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 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

IL CASO DUBAI SCUOTE ISRAELE - GERUSALEMME

Il mistero dei passaporti britannici adoperati dagli assassini di Dubai ha mandato su tutte le furie il premier, Gordon Brown. «Il passaporto inglese è un documento che va tenuto in modo appropriato», ha detto Brown, annunciando un’inchiesta approfondita per chiarire come mai sei degli undici componenti la squadra della morte che il 19 Gennaio, in un albergo del piccolo emirato, ha ucciso Mahmud Mabhuh, uno dei capi militari del movimento islamico Hamas, fossero in possesso di passaporti britannici debitamente contraffatti.

Pur evitando di chiamare direttamente in causa il Mossad, il potente servizio segreto israeliano, da molti sospettato di essere dietro alla eliminazione di Mabhuh, un’operazione complessae temeraria al tempo stesso, Brown non ha potuto evitare le grida di protesta dell’opposizione. Fra le quali spiccava quella dell’ex capo del partito liberal-democratico, Menzies Campbell, che ha chiesto la convocazione, per chiarimenti, dell’ambasciatore israeliano, se Israele ha effettivamente avuto una parte importante nell’affare di Dubai. Perché, ha aggiunto Campbell, «sarebbe uno scandalo se dei titolari di passaporti britannici sono stati messi in pericolo».

Ancor prima che la vera identità degli assassini sia stabilita, il delitto di Dubai rischia, dunque, di provocare serie ripercussioni internazionali. La chiave del giallo sembrerebbe nascosta nei documenti d’identità esibiti dagli undici componenti del commando al momento di sbarcare all’aeroporto di Dubai, l’unica traccia, per così dire, concreta, lasciata dalla "squadra" prima di dileguarsi. Sei passaporti britannici, tre irlandesi, uno tedesco e uno francese.

Ora, di questi undici passaporti, fra cinque e sette erano intestati a cittadini israeliani muniti di doppia cittadinanza. Cinque apparterrebbero ad altrettanti inglesi-israeliani, uno ad un americano-israeliano, il settimo non è chiaro. Tutte persone che una bella mattina si sono svegliate e hanno visto sui giornali israeliani i propri nomi nella lista dei presunti assassini resa nota dalla polizia di Dubai, ma sotto ad una foto che non era la loro. E naturalmente a Dubai non avevano mai messo piede. Un furto d’identità bello e buono per rendere i falsi passaporti ancora più credibili.

Ora, è possibile che gli specialisti del Mossad siano stati così sprovveduti da adoperare la vera identità di sei, o sette cittadini israeliani, ancorché muniti di doppia cittadinanza? E se non è stato il Mossad, quale altra organizzazione può avere i mezzi e l’esperienza per penetrare gli archivi anagrafici inglesi ed estrarre da essi le vere identità di cui aveva bisogno facendo cadere in questo modo i sospetti su Israele? Il solo fatto che il "giallo" sia finito sulle prime pagine dei giornali ha spinto ieri alcuni editorialisti israeliani a chiedere le dimissioni del capo del Mossad, Meir Dagan, che nei sette anni trascorsi a capo del servizio segreto si è guadagnato gli elogi di tutti i governi dello Stato ebraico e persino del giornale egiziano Al Haram. Insomma, c’entri o no nel delitto di Dubai, il fatto che i sospetti si concentrino sul Mossad viene considerato un fallimento del Mossad medesimo.