra pagata nel 2009 da Sky per avere l’esclusiva di trasmissione in Italia dal 2010 al 2013.
La squadra più pesante al Sei Nazioni è quella irlandese, 49 giocatori: in tutto più di cinque tonnellate. La più leggera è quella italiana: composta da 30 giocatori, pesa quasi tre tonnellate. In tutto, il Sei Nazioni pesa più di 24 tonnellate, quanto una balenottera. Il giocatore più pesante è E. Lewis-Roberts, gallese, 132 chili (come un cucciolo di elefante); il più leggero è Peter Stringer, irlandese, 71 chili.
Il cucchiaio di legno, cioè il riconoscimento destinato a chi perde tutte le partite del torneo, in realtà non esiste. L’Italia se l’è aggiudicato nel 2009. L’origine è ignota, la più accreditata è legata all’università di Cambridge, dove gli studenti assegnavano il cucchiaio di legno a chi avesse ottenuto il voto più basso.
Un buon sito dove trovare attrezzatura a prezzi scontati è Rugbylist.it. Gli appassionati che vogliono comprare online maglie, cappellini e gli altri capi d’abbigliamento delle nazionali del Sei Nazioni possono andare su www.sixnationssupporters.eu. Per rimanere in Italia il più grande rugby store, anche online, è Rugby Sport, si trova a Roma in via Moricone 8 (www.rugbysport.com).
Secondo una ricerca Acciari Consulting-Censis sul marketing spotivo 2009, lo sport che attira maggiormente sponsor e pubblicità è il rugby, in crescita da questo punto di vista da ormai sei anni. I partner commerciali della Nazionale oggi sono 49, nel 2000 erano cinque.
«Di rugby non so nulla. So soltanto che in campo si possono fare cose che, fuori, frutterebbero quaranta giorni di galera» (lo scrittore inglese P.G. Wodehouse).
La settimana tipo dei fratelli Mauro e Mirco Bergamasco: «Sabato partita; domenica riposo o torni dalla trasferta; lunedì vedi la partita precedente, fai palestra e allenamento in campo; martedì palestra, tecnica individuale, allenamento duro, visione della rivale successiva; mercoledì riposo; giovedì studio della squadra avversaria; venerdì seduta e poi partenza o pomeriggio libero».
Gli All Blacks, la nazionale della Nuova Zelanda, uno dei cinque marchi sportivi più conosciuti del mondo con la Ferrari, il Real Madrid, il Manchester Utd e i New York Yankees. Ha vinto il 74,13% degli incontri ufficiali disputati. Nessuna nazionale al mondo ha un bilancio positivo negli scontri diretti contro di loro. L’Adidas nel 2002 ha sborsato 200 milioni di dollari neozelandesi (112 milioni di euro) per assicurarsi l’esclusiva di sponsor ufficiale del team neozelandese fino al 2011.
L’haka, la danza rituale con cui si apre ogni partita di rugby degli All Blacks, è proprietà intellettuale dei Maori, che nel febbraio 2009 hanno ottenuto il riconoscimento legale e dovranno essere risarciti con 300 milioni di dollari neozelandesi (circa 121 milioni di euro). Il risarcimento verrà diviso da circa dodicimila neozelandesi maori: la metà sarà in contanti, il resto lo prenderanno sotto forma di contratti di affitto forestali e crediti.
«Io sono neozelandese, vivo in Italia, alleno in Giappone. Se dico a un giapponese di correre contro un muro, lui lo fa. Se lo dico a un neozelandese, cerca un modo di evitarlo. Se lo dico a un italiano, mi dà dello scemo» (John Kirwan, allenatore della nazionale di rugby giapponese).
«Se penso al rugby, penso a quando si era ragazzetti e si guardava la Domenica Sportiva, ultima serale propaggine di felicità prima della mannaia del lunedì mattina. Tu stavi lì, davanti al televisore, e per un’oretta buona te la cavavi ancora. Poi, inesorabilmente, si arrivava al fondo del barile e comparivano sullo schermo i risultati del rugby: lì capivi che era finita. Lì iniziava tutta la miseria del lunedì e non c’era più niente da fare» (Alessandro Baricco).