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 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

TREGUA ARMATA IN VATICANO


Dopo più di due settimane di silenzio dal nuovo esplodere delle polemiche, la segreteria di Stato vaticana, con un comunicato del 9 febbraio, ha troncato di netto sulle accuse che, partite mesi fa contro Dino Boffo, avevano nel frattempo sempre più alzato il bersaglio, colpendo il direttore de ’L’Osservatore Romano’, Giovanni Maria Vian, e lo stesso cardinale Tarcisio Bertone. Nel comunicato, non solo si nega che l’uno e l’altro abbiano trasmesso o accreditato le carte, poi rivelatesi false, che avevano diffamato Boffo e l’avevano costretto a dimettersi dalla direzione del quotidiano dei vescovi italiani ’Avvenire’; non solo si respinge "una campagna diffamatoria che coinvolge lo stesso romano pontefice"; ma si attesta che Benedetto XVI "rinnova piena fiducia ai suoi collaboratori".

Roma ha sentenziato, causa finita? Sì e no. Il caso Boffo ha aperto lo sguardo su una realtà di conflitti intraecclesiali che vanno oltre la meccanica dell’affaire. Conflitti non cancellati dalla smentita di pochi giorni fa. E di cui il caso Boffo è solo un capitolo, molto italiano ma alla fin fine mondiale, la cui chiave esplicativa era già ’in nuce’ nella sua puntata d’inizio. Quel giorno, il 28 di agosto, uscì su ’il Giornale’ diretto da Vittorio Feltri la prima micidiale bordata contro l’allora direttore di ’Avvenire’, accusato, sulla base di carte giudiziarie presentate come inoppugnabili, di molestie contro "la moglie dell’uomo con il quale aveva una relazione". Ma quella stessa mattina ci fu anche dell’altro: su ’la Repubblica’, il giornale leader dell’Italia laica e progressista, il ’teologo’ Vito Mancuso accusò il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone di sedersi a tavola con Erode, ovvero col premier Silvio Berlusconi, col quale in effetti aveva programmato un incontro.

Nel pomeriggio di quello stesso giorno ’L’Osservatore Romano’ mostrò subito da che parte stava. Il quotidiano della Santa Sede diretto da Giovanni Maria Vian difese a spada tratta il cardinale Bertone, in prima pagina, con un editoriale della sua commentatrice di punta, Lucetta Scaraffia. E liquidò invece con sole tre righe d’agenzia, in una pagina interna, la difesa di Boffo fatta dai vescovi. A chi gli chiedeva il perché di quel trattamento dispari, Vian rispondeva che il vero nemico della Chiesa è chi attacca Bertone "e quindi il papa", non chi se la prende con Boffo, sul quale anzi ’il Giornale’ dava prova di "esemplare misura" e di "stile anglosassone". Tre giorni dopo, mentre l’attacco a Boffo era al culmine, Vian si sbilanciò ancora di più. Non solo non difese Boffo e ’Avvenire’, ma li rimproverò di contribuire anch’essi a far danno alle supreme autorità vaticane. Lo disse al ’Corriere della Sera’ in un’intervista che, fece poi sapere, aveva "l’approvazione" del cardinale Bertone. E che cosa rappresentavano Boffo e ’Avvenire’ se non il progetto del cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana dal 1991 al 2007, quel "progetto culturale cristianamente orientato" che Vian irrise poi equiparandolo a "un’araba fenice"?

La storia proseguì con le dimissioni di Boffo. Con il cardinale Bertone che confidò a un politico amico e molto ciarliero: "Il mio più grande sbaglio è stato di mettere il cardinale Angelo Bagnasco a capo della Cei, al posto di Ruini". Con Feltri che riscontrò che le carte che accusavano Boffo di condotta immorale erano false, e ritrattò, dando la colpa all’"informatore attendibile, direi insospettabile" che gliele aveva date per vere. E ancora con Feltri che specificò che questa sua fonte era "una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente", descrivendola con particolari che facevano pensare al Vaticano, al direttore de ’L’Osservatore Romano’ e più su al suo editore, il cardinale Bertone: identificazione drasticamente smentita dal comunicato della segreteria di Stato.

L’antagonismo tra segreteria di Stato e Conferenze episcopali è un classico della storia recente della Chiesa. Appena Bertone fu nominato segretario di Stato, nel settembre 2006, non fece mistero di voler assoggettare la Cei alla sua guida. Manovrò perché il successore del cardinale Ruini fosse un vescovo di seconda fila, docile ai dettami d’oltre Tevere. Poi ripiegò su Bagnasco, e appena questo s’insediò, il 25 marzo 2007, gli scrisse nero su bianco, in una lettera pubblica, che il vero capo sarebbe stato comunque lui, Bertone, specie "per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche". La Cei si ribellò e da allora in avanti legge ogni atto di Bertone con il sospetto che celi questa sua pretesa di comando.

Anche in Vaticano l’attuale segretario di Stato è isolato. I diplomatici di lungo corso non gli perdonano di non essere uno dei loro. E infatti Bertone non è venuto dalla diplomazia, ma dalla congregazione per la dottrina della fede, dove a lui affidavano i casi più spinosi e turbolenti, dal segreto di Fatima a monsignor Emmanuel Milingo, e lui vi si prodigava con ardore indefesso, salvo poi, come avvenne nel secondo caso, vedersi scappare di nuovo il bizzarro arcivescovo africano che s’era illuso di addomesticare.

All’isolamento interno, Bertone supplisce con una esuberanza di attività esterne di ogni tipo: feste, saluti, anniversari, prolusioni, inaugurazioni, interviste. Del suo predecessore Agostino Casaroli, grande diplomatico, in carica dal 1979 al 1990, si ricordano in tutto 40 discorsi. Bertone, in poco più di tre anni, ne ha prodotti 365. E poi i viaggi. stato in Argentina, Croazia, Bielorussia, Ucraina, Armenia, Azerbaigian, Cuba, Polonia, Messico, dove ha incontrato e parlato a capi di Stato e vescovi, ambasciatori e professori, con un’agenda simile a quella dei viaggi papali. Da un anno non viaggia più all’estero e si dedica di più al governo della curia, che per statuto fa perno su di lui. Ma l’ultimo anno è stato anche il più orribile, per quantità e gravità di disastri, dal caso Williamson al caso Boffo.

L’unico fortilizio sicuro di Bertone è ’L’Osservatore Romano’, con Vian direttore. Il legame tra i due è saldissimo, scandito dalla telefonata che ogni giorno si scambiano a tarda sera. E i compiti del secondo non si limitano allo storico giornale vaticano. Bertone ha affidato a Vian anche il ruolo che all’epoca di Giovanni Paolo II era svolto da Joaquín Navarro Valls: quello di orientare da dietro le quinte la grande stampa italiana e mondiale. Vian lo fa qua e là con successo. Sul ’Corriere della Sera’ Vian è l’oracolo vaticano più consultato. La prossimità tra Vian e il ’Corriere’ è corroborata dalla sua amicizia con l’editorialista Ernesto Galli della Loggia, marito di Lucetta Scaraffia che a sua volta è grande firma de ’L’Osservatore’, e con Paolo Mieli, che da direttore nel 2005, fu uno dei più agguerriti avversari laici del cardinale Ruini, nella battaglia dei referendum sulla fecondazione assistita.

Incredibile ma vero: il più aspro momento di scontro tra ’L’Osservatore’ e ’Avvenire’, prima del caso Boffo, fu proprio un’altra grande battaglia bioetica, quella sulla vita di Eluana Englaro, tra il 2008 e il 2009. Col giornale dei vescovi italiani impegnatissimo a mantenere in vita questa giovane donna in stato vegetativo. E col giornale vaticano invece molto più taciturno, anzi, a tratti persino polemico contro gli argomenti "non abbastanza convincenti" e i toni "esaltati ed esibiti" del quotidiano di Boffo. Al di là del quale il bersaglio ultimo era di nuovo il progetto ruiniano di una Chiesa molto presente e attiva sul terreno culturale e politico, una Chiesa "meglio contestata che irrilevante".

La tentata e fallita conquista vaticana del quotidiano della Cei è dunque un capitolo di un antagonismo che vede contrapposti molto più che due giornali: due modelli del governo della Chiesa, su scala mondiale. Oltre che con la Chiesa italiana, infatti, la segreteria di Stato s’è messa in urto con altre Chiese nazionali, e non di second’ordine. Il copione e i protagonisti sono quasi sempre gli stessi: il cardinale Bertone, ’L’Osservatore’, un episcopato nazionale molto vivace, le battaglie a difesa della vita e della famiglia. Sono oggi sul piede di guerra con Roma, tra altri, i due episcopati più numerosi, quello degli Stati Uniti e quello del Brasile.

Negli Stati Uniti, a far inalberare l’ala marciante dei vescovi, presieduti dall’arcivescovo di Chicago, cardinale Francis George, fu anzitutto un editoriale de ’L’Osservatore’ che, nel valutare i primi cento giorni di Barack Obama, non solo gli diede un voto positivo, ma riconobbe al nuovo presidente un "riequilibrio a sostegno della maternità" che secondo i vescovi americani proprio non c’era stato, perché anzi era accaduto l’opposto. Un secondo elemento di conflitto fu la decisione dell’Università di Notre Dame, il più rinomato ateneo cattolico degli Usa, di conferire a Obama una laurea ad honorem. Un’ottantina di vescovi si ribellarono contro quell’onorificenza data a un leader politico le cui posizioni bioetiche erano contrarie alla dottrina della Chiesa. E prima e dopo la laurea di Notre Dame manifestarono il loro disappunto per aver visto le loro critiche quasi ignorate da ’L’Osservatore’. Altre polemiche sono scoppiate tra gli Stati Uniti e Roma a proposito della comunione negata ai politici cattolici sostenitori dell’aborto. Su questo molti vescovi americani non transigono e vedono il silenzio della segreteria di Stato e del giornale vaticano come una sconfessione nei loro confronti, oltre che una resa morale.

La volontà di intrattenere rapporti istituzionali pacifici con i poteri costituiti, di qualsiasi colore, è tipica di Bertone. In questo egli applica un canone classico della diplomazia vaticana, tradizionalmente ’realista’, anche a costo di scontrarsi con gli episcopati nazionali che spesso sono critici con i rispettivi governi. Ma gli effetti appaiono talora contraddittori. Lo scorso marzo un articolo de ’L’Osservatore Romano’ sconfessò il vescovo brasiliano di Recife per aver condannato gli autori di un doppio aborto su una madre bambina. Ma in tal modo i vescovi del Brasile si videro traditi da Roma proprio mentre stavano combattendo con il governo di Luiz Inácio Lula da Silva una difficile battaglia contro la piena liberalizzazione dell’aborto. L’autore dell’articolo, l’arcivescovo Salvatore Fisichella, l’aveva scritto su richiesta di Bertone. E così, alla protesta dei vescovi brasiliani, si sommò una ribellione dentro la pontificia accademia per la vita, di cui Fisichella è presidente. Un buon numero di accademici reclamò la sua destituzione, e alcuni fecero appello al papa, che ordinò alla congregazione per la dottrina della fede di emettere una nota di "chiarificazione", in difesa del vescovo di Recife. Ma Fisichella resterà al suo posto, e così Vian, e così Bertone, fresco di riconferma. Sul caso Boffo, Benedetto XVI ’sa’. E il passo del papa è quello della Chiesa di sempre. Lungo e paziente.