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 2010  febbraio 17 Mercoledì calendario

2 articoli - COGNATO - Ma sarà poi vero quel che assicura il proverbio milanese per cui «Cont i cognàa, l’è minga peccàa» (Con i cognati non è mica peccato)? Proprio a Milano il Cognato eccellente è entrato nell’era contemporanea, con la designazione a sindaco (1986) di Paolo Pillitteri, fratello della signora Craxi e a lungo rappresentante solitario e autorevole della categoria, poi arricchita dalla figura di Carlo Sama

2 articoli - COGNATO - Ma sarà poi vero quel che assicura il proverbio milanese per cui «Cont i cognàa, l’è minga peccàa» (Con i cognati non è mica peccato)? Proprio a Milano il Cognato eccellente è entrato nell’era contemporanea, con la designazione a sindaco (1986) di Paolo Pillitteri, fratello della signora Craxi e a lungo rappresentante solitario e autorevole della categoria, poi arricchita dalla figura di Carlo Sama. Il cognato è vantaggiosamente inappariscente: a dispetto dell’ etimologia (’nato assieme”), nessuna somiglianza di famiglia o omonimia possibile lo legano al suo mecenate. Purtroppo ha però tendenza a strafare e a confermare l’attendibilità di quegli altri proverbi che lo assimilano al cugino come figura famigliare da cui grandemente guardarsi. Oggi le mitiche politiche per la famiglia sono evocate a ogni tg dai casiniani, ma sono già in atto nella prassi. L’Italia vive la sua eterna cognazione del dolore. Stefano Bartezzaghi «HO UN COGNATO », MOTTO NAZIONALE DA SCRIVERE SULLA BANDIERA - La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: «Ho un cognato». C’è sempre un cognato di mezzo. Nei film, nei romanzi, nelle pièce teatrali, soprattutto nei traffici loschi. Prima di finire in prigione, l’imprenditore romano Diego Anemone, intercettato dai carabinieri del Ros, chiede ad Angelo Balducci: «Oddio, quanti ce ne sono di cognati?». «Quanti ce ne sono di cognati?» vale l’ormai mitica «A Fra’ che te serve?». Il cognato infatti non è più una figura parentale (il nome deriva dal latino cum natus, nato insieme, della stessa famiglia), l’acquisito; ormai è asceso a figura antropologica. Come se uno potesse avere una faccia da cognato, un comportamento da cognato, una complicità da cognato. Nel libro «Besame mucho» (Feltrinelli, 1995), Enrico Deaglio abbozza una prima fenomenologia del cognato: «In un bar dietro Porta Romana ascoltai una conversazione tra due avventori che non se ne capacitavano. Uno si lamentava: "Ma come fanno ad andargli dietro? Ma non lo vedono che è falso? Si vede subito che è falso". L’altro osservò solo: "Mi ricorda mio cognato"». E più avanti: «Il Cognato è una figura universale. quello che la famiglia non voleva, perché un elegantone, troppo profumato, con troppa parlantina. Ma la sorella faceva strepiti se non lo sposava. E adesso sono sposati, il Cognato piomba ogni tanto in casa, si siede sul divano e comincia a raccontare dei suoi progetti, di certi affari che ha per le mani, di quanto poco gli basterebbe per mettersi in società con questo e quello». Nella cultura contadina c’era un detto che suonava così: « Col cugnà l’è no pecà » (con il cognato non è peccato) a significare che in quelle famiglie numerose certe scappatelle con gli acquisiti erano tollerate. Oggi con il cognato si rischia grosso. Nella prima repubblica il cognato più famoso è stato Paolo Pillitteri, sindaco di Milano in quota Craxi. Nella seconda, c’è una sorta di moltiplicazione politica dei cognati: persino Superman Bertolaso ne ha uno. Non c’è intercettazione che non pulluli di cognati e cognate. La più agghiacciante è quella tra Francesco De Vito Piscicelli, l’imprenditore che avrebbe riso la notte del terremoto dell’ Aquila pensando agli affari che avrebbe potuto realizzare, e suo cognato. Circostanza che però l’imprenditore ha smentito, attribuendola, appunto, al cognato Pierfrancesco Gagliardi. Sta nascendo il cognatismo, malattia consortile dell’affarismo. Aldo Grasso