Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 17 Mercoledì calendario

DE VITO PISCICELLI Francesco

DE VITO PISCICELLI Francesco Maria Napoli 12 maggio 1952 (?). Imprenditore. Direttore tecnico dell’impresa Opere Pubbliche e Ambiente spa. Arrestato il 5 marzo 2010 (corruzione), il 31 marzo 2011 tentò il suicidio (nel suo appartamento ingerendo barbiturici) • «[...] quello che al telefono confessava di aver riso la notte del terremoto in Abruzzo, immaginando gli affari che ne potevano venir fuori [...]» (Giovanni Bianconi, “Corriere della Sera” 17/2/2010) • «[...] Il 6 aprile, poche ore dopo la scossa avvenuta nella notte, l’imprenditore Francesco De Vito Piscitelli parla con il cognato che lo esorta: “Oh, occupati di ’sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito... Non è che c’è un terremoto al giorno”. Piscitelli ride mentre risponde: “Lo so”. E, più avanti, aggiunge: “Io ridevo da stamattina alle 3 e mezza dentro il letto”. L’orario non è citato a caso. È esattamente quello in cui si è verificata la scossa che ha fatto 308 morti e 1.600 feriti: una catastrofe, ma l’imprenditore se la ride. Tocca al cognato di Piscitelli concludere il colloquio: “Io pure... Va buo’, ciao” [...]» (Fulvio Milone, “La Stampa” 12/2/2010) • «[...] attraverso il suo avvocato [...] ha scritto una lettera al sindaco dell’Aquila e a tutti gli abruzzesi [...] “Scrivo perchè sono un padre, un marito e un uomo - si legge -. Non posso nemmeno pensare che l’ipotesi di un mio coinvolgimento in questa vicenda possa avere offeso persone che, come me, hanno sofferto e soffrono per i loro cari, per i loro luoghi, per la loro storia. Anche se sono innocente mi scuso. Non ho mai pronunciato quella terribile frase che ho solo dovuto ascoltare e che mi ha lasciato, come è chiaro dal tono della telefonata, senza parole limitandomi appunto a rispondere a monosillabi”» (“La Stampa” 13/2/2010) • «[...] non sono io che dico quella frase. La dice la persona che è al telefono con me [...] Pierfrancesco Gagliardi [...] mio cognato [...] I carabinieri devono aver fatto confusione. Ci sarà il nastro no? Lo giuro. È mio cognato. Io ho detto solo “vabbuò”, “vabbuò”. Sa no, come si dice a Napoli quando si vuole tagliare corto. Guardi ero inorridito anche io quella mattina quando ho sentito quella frase. I-nor-ri-di-to [...] “Vabbuò”. Sì. Ho detto solo “Vabbuò”. Lo so, è orripilante. Ma io volevo attaccare. E infatti ho attaccato. [...] Rido di imbarazzo. Si ride anche di imbarazzo, no? [...] Ho lavorato in Calabria. Ho costruito una caserma della Guardia di Finanza in Sardegna. Ho fatto il disinquinamento del Lido di Latina. Ho lavorato a un’ala della scuola di Polizia di Nettuno. Ho costruito a Valco San Paolo la piscina dei mondiali di nuoto del 2009 [...]» (Carlo Bonini, “la Repubblica” 13/2/2010) • «“Non ho avuto la prontezza di chiudere il telefono. E ora mi pesa sulla coscienza più dell’accusa di corruzione”[...] prende le distanze dal cognato: “A causa sua non vedo più mia sorella e mio nipote. Ma, per onestà, devo dire che quello è il suo solito linguaggio cinico da torinese dissacrante che usa anche con suo figlio”. Battute, dunque, a sentire Piscicelli. “Di un cattivo gusto grottesco”, certo. Ma tutto lì. Lo sciacallaggio non c’entra: “Gagliardi non è un costruttore. Non ho neanche ben capito cosa fa. Si occupa di operazioni di carattere finanziario”. Ma per gli investigatori non è così. Quelle battute erano indice di un interesse ai futuri appalti post-sisma. “Ma come si può pensare una simile cosa? È vero che poi, casomai, con queste cose ci si guadagna anche. Ma il suo era solo un modo di dire da me, napoletano, di famiglia antica, lontano mille miglia. E poi non sono lavori che faccio. Io mi occupo di opere pubbliche. A L’Aquila non abbiamo partecipato a nessun appalto e nemmeno al G8 de La Maddalena” [...] Per l’indagine Piscicelli “è un personaggio alquanto importante”. Non solo per i suoi rapporti con Antonello Colosimo, magistrato della Corte dei Conti, coinvolto. Si parla di una sua “intermediazione” per fare in modo che un’impresa, la Btp, “venisse favorita nell’aggiudicazione di nuovi appalt”» come compensazione per avere perso quello dell’auditorium di Firenze per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. Piscicelli avrebbe presentato i vertici della Btp (Riccardo Fusi e Vincenzo Di Nardo) ad Angelo Balducci e Fabio De Santis, il direttore e il dirigente del Dipartimento sviluppo del ministero del Turismo con sede in via della Ferratella, diretta diramazione della presidenza del Consiglio che gestisce gli appalti assieme alla protezione civile. La Btp avrebbe ricevuto «preventiva assicurazione di aggiudicazione di appalti» (da spartire con la Consorzio Stabile Novus, “riferibile a Piscicelli”). Ma i tempi per “il secondo pacchetto” dei lavori per il 150° slittavano. L’interesse si spostò sul G8 de La Maddalena. Per l’intermediazione l’imprenditore avrebbe chiesto “un riconoscimento economico” di 1.500.000 euro. Facendo pesare alla Btp di avere messo a disposizione il suo “background di 10 anni di buttamento di sangue” presso il gruppo di funzionari facente capo a Balducci. E alcuni “sacrifici”. Il gip ne enumera diversi. Tra questi si parla di un immobile di De Santis del quale Piscicelli avrebbe offerto “almeno i materiali della ristrutturazione” (ma lui smentisce). C’è poi la storia di “un prestito con alcuni soggetti campani, per soddisfare alcune richieste avanzategli dall’ufficio di via della Ferratella”. Al cognato Piscicelli riferisce di aver dovuto restituire 140mila euro a fronte del prestito da 100mila ricevuto da soggetti che descrive così: “son quella gente che meglio se ci stai lontano...se si sgarra è la fine...io già l’altra volta dal 5 al mese sono passati al 10”. Per il gip è la traccia di soggetti legati al clan “che controllano imprese interessate al banchetto degli ultramilionari appalti”» (Virginia Piccolillo, “Corriere della Sera” 13/2/2010).