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 2010  febbraio 17 Mercoledì calendario

E AL POMERIGGIO RITORNANO LE BABY CUBISTE


ROMA - La giovinetta levita sui sanpietrini, slanciata in un volo di farfalla, leggera e castigata nelle sue scarpe da ginnastica, nel suo giaccone sportivo, nei suoi quattordici anni. Corre. Un lieve affanno le raspa l’alito fragrante di mentolo, svolazzano in simmetria le chiome bionde e la sciarpa colorata, il viso infantile senza trucco. Mamma l’ha scaricata da una city car dietro l’angolo per non farsi vedere dagli amici, (lei non vuole), le ha dato un bacio, le ha detto ci rivediamo qui alle 7, fai la brava, ciao. Ciao, sì, accidenti a lei che le ha fatto fare tardi, le altre saranno già arrivate, bisogna cambiarsi in camerino prima delle quattro, avanti, ragazzi, fate largo. La folla accalcata all’ingresso della disco le apre un varco, reverenziale come una corte al passaggio di una principessa, sguardi ammiccanti, granulosi di invidia o desiderio, femmine e maschi non guardano mai nello stesso modo una ragazza bella. Sono centinaia. I maschi coi berretti griffati, le femmine con in mano buste gonfie di abiti succinti in cui tra poco s’infileranno, sagomate dai tacchi a spillo delle scarpe che tra poco indosseranno. Scalpitano come puledri. Fumano con ingordigia. Aspettano come una vincita alla lotteria il turno per accedere alla disco. Scusate, ma quella che è appena entrata è una cubista? Un sincrono di sguardi vacui, sfumati di disprezzo: «Ragazza immagine. Si dice così. Non cubista». Non balla sul cubo? «Sì», «ma non è più la stessa cosa», «cioè, un po’ sì», «però non del tutto».
In virtù della legge dell’ambiguità che regola il baby intrattenimento trasgressivo a cura e con lucro di adulti quasi invisibili, quasi niente ”è più la stessa cosa ma un po’ sì però non del tutto”, nella più famosa discoteca del pomeriggio al centro di Roma, che ha riaperto i battenti dopo l’ennesima inchiesta del ”Messaggero” che aveva indotto il proprietario a chiuderla, due anni fa. Ma tutto assomiglia a com’era, nel protocollo dei pubblici balli di ragazzine discinte e ammiccanti, sotto gli occhi e le videocamere di ragazzini avidi e scatenati, età 11/15, mutazione genetica del sabato pomeriggio in discoteca. Sono tornate le cubiste. Una decina, tra i 14 e i 16 anni, reclutate col passaparola tra le scuole e il web, selezionate con cura tra le candidate, competizione accanita, criteri rigorosi, pura accademia velinista: sensuali e dinoccolate, disinibite, trasgressive, puerili ma impudiche e tutto il resto, come da manuale. Devono accompagnare al tavolo i clienti, sorridere, mostrarsi seduttive e accoglienti, e poi ballare sui cubi. Eccole in divisa, tutte uguali, pochi centimetri di gonna, stivali e tacchi a spillo, calze nere, breve t-shirt con logo del locale, ventre nudo, soffici vaporose allusive saffiche techno house, quello che serve, training e prove il martedì alle 18 nel locale, addestrate dalle ”grandi”, quelle di 16/17 anni, quelle esperte. Le ”grandi” scelgono i costumi, insegnano le posture e i movimenti, spiegano come intrappolare il pubblico nella coazione a ripetere della disco mania, così che si muovano gli affari: 15 euro di biglietto, 20 a persona col tavolo, 25 sulla balconata o nel privè, 3 euro a capo per il guardaroba, 5 a consumazione. Incasso sopra i diecimila.
E poi la new entry, tra i baby ballerini, sulla pista. Le sagome che si staccano dal buio e approdano con circospezione alla pedana per ”trescare”. Lei balla, lui si avvicina, lei si gira, e, (se a lei lui piace), via alla ”tresca”. Bacio profondo e voluttuoso, effusioni spinte, e avanti un’altra. La conta si farà a fine giornata, vince chi ha preso più ”tresche” e meno ”pali”. Ed eccoli qui tutti smarriti in un delirio di danze, foto, filmati, applausi, urla, approcci. Ragazzi, o bambini travestiti, faccette puerili, ormoni in eruzione, si guardano attorno frastornati, fieri di essere della partita, siamo grandi, «siamo la Roma bene», «belli ricchi e felici», conta essere qui. Son stati fagocitati dal business delle prevendite che imperversa nelle scuole, giochiamo a fare gli uomini di affari. I gruppi coi soliti nomi evocativi del pensiero debole, (vipper, gun, chic, special, smile e via dicendo). La gara a chi porta più paganti, con premiazione solenne a fine anno. Le solite riunioni, al martedì, per distribuire il materiale da diffondere nelle scuole e rifinire le strategie promozionali. La solita piramide che svetta verso una possibile ”carriera” da pr fino a gestore del locale, se ”fai” molti paganti, misura di gloria e di valore. Tangenti: 2 euro per ogni ragazzo che porti in discoteca, e puoi tirar sù fino a 250 a gruppo, se ci sai fare. Congratulazioni ai vincenti di giornata. Qualche baruffa nei conteggi, «stai manzo, ci vediamo fuori». E poi, alle 19, tutti fuori, maschi da una parte e femmine dall’altra, come in una scuola di preti un po’ bigotta.
Due nanetti sui tredici tutti griffati e sudaticci si battono il cinque. «Ammazza, te la sgari troppo in questa disco!!», «co’ quelle cubiste e tutta la fregna che ce sta!!». Ed ecco di nuovo mamma con la city car. «Com’è andata?», «bene». Adesso tutti a casa. E a letto presto.