Filippo Facci, Libero 17/2/2010, 17 febbraio 2010
HANNO FATTO FUORI LA POLITICA TROPPI CIALTRONI TRA I SOSTITUTI
Nel giorno del diciottesimo anniversario dell’inchiesta Mani pulite (Mario Chiesa fu arrestato il 17 febbraio 1992) chiunque continua a parlare di «nuova Tangentopoli» straparla o più semplicemente ignora. Che poi, a voler fare i precisi, il procedimento contro «Chiesa Mario» nacque in realtà nel settembre 1991, giacché la prima richiesta di proroga delle indagini senza la quale un fascicolo, dopo sei mesi, dovrebbe essere chiuso fu infatti del marzo 1992. Nessuno comunque prevedeva quanto sarebbe successo: «Non immaginavo che dall’arresto di Chiesa potesse nascere quello che è nato», ammise nel 2000 anche il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, «ma credo che non l’immaginasse nessuno. Non l’immaginava certamente Di Pietro». un’altra piccola differenza: nessuno la prevedeva e però ci fu, oggi di tangentopoli se ne preannuncia una ogni mezz’ora: e non c’è mai.
IL SISTEMA PAESE
Tangentopoli era un sistema-Paese in cui il finanziamento illegale della politica, un tempo fisiologico e necessario, era degenerato a Milano come nel resto del Paese. Nella capitale morale ogni appalto doveva sovvenzionare la politica in quote prestabilite (tot alla Dc, tot al Psi, tot al Pci eccetera, secondo il consenso acquisito) e le imprese a loro volta potevano prestabilire i vincitori delle varie gare in barba al libero mercato, formando così un «cartello» che escludeva altra concorrenza e falsava i costi. Maggioranze e opposizioni conducevano un gioco delle parti che dietro le quinte diveniva complicità e spartizione degli affari: a Milano accadeva che per determinati appalti ci fosse un cassiere unico che poi ridistribuiva agli altri partiti. Il sistema era talmente oliato da rendere praticamente impossibile il comprendere chi, tra imprese e partiti, avesse il coltello dalla parte del manico. Gli imprenditori si definirono come ricattati dai politici, i politici come assediati da imprenditori ansiosi di offrire: in concreto «era un sistema», come disse Bettino Craxi, o nondimeno era una «dazione ambientale» come la descrisse Di Pietro: ispirato, in realtà, da un altro magistrato che si chiamava Antonio Lombardi. Era un sistema tuttavia malato di elefantiasi e degenerato negli effetti pratici ed economici. Più costose e durature erano le opere e più grande era la torta da spartire. Il mercato era sfalsato e così pure la selezione delle offerte migliori e più convenienti. Va da sé che affianco al finanziamento della politica «si era diffusa nel Paese», come disse ancora Craxi il 3 luglio 1992, «una vasta rete di corruttele che segnalano uno stato di crescente degrado della vita pubblica... I casi sono della più vasta natura, spesso confinano con il racket malavitoso e talvolta si presentano con caratteri particolarmente odiosi».
Oggi è tutto un altro mondo. cambiata la legge sul finanziamento alla politica (ora beccano un sacco di soldi) e i partiti strutturati sono scomparsi. Non c’è più un sacrale primato della politica, non ci sono più i voti di preferenza coi signorotti delle tessere e le loro campagne elettorali spendi & spandi, non ci sono più (quasi) i politici professionisti e i parlamentari con
l’orgoglio di esserlo: spesso conta di più il grado parentale, il legame di letto, soprattutto l’imponibile netto. cambiata l’immunità parlamentare, il sistema elettorale, la spesa pubblica, la pubblica amministrazione, il falso in bilancio che è stato depenalizzato. Una spazientita pretesa popolare di maggior efficienza e celerità ha da una parte favorito il disboscamento di leggi e leggine ma di converso ha irrobustito i margini di discrezionalità e quindi anche le possibilità di corruzione: che non è più «sistemica», ma pare tuttavia pericolosamente fisiologica, nonché questo sì in discreto aumento. Le statistiche giudiziarie dell’Istat evidenziano che i denunciati per corruzione, oggi, sono circa il triplo del periodo immediatamente precedente a Mani pulite. E però la politica resta spesso sullo sfondo: a episodi di clientelismo o piccola corruzione locale il caso di Milko Pennisi a Milano rientra tutto sommato nella categoria si sono affiancate più che altro grandi corruzioni finanziarie: Parmalat, Cirio, la scalata di Antonveneta, quella di Unipol a Bnl, le maxi speculazioni immobiliari. Detto in gergo da bar: ai tempi di Mani pulite c’erano dei politici che si finanziavano illegalmente e talvolta erano dei ladri; oggi invece folleggiano non di rado dei personaggi che non si sa bene se siano dei politici: ma che sono sicuramente dei ladri. Sparito il finanziamento illegale, sono rimasti loro in una quota proporzionata alla solidarietà ambientale che raccolgono. Inutile credere che in Friuli si corrompa come in Calabria. E non c’è studio, sul tema, che non sottolinei come a essere più diffusa svaporato il sistema partitico sia oggi la corruzione della famigerata società civile, coi suoi professionisti, i suoi tecnici e funzionari pubblici, storie di incarichi e appalti e licenze, certo, ma anche di esami comprati, rimborsi gonfiati, sanità saccheggiata, sino alle ricevute non date e non chieste, agli scontrini dimenticati.
LA FINE DI MANI PULITE
Ci si dovrebbe chiedere, del resto, perché Mani pulite a un certo punto ebbe fine. Il procuratore Borrelli la mise così: «Finché si trattò di colpire i partiti che stavano sullo stomaco a tutti, non ci furono grandi reazioni contrarie. Anzi. Ma quando, con l’indagine sulla Guardia di finanza, si andò oltre, apparve chiaro che il problema della corruzione in Italia non riguardava solo la politica, ma larghe fasce della società, insomma che investiva gli alti livelli proprio in quanto partiva dal basso. A quel punto il cittadino medio ebbe la sensazione che questi moralisti della Procura di Milano volessero davvero passare lo straccio bagnato su tutta la facciata del paese, sulla coscienza civile di tutti gli italiani. Parlo del cittadino medio, che vive spesso di piccoli espedienti, amicizie, raccomandazioni, mancette per poter campare e rimediare all’inefficienza della pubblica amministrazione. A quel punto, ho l’impressione che la gente abbia cominciato a dire: adesso basta, avete fatto il vostro lavoro, ci avete liberato dalla piovra della vecchia classe politica che ci succhiava il sangue, ma adesso lasciateci campare in pace». Parola di Borrelli. per questo che l’ex procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio, oggi, lamenta che per una nuova Tangentopoli «manca il consenso popolare». Ah, nostalgia canaglia.