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 2010  febbraio 17 Mercoledì calendario

LA FINE DELLA VERIT E IL COMPLOTTO

In un precedente articolo («Corriere della Sera», 5 gennaio) scrivevo che il nostro è un mondo in cui troppe volte l’evidenza viene negata. L’evidenza si mostra, e perciò non si dimostra, non ne ha bisogno. Ora vorrei fare un esempio di come l’evidenza viene negata: basta creare contro il senso comune l’idea di un complotto. Prendo ad esempio l’attacco dell’11 settembre alle Torri di New York. I due aerei guidati da kamikaze le colpiscono e le fanno crollare. Sono noti e compaiono sui giornali i nomi e i volti degli attentatori. Tutti alla tv hanno visto tutto, le fiamme, i disperati che si lanciano nel vuoto, la nuvola di fumo che avvolge la tragedia. Tutto è evidente, terribilmente evidente, il fatto e le cause del fatto, la motivazione, la logica, la spiegazione del fatto. Ma questo non basta ai negatori dell’evidenza.
Ed ecco che parte un altro attacco. Qualcuno si accorge che nella lista dei più di tremila morti non c’è nessun ebreo. Come mai? Questo qualcuno deduce che sono stati i servizi segreti israeliani a provocare l’attacco alle Torri e ne spiega le ragioni. Ed ecco che man mano altri lo seguono e si costruisce il mostro della non-verità che non è uguale a una comune menzogna soggetta a una semplice smentita, ma è diabolicamente qualcosa di più costruito, che sostituisce la verità e ne crea un’altra attraverso l’uso di concetti e ragionamenti che subito trovano il terreno di coltura favorevole tra chi per cecità ideologica, pregiudizio antiamericano o antiebraico, ottusa predisposizione, ci crede. E così facendo dà forza di verità alla non-verità che si sta costruendo. Presto nelle librerie appaiono libri e saggi che spiegano autorevolmente tutti i risvolti del complotto, e questi libri sono promossi e presentati davanti a un pubblico in ogni parte del mondo.
Io stesso ho assistito a una di queste presentazioni e grande fu il mio stupore quando mi accorsi che il pubblico presente in sala non reagiva, che nessuno si alzava per protestare in nome dell’evidenza negata. La non-verità poteva liberamente circolare: e questo normalmente accade in molte altre occasioni (per esempio, la negazione della Shoah), seguendo un processo mistificatorio analogo a quello descritto.
Ma c’è anche un altro modo di negare l’evidenza che viene abitualmente praticato e di cui a volte nemmeno ci accorgiamo. Basta creare, contro il senso comune, un tabù. Se, per esempio, per il senso comune è evidente che stiamo assistendo a un conflitto di civiltà, è pronto il tabù che lo nega con forza. «Conflitto di civiltà» non si può dire, e guai a chi lo dice. Chi lo dice infrange il tabù imposto dalle anime belle della Conciliazione Accomodante, anche a costo di riconoscere all’avversario il diritto di «non reciprocità» (tu puoi fare a me quello che io non posso fare a te). Se il senso comune insiste, viene accusato dai progressisti di essere retrogrado, di non riconoscere l’Altro e il valore della sua civiltà. Ma il punto per il senso comune non è questo, anzi il senso comune riconosce l’importanza storica, artistica, culturale e religiosa del mondo islamico, specie di quello moderato che raramente dà notizia di sé, ma non riesce a persuadersi che non ci sia in atto un conflitto alimentato dall’odio per l’Occidente (proprio in quanto civiltà) che ferocemente lo accompagna. Le montagne di morti che questo conflitto ogni giorno produce non bastano a neutralizzare la forza del tabù, anche perché il conformismo dei più lo sostiene contro ogni evidenza.
I due esempi fatti di negazione dell’evidenza fanno parte dell’anomalia del nostro tempo e forse sono i segni di un inarrestabile tramonto dell’Occidente a causa di nemici interni molto insidiosi e occulti, soprattutto quando si sentono sostenitori delle Buone Cause. Le grandi illusioni del secolo hanno generato visionari, e i visionari trascurano le evidenze, perciò sono pericolosi. Chi nega un’evidenza falsifica tutta la realtà, anche quando crede di non farlo. Negare un’evidenza è il primo passo per negare il valore della verità, mentre l’evidenza, una volta constatata, è una porta aperta sulla verità. Infatti, più evidenze collegate possono concorrere a formare un clima diverso nella società, più autentico, e una maggiore fiducia nella realtà, che comporta anche un senso di maggiore sicurezza. L’evidenza negata da ogni esperto concettualizzatore e il gioco di prestigio dei concetti adibiti alla costruzione di una non-verità, manipolano la mente. La concettualizzazione più diffusa oggi è quella politico-ideologica, ma ce ne sono tante altre (per esempio quella artistica) capaci di alterare la percezione che abbiamo delle cose.
Raffaele La Capria