Cristina Mangani, il Messaggero, 17/2/2010, 17 febbraio 2010
SIMONETTA, LA RABBIA PER RANIERO: «MI USA, POTREBBE MALTRATTARMI»
ROMA - un po’ come nel libro ”Amabili resti”, dove una ragazzina uccisa da un serial killer diventa spettatrice della sua morte, delle indagini, della scoperta dell’assassino. Nell’aula bunker di Rebibbia ieri c’era Simonetta Cesaroni, la sua vita, la famiglia, le abitudini e i sogni. C’era la mamma Anna Di Gianbattista che parlava di lei quasi al presente, come se vent’anni non fossero passati. « sempre stata una ragazza molto rispettosa, salutava tutti», risponde quasi piccata alle domande insistenti dell’avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco. Era attenta all’igiene? Si cambiava gli indumenti intimi? Cose troppo private, personali. Mamma Anna non vorrebbe riferire questi particolari della figlia, ma sa che è necessario, perché è proprio su un corpetto e un reggiseno dove è stato trovato il dna dell’indagato, che si fonda buona parte dell’impianto accusatorio. «Io so solo - replica - che non facevo altro che lavare panni. Alle mie figlie dicevo sempre: ”se continuate a lavarvi così, qualche giorno vi togliete la pelle”. sicura che se l’indumento indossato da Simonetta, al momento in cui è stato uccisa, non fosse più che pulito, lei non lo avrebbe mai messo».
I ricordi vanno alla sera del 7 agosto del ”90 quando il ritardo della più giovane delle figlie Cesaroni si è fatto eccessivo. Non arrivavano telefonate, gli amici non l’avevano vista, anche se aveva detto che sarebbe passata a salutarli, perché il giorno dopo dovevano partire per la Sardegna. Sono ore di ansia, di ricerche. Inutili. Fino all’arrivo della sorella Paola in via Poma 2, in compagnia del fidanzato Antonello Barone, di Salvatore e Luca Volponi, uno dei datori di lavoro della ragazza e di suo figlio. in quel momento che le stranezze di questa storia cominciano a verificarsi. Sembra che tutti i personaggi, finiti più o meno sotto accusa nelle prime fasi delle indagini, abbiano qualcosa da nascondere. Se ne accorge Paola, se ne accorge Antonello. il vecchio giallo che ritorna e mostra ancora tutte le sue lacune.
Ma il pm Ilaria Calò vuole verificare alcuni particolari, e insiste sui rapporti di Simonetta con Raniero e sul fatto che la vittima poteva aver detto all’indagato di essere incinta. intorno a questo possibile movente che va avanti l’interrogatorio di mamma Anna. Poi, la donna, quasi manifestando un involontario rancore nei confronti di chi ha comunque fatto soffrire la figlia, a prescindere che si tratti dell’assassino o meno, descrive Raniero come una persona che aveva fatto soffrire tanto la sua Simonetta. «Lei era innamorata, lui no - racconta - Lo so perché sentivo che si lamentava con le amiche di come lui la trattava. All’amica Donatella è arrivata a dire: ”Io non sono niente per lui, mi maltratterebbe se potesse. E poi vede la sua ex e anche altre ragazze. Ne sono certa”. Tant’è che un giorno le ho chiesto: ”Ma non è che ti picchia?” E lei: «No, mamma, assolutamente, su quello stai tranquilla». Cercava l’amore la ragazza di via Poma, ha trovato la morte.
La sorella Paola lo conosceva appena questo fidanzato. Si erano scambiati solo dei saluti nelle occasioni in cui accompagnava Simonetta. stata lei a trovare il cadavere nell’ufficio delll’Associazione ostelli della gioventù, e non riesce a togliersi dalle orecchie il momento in cui il datore di lavoro chiama Antonello (suo fidanzato dell’epoca e ancora oggi) allarmato per quanto ha visto. Il corpo della sorella è per terra, in una stanza dell’ufficio che non è quella dove è solita lavorare. Sapevano poco dell’attività della vittima, i suoi parenti. Così come non sapevano dove si trovasse la sede. Sin dal primo momento, però, Paola ritiene che il comportamento di Salvatore Volponi sia eccessivo. «Era più agitato di noi - dice - Mi ha detto di non sapere neanche lui l’indirizzo preciso dell’ufficio, di non esserci mai andato. E lo cerca sfogliando pezzetti di carta e facendo dei giri assurdi. Noi lì temevamo per la vita di mia sorella e lui era come se ci volesse far perdere tempo. una sensazione, l’ho riferita sin dalle prime ore dopo il delitto, soltanto quello. Però l’ho notata. Così come mi è sembrato assurdo - aggiunge - quando Giuseppa De Luca, moglie del portiere Pietrino Vanacore, dopo averci accompagnato e aver aperto la porta dell’ufficio, quando sono arrivati i poliziotti, ha negato di avere le chiavi. Le teneva in mano e negava. L’ho detto agli agenti e gliele hanno dovute strappare di mano».
Sul rapporto tra la sorella e Raniero ritiene anche lei che fosse sbilanciato. «Lui non l’amava, lei sì - ricorda - avevano avuto un rapporto sabato, poi la domenica lei ha avuto una perdita ematica e ha pensato che forse potesse essere il ciclo che arrivava prima del previsto. Si era fatta prescrivere le pillole anticoncezionali e aspettava il momento giusto per prenderle». Il difensore dell’indagato insiste: «Non era un rapporto profondo, erano ragazzi e Raniero non era innamorato di Simonetta. Lei si aspettava cose che lui non voleva darle». Gli avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani che, insieme con il collega Lucio Molinaro assistono la famiglia della vittima, hanno soprattutto la voglia di ”proteggere” queste due donne che dopo la morte di papà Cesaroni sono rimaste sole a cercare la verità. «Quando è stato grande il dolore provato e quanto via ha danneggiate nella vita?» chiedono. «Un danno enorme, un dolore che non passa».