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 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

L’UOMO CHE INTUI’ IL POTERE DELLA TELEVISIONE

Il dato più evidente e rilevante del ruolo esercitato dalla Lavazza nella storia industriale di Torino è senza dubbio la scommessa sulla televisione. Negli anni del boom, con l’espansione del mercato, l’azienda torinese del caffè investe in misura massiccia nella comunicazione pubblicitaria. Già il fondatore Luigi Lavazza (di Murisengo nel Monferrato), che nel 1894 compra una piccola drogheria nel centro di Torino, per avviare la produzione di un caffè il cui segreto è la miscela, aveva investito in campagne di figurine che oggi sono diventate da collezione.
Ma la rivoluzione avviene nel secondo dopoguerra, quando la Lavazza diventa il miglior cliente del neonato studio grafico di Armando Testa, dal quale escono Caballero, Carmencita e Cafè Paulista («amigos che profumo»), popolari icone del popolare Carosello. Per arrivare negli anni settanta e ottanta a Nino Manfredi: «Più lo mandi giù e più ti tira su» e «Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?». Infine dal 1995 cieli azzurri, soffici nuvole, vesti candide, cordialità e umorismo: è il Paradiso Lavazza, allora inaugurato da Tullio Solenghi e Riccardo Garrone, oggi affidato a Paolo Bonolis e Luca Laurenti. Quindici anni di spot televisivi della medesima serie sono un record. Un caso unico. Si tratta della pubblicità più ricordata dai telespettatori italiani.
Se questa è la scelta che, promuovendo politiche commerciali e distributive, garantisce visibilità alla ditta e la fa crescere come industria, non bisogna tuttavia dimenticare rivoluzioni che invece riguardano direttamente il prodotto. Negli Anni Cinquanta, così densi di novità soprattutto nei consumi domestici ­ basta pensare al frigorifero e alla lavatrice ­ la Lavazza è la prima azienda del settore a inventare e distribuire il caffè in pacchetti sotto vuoto, un vero salto nel consumo e soprattutto nella conservazione del prodotto. Negli anni novanta altra svolta: la classica alternativa tra caffè al bar o caffè a casa viene sostituita da quella tra caffè con la moka o caffè con la cialda, sviluppando una filiera tra produttore di caffè e produttori di tecnologia, con un fenomeno di forte fidelizzazione del consumatore.
Non basta, perché l’azienda è anche protagonista di un programma di internazionalizzazione: esporta in circa novanta paesi, ma soprattutto ha investito in attività manifatturiera sia in India sia in Brasile (con duemila dipendenti nella prima, trecento dipendenti nel secondo, su un totale di quattromila). Secondo Paolo Corradini, direttore delle Relazioni istituzionali, una chiave della leadership esercitata dall’azienda nel mercato del caffè è proprio il passaggio, in paesi stranieri, da ditta esportatrice a ditta produttrice. Per queste caratteristiche, la Lavazza fa parte di un piccolo nucleo di aziende di Torino, in genere di un solido capitalismo familiare, che nei decenni della company town e del dominio dell’automobile rappresentavano uno sviluppo alternativo, basato in particolare sul connubio industria, arte, comunicazione.
Il riferimento era l’Olivetti, ma si pensi anche alla Ferrero.
Alberto Papuzzi