Francesca Bonazzoli, Corriere della Sera 17/02/2010, 17 febbraio 2010
QUANDO IL COLLEZIONISMO DIVENTA UN VIZIO DI FAMIGLIA
Alcuni sostengono che il collezionismo sia una forma patologica di possesso e un bisogno compulsivo di affermare la propria personalità narcisistica o il proprio potere attraverso il riflesso proveniente dall’altrui creatività. Caterina di Russia ammetteva il disturbo ossessivo-compulsivo e infatti paragonava la sua mania collezionistica a una «malattia infettiva come l’itterizia».
Se il collezionismo può dunque essere una patologia, allora la sua ereditarietà non dovrebbe apparire un concetto così strano. Peggy Guggenheim, nipote del miliardario e collezionista Solomon, che diventa a sua volta mecenate e collezionista non è un’eccezione. Anzi.
La storia comincia con i greci e i romani che furono dei grandi accumulatori di opere d’arte, ma nel Medio Evo, complice la predicazione della Chiesa contro il lusso, l’abitudine si era fatta molto più rara e furono soprattutto le cattedrali ad accumulare tesori artistici e a divenire così musei in nuce.
Uno dei primi casi di collezionismo famigliare nell’epoca moderna è probabilmente quello dei Valois: Giovanni il Buono era un grande estimatore di codici miniati e il suo terzo figlio, il duca Jean de Berry, trasformò quella passione in una minaccia per il patrimonio dinastico. Tuttavia è nel Rinascimento, con la riscoperta dell’antico, che il collezionismo comincia a diventare una patologia e un indispensabile strumento di legittimazione sociale.
Esemplare la storia dei Gonzaga. Quando nel 1457 Ludovico Gonzaga invita a corte il Mantegna, la signoria della casata su Mantova era recente: risaliva al 1328, grazie a una rivolta militare e il titolo marchionale era stato pagato dal padre di Ludovico con 12 mila fiorini d’oro all’imperatore Sigismondo. Urgeva dunque un gran pittore da esibire come una patente di nobiltà. Fu scelto Mantegna che servì tre generazioni: Ludovico, il figlio Federico e il di lui figlio Francesco con la moglie Isabella d’Este che trasmise la «malattia» al figlio Federico.
Altra celebre dinastia di collezionisti furono gli Asburgo di Spagna. Carlo V, ammiratore di Tiziano, passò il «virus» al figlio Filippo II il quale lo trasmise a sua volta al nipote Filippo IV che fece di Velázquez il primo pittore del mondo.
Ma la casata più nota per la predisposizione al collezionismo è senz’altro quella dei Medici con Cosimo il vecchio, protettore di Donatello e Brunelleschi, che trasmise la passione al nipote Lorenzo il Magnifico e poi via via a tutta la casata, da Leone X, che chiamò in Vaticano Raffaello e Michelangelo, fino all’ultimo rampollo, il gran principe Ferdinando.
Tuttavia, nel passaggio della bramosia collezionistica fra nipoti, il primato spetta senz’altro ai papi: quando Clemente VIII prende possesso di Ferrara, saccheggia i tesori d’arte accumulati dagli Este e il nipote cardinale Aldobrandini può così portarseli impunito a Roma. Anche Paolo V fece da protettore alle brame collezionistiche del nipote cardinale Scipione Borghese il quale non si faceva scrupolo di ottenere così le opere d’arte con la forza e l’inganno.
Bisogna aspettare il Settecento perché la mania collezionistica si diffonda fra la classe borghese con conseguente slittamento del significato del possesso dell’opera d’arte: oltre a segno di potere, diventa per la prima volta anche bene di consumo, oggetto di investimento e profitto. Fenomeno che prosegue nell’Ottocento ed esplode nel Novecento fino alla deflagrazione di oggi. Passiamo dalle vicende degli Sûkin, vecchia famiglia di mercanti russi composta da undici figli quasi tutti collezionisti, a quelle dei Morozov, altri due fratelli moscoviti che avevano ereditato la passione dalla madre. Nel Novecento sono stati soprattutto i magnati della finanza e dell’industria americana a investire in grandi collezioni come quella Guggenheim e ancora oggi intere famiglie vi si dedicano come per esempio la Rubell family che a Miami possiede uno espositivo cui si dedicano tutti insieme nonni, zii, figli, nipoti.
Francesca Bonazzoli