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 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

LA TARGA A ZURIGO PAGINA DEL RISORGIMENTO

La Neue Zürcher Zeitung ha pubblicato un articolo intitolato «Che cosa sarebbe l’Italia senza Zurigo», in cui si parla di una targa (peraltro mal custodita e difficile da leggere) esistente al municipio della città, in memoria della «Pace di Zurigo», firmata qui il 10 novembre 1859, 150 anni fa, a conclusione della la guerra fra l’Austria e il Regno di Sardegna alleato con la Francia. Fu un trattato importante per la nascita dell’Italia moderna perché permetteva l’unione fra il regno di Sardegna-Piemonte e la Lombardia. La Nzz osserva che nessuno dell’Italia si è mosso per celebrare questo anniversario e si domanda se l’Italia vuole espressamente dimenticare di parlare della «Pace di Zurigo», in un momento in cui Tremonti fa la guerra alla Svizzera per il segreto bancario. Può lei dare più ampie informazioni su questo episodio storico?
Paul Mikes
pamikes@yahoo.com
Caro Mikes, non ho letto l’articolo apparso sul maggiore quotidiano svizzero ma al suo autore, se il senso è quello da lei riassunto, risponderei anzitutto che la Svizzera fu soltanto ospite del negoziato e, in secondo luogo, che quel trattato non è mai stato considerato, nella storia del Risorgimento, un evento degno di essere celebrato e festeggiato. I trattati di pace furono stipulati tra Francia e Austria, con una marginale partecipazione del Regno di Sardegna, dopo l’armistizio con cui Napoleone III e l’imperatore Francesco Giuseppe si erano accordati a Villafranca per l’interruzione delle ostilità. Napoleone non voleva un grande Stato italiano a sud delle Alpi. Il suo obiettivo era piuttosto una Confederazione italiana presieduta dal Papa di cui il Veneto avrebbe fatto parte come provincia austriaca. Colto di sorpresa, Cavour protestò, ebbe un duro scontro con Vittorio Emanuele II e rassegnò le dimissioni. Deluso e amareggiato, assistette dalle quinte a un negoziato che tradiva gli impegni assunti dalla Francia a Plombières nel luglio del 1858. A Zurigo, il 10 novembre 1859, furono firmati due trattati. Nel primo Francia e Austria s’impegnavano, come scrive Rosario Romeo nella sua biografia di Cavour, «a favorire una confederazione italiana, riservavano i diritti dei sovrani di Parma, Modena e Toscana, e dichiaravano di voler sollecitare riforme del Pontefice». Nel secondo, firmato da Austria, Francia e Regno di Sardegna, «mancavano anche queste vaghe stipulazioni, e il governo di Torino restava dunque libero da ogni impegno».
Per qualche settimana sembrò che la diplomazia avrebbe avuto il sopravvento e che il grande disegno di Cavour sarebbe rimasto incompiuto. Ma la Francia e l’Austria dovettero constatare che la questione italiana non era più nelle mani delle due maggiori potenze continentali e che la scena si era popolata di altri personaggi. Vi era l’ombra di Cavour, dimissionario, ma ancora forte e influente. Vi era Garibaldi, saldamente insediato nelle Romagne. Vi erano i patrioti toscani e modenesi che qualche mese prima, in agosto, avevano votato l’annessione al Piemonte. Vi erano i mazziniani, decisi a battersi per l’unità. Vi era l’aiuto prezioso dell’Inghilterra.
L’«esilio» politico di Cavour durò fino al 16 gennaio 1860 quando Vittorio Emanuele si vide costretto a chiamare Cavour a palazzo per affidargli l’incarico di formare il nuovo governo. Comincia da quel giorno, caro Mikes, il capitolo più decisivo dell’unificazione nazionale. questa la data che dovremmo festeggiare, non quella della pace di Zurigo.
Sergio Romano