Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

Mayawati Kumari

• Delhi (India) 15 gennaio 1956. Politico. Premier dell’Uttar Pradesh, il più popoloso stato del subcontinente • «[...] ex insegnante, figlia di un funzionario delle poste e di una casalinga [...] Se il suo Bahujan Sanaj Party (Bsp) era stato fondato nel 1984 da Kanshi Ram come partito degli ultimi della scala sociale (gli “intoccabili” sono il 16% degli indiani), lei, la “regina dei dalit” come viene chiamata, si ripropone in realtà come “leader arcobaleno” capace di aggregare anche le caste superiori. [...] L’ascesa politica [...] parte da lontano: ha seguito la nascita del partito come braccio destro di Mishra, con cui ha convissuto per circa vent’anni, senza sposarsi mai. “Mayawati è stata premiata per la sua abilità nel combinare gruppi sociali diversi in modo sorprendente e originale, ha saputo usare le sue origini per catturare l’immaginario delle persone e proporsi come leader di chiunque aspiri al riscatto”, dai poveri delle caste superiori alle minoranze, come i cristiani, spiega [...] l’economista e sociologa indiana Jayati Ghosh. Tant’è che sono pochi i dalit che si sentono traditi dalle “alleanze strategiche” di Mayawati. Certo alcuni lamentano che non abbia combinato molto nell’Uttar Pradesh a parte sperperare ingenti somme di denaro pubblico (di uno Stato poverissimo) per alimentare il culto della sua personalità, facendo erigere imponenti statue che raffigurano se stessa, gli eroi dalit come il padre della Costituzione indiana, Ambedkar. A gettare ombra sulla sua figura ci sono numerose inchieste che la vedono indagata per corruzione [...] Nel 2007 la “paladina degli oppressi” ha guadagnato 300 mila rupie (oltre 9 milioni di euro), il 19esimo reddito più alto in India: una fortuna smisurata rispetto al suo stipendio di servitrice dello Stato. “Memorabili le sue sfarzose feste di compleanno — racconta Rakesh Sharma, giornalista free lance indiano —. I ‘suoi’ sono stati accusati di chiedere agli invitati ingenti donazioni forzate”» (Alessandra Muglia, “Corriere della Sera” 17/4/2009) • «La vendicatrice degli oppressi [...] cresciuta con otto fratelli in una squallida baraccopoli di Delhi, temprata dalla miseria, dalle umiliazioni e dal disprezzo delle caste superiori verso la sua gente [...] usa un solo nome come spesso si usa nelle caste inferiori. È stata definita “una Obama indiana”. Di certo è una outsider che ha dovuto superare ostacoli spaventosi. I suoi nonni vivevano in una sorta di apartheid, confinati ai margini del loro villaggio: nell’India rurale ancora oggi si riserva agli intoccabili la pulizia delle latrine, gli è vietato l´ingresso nei templi; un ragazzo Dalit che osi corteggiare una giovane di casta superiore può morire linciato. La mamma di Mayawati era analfabeta. Suo padre trovò un modesto impiego statale solo grazie al sistema delle quote, una specie di “affirmative action” che riserva alle caste inferiori una percentuale delle assunzioni pubbliche. Eppure lei è riuscita a dare la scalata al potere politico nell’Uttar Pradesh, uno Stato di 190 milioni di abitanti (se fosse indipendente sarebbe la sesta nazione del mondo), che l’ha rieletta primo ministro per quattro volte consecutive. L’Uttar Pradesh, ai confini di Delhi nell’India settentrionale, era il feudo elettorale della dinastia Gandhi, una roccaforte del partito del Congresso. Poi fu il teatro dell’ascesa della forza rivale, il partito nazionalista Bjp. È in quel laboratorio politico che Mayawati è riuscita a emarginare i due partiti maggiori. Ha organizzato gli intoccabili e tutte le caste inferiori – che insieme rappresentano il 60% della popolazione indiana – nel suo Bsp. E [...] ha fatto il salto su scala nazionale. [...] Per cementare la sua base di consenso la Mayawati ha usato il clientelismo più sfrenato, con le assunzioni in massa di “intoccabili” nel pubblico impiego. Le opere pubbliche, la costruzione di strade e allacciamenti elettrici in 11.000 villaggi, sono state mirate per favorire le circoscrizioni elettorali fedeli e penalizzare le altre. Nonostante questo non sembra che la condizione delle caste inferiori nell’Uttar Pradesh sia migliorata rispetto al resto dell’India [...] Eppure la popolarità della Mayawati [...] ha resistito. Perfino la sua ricchezza personale le giova. I dalit ne sono fieri, proiettano su di lei i propri sogni di riscatto economico. L’India delle élite urbane storce il naso di fronte a questo fenomeno che stigmatizza come “la politica della fedeltà castale”. In realtà spesso è un comportamento più moderno e laico di quanto appaia: è un voto d’interessi e di scambio. [...]» (Federico Rampini, “la Repubblica” 14/5/2009) • «[...] Di rara bruttezza rispetto ai modelli di grazia flessuosa e schiva delle donne indiane, Mayawati porta senza imbarazzo la pelle scura tipica dei “dalit”, il corpo pesante e muscoloso, i capelli di taglio maschile. Il sorriso sicuro le dona personalità, ma è soprattutto il successo che fa perdonare la sua inconciliabilità con l’India educata, per bene, bramina di istinto, anche quando è progressista. Non sa l’inglese, non è una donna di mondo, in un comizio se ne uscì dicendo “lasceremo sulle caste alte l’impronta delle nostre scarpe”. [...] Prenderla sottogamba è impossibile: è la prima donna intoccabile presidente di uno Stato che conta. Il buon gusto non è il suo forte: ex insegnante e figlia di una famiglia povera, pensa che ricchezza e potere vadano esibiti. Organizza feste di compleanno con centinaia di torte gigantesche cui partecipano migliaia di fans e si presenta letteralmente coperta di gioielli e diamanti, come una dea Parvati in processione. Eppure i suoi elettori poverissimi vanno in visibilio e le ragazzine intoccabili di Lucknow, la capitale dello stato, portano la sciarpa azzurro cielo buttata sulla spalla sinistra, esattamente come lei. Non è nemmeno una perla di onestà, cosa peraltro rara fra i politici indiani. È sospettata di affari poco chiari nell’appalto di un complesso turistico e di una rete viabilistica intorno al “Taj Mahal” di Agra, il famoso sacrario dell’amore dedicato dall’imperatore moghul Shah Jahan alla moglie perduta. Ma allora qual è il suo segreto? L’estrema ambizione e determinazione politica. Mayawati era già stata per due brevi periodi (nel 1995 e nel 2002) presidente dello stato, ma sempre in debolissimi governi di coalizione, ostaggio del BJP ( il maggior partito della destra) che la rovesciava al primo stormir di vento [...] con il suo “Partito delle maggioranza del popolo” (BSP), la presidente ha cambiato strategia. Ha affittato tre elicotteri, uno per sé e due per i suoi luogotenenti più fedeli: al primo ha affidato l’elettorato musulmano, al secondo nientemeno che il compito di costruire l’alleanza con i bramini sul suo terreno. Ha sbaragliato tutti, ha vinto le elezioni con la maggioranza assoluta e il povero Rahul Gandhi, quarta generazione di tanta dinastia, non è neanche riuscito a conquistarsi un seggio. Lei, epica, ha commentato: “Quando le aquile decidono di volare, volano contro il vento e non con il vento” [...]» (Mariella Gramaglia, “La Stampa” 23/8/2007).