Rita Querzé, Corriere della Sera 17/02/2010 Gianni Santucci, Corriere della Sera 17/02/2010, 17 febbraio 2010
2 articoli – L’ORIGINE IMMOBILIARE DEI GHETTI D’ITALIA - I potenziali ghetti a Milano e nelle altre città italiane sono infiniti
2 articoli – L’ORIGINE IMMOBILIARE DEI GHETTI D’ITALIA - I potenziali ghetti a Milano e nelle altre città italiane sono infiniti. C’è l’imbarazzo della scelta. I primi mutamenti passano inosservati. Poi negozi e androni cambiano pelle con un’accelerazione esponenziale. Nel giro di quattro-cinque anni i vecchi abitanti del quartiere che non hanno venduto in tempo si trovano prigionieri a casa propria. In un mondo che non riconoscono più. «Quello che è successo in via Padova a Milano può servire da paradigma e valere in futuro per altre città», dice Armando Borghi, direttore del master sul mercato immobiliare della Sda Bocconi. Tutto parte con un palazzo degradato. Facciata da rifare, tetto che fa acqua da tutte le parti, impianto di riscaldamento in panne. Gli inquilini non riescono a mettersi d’accordo sulla ristrutturazione e così si rimanda di anno in anno. La mancata manutenzione rende impossibile affittare gli appartamenti agli italiani. Così entra la prima famiglia extracomunitaria. Da questo punto in poi il copione è scritto: screzi per il baccano notturno, sugli odori di cucina che invadono gli androni, sull’affollamento degli appartamenti. Perché è chiaro che per pagare l’affitto molti stranieri sono disposti a vivere in dieci in 40 metri quadrati. I proprietari italiani cominciano a vendere e al loro posto arrivano altri immigrati. Che a breve diventano la maggioranza. E cominciano a entrare anche nei negozi. «Questo genere di trasformazione urbana è scritto nella struttura del patrimonio immobiliare del nostro Paese’ fa il punto Borghi ”. Primo: gli immobili costruiti nel dopoguerra oggi sono spesso in pessimo stato. Secondo: la proprietà è molto frammentata. L’85 per cento degli italiani è proprietario di casa contro il 60 per cento della media Ue. E più sono i proprietari più è difficile mettersi d’accordo sui lavori da fare. Di conseguenza aumenta il degrado». Poi c’è la questione affitti. «In Italia affittare rende il 3% del capitale investito. Non conviene», fa notare Borghi. «Mi rendo conto, questa non è una scusante per quelli che affittano in nero appartamenti diroccati al doppio del loro valore, ma la situazione di mercato incentiva certe situazioni», riflette Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, associazione dei proprietari di immobili. «Maggioranza e opposizione si dicono d’accordo sulla necessità di ridurre la tassazione degli affitti introducendo la cedolare secca. Ma le cose restano come stanno», aggiunge Fogliani. Secondo un’indagine del Sunia, in Italia sarebbero circa 600 mila le abitazioni affittate a stranieri. L’85 per cento avrebbe un contratto non registrato o (più spesso) registrato a una cifra inferiore a quella pattuita. «Tutto questo genera un imponibile non dichiarato di 3 miliardi e mezzo di euro, di conseguenza le entrate mancate ogni anno per l’erario sono pari a un miliardo», stima Laura Mariani, responsabile dell’ufficio studi del sindacato degli inquilini vicino alla Cgil. Secondo il Sunia in media l’affitto richiesto agli stranieri è più alto del 30 per cento. Numerosi gli immigrati che alla fine non pagano regolarmente la pigione. Tant’è che il 20 per cento degli sfratti per morosità in Italia riguarda famiglie straniere. La scelta di chi affitta agli immigrati appartamenti degradati a prezzi da loft alla lunga fa sprofondare i valori immobiliari dei quartieri. Secondo un’indagine dell’ufficio studi Gabetti, nelle zone abitate da immigrati il prezzo delle case è decisamente inferiore alla media. Si va dal 58 per cento in meno di Borgo Roma a Verona al 13 per cento in meno di piazza Vittorio a Roma. « chiaro che la situazione varia molto da città a città e da quartiere a quartiere – conclude Guido Lodigiani dell’ufficio studi Gabetti ”. I cinesi, per esempio, spesso occupano interi quartieri pagando in contanti. All’inizio la loro domanda fa aumentare i prezzi. Poi le quotazioni si abbassano». Anche secondo Lodigiani bisogna stare attenti e non scambiare la causa con l’effetto. «Di solito il degrado chiama gli immigrati e non viceversa». Nel periodo che va dal 2003 al 2006, poi, molti stranieri sono diventati proprietari di casa, complici i tassi di interesse bassi e la manica larga di alcune banche e finanziarie che concedevano anche il 110 per cento del valore dell’immobile. «In quegli anni in certe zone di Milano oltre il 10 per cento dei rogiti erano firmati da immigrati – ricorda Roberto Anedda, vicepresidente di Mutuionline ”. Pur di concludere l’affare sono state firmate perizie gonfiate. Poi è arrivata la crisi. E le banche hanno stretto i cordoni della borsa». «Il risultato è che in questo periodo i quartieri degli immigrati sono come pietrificati – racconta Lionella Maggi, presidente di Fimaa Milano, associazione degli intermediari immobiliari di Confcommercio ”. Gli italiani non comprerebbero nemmeno a prezzi stracciati. Mentre gli stranieri che vorrebbero diventare padroni di casa non riescono a offrire le garanzie sufficienti per stipulare un mutuo». A questo punto le domande sono due. La creazione dei ghetti si può interrompere? E i quartieri alla deriva possono tornare a essere luoghi vivibili? Se alla prima si tenta di rispondere con interventi legislativi, tutti i giuristi dicono che è impossibile bloccare la vendita di un appartamento. Per quanto riguarda, invece, il recupero, Alessandro Berlincioni, presidente di Fimaa Torino qualche speranza la offre: «Da noi la situazione è migliorata. A San Salvario dieci anni fa c’era un’enorme concentrazione di droga, delinquenza. E immigrazione. Poi è stato fatto qualche intervento urbanistico azzeccato, hanno cominciato ad aprire gallerie e locali di tendenza e la situazione è migliorata. Lo stesso a Porta Palazzo. L’intervento di Fuksas ha dato lo slancio. Le gallerie d’arte e i locali tipici hanno fatto il resto». Esistono esempi positivi anche all’estero. «A Bruxelles si è intervenuti su un quartiere dove vivono decine di migliaia di marocchini con un piano studiato a tavolino per favorire il reinserimento dei vecchi abitanti – dice Francesca Zajczyk, sociologa che conosce a fondo le dinamiche delle periferie e consigliere comunale del Pd aMilano ”. Anche in Olanda si è intervenuti con successo per favorire la creazione di quartieri in cui tutti i ceti sociali possano convivere». D’altra parte quello del «mix sociale» è diventato uno slogan più volte ripetuto ma ancora raramente tradotto in pratica. «Sia chiaro, si tratta di operazioni difficilissime – conclude Zajczyk ”. I modelli stranieri non possono essere calati dall’alto e le situazioni vanno studiate caso per caso. Ma vale la pena tentare». Rita Querzè NEL CONDOMINIO DOVE «NASCONO» GLI ALLOGGI - Al catasto risultano 50 appartamenti. Da un sopralluogo della polizia locale alla fine del 2008, è spuntato un numero diverso: gli alloggi erano diventati 75. Nell’ultimo blitz le case erano cresciute ancora: adesso sono 86. In un palazzo dove saltano le regole, i solai diventano mini-appartamenti, gli spazi più grandi vengono divisi e frazionati per incassare più affitti, le cantine possono trasformarsi in abitazioni. I più prepotenti invece si allargano. Il 20 ottobre dell’anno scorso, i vigili hanno denunciato un senegalese per abusi edilizi. Aveva costruito una scala a chiocciola che collega il terzo e il quarto piano. Via Clitumno, civico 11. Si svolta a destra da via Padova, a Milano, cinquanta metri dopo il punto in cui, sabato scorso, è stato ucciso un ragazzo egiziano. E si trova uno dei palazzi più disastrati di Milano: citofoni strappati, la facciata completamente sbrecciata, un paio di ragazzi sempre appoggiati vicino al portone. Sentinelle per lo spaccio. Gli stralci di un rapporto della polizia locale descrivono la condizione dello stabile andato in malora: gli abusivi si sono infilati «nei sottotetti, nelle cantine e negli abbaini. Sono stati abbattuti dei muri, alcuni condòmini hanno acquisito parti comuni adibendole ad uso privato». Chi occupa i sottotetti «usa come vie di fuga i varchi che si creano spostando le tegole»; durante i mesi invernali «si verificano copiose infiltrazioni nelle case e sulle scale, che pregiudicano sicurezza e stabilità». Il tribunale, nel 2005, ha affidato il palazzo di via Clitumno a un amministratore. Nel caos, bollette di acqua e luce continuano ad arrivare. Ma raccogliere le spese è praticamente impossibile. I debiti crescono. Su quindici appartamenti pendono cause di pignoramento. Sui palazzi pubblici sono possibili (ed efficaci) sgomberi e ristrutturazioni. Per gli stabili privati è diverso: il Comune è costretto a intervenire per bloccare degrado e illegalità. Spende soldi, risorse. Impiega uomini. Ma il risanamento ha tempi più lunghi. E oltre un certo limite non può arrivare. «Nello stabile di via Clitumno 11 – racconta il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato – dallo scorso agosto sono stati realizzati da parte della polizia locale 6 blitz, che hanno consentito di controllare 86 appartamenti e di identificare 236 persone. In particolare, 38 sono state denunciate e 6 arrestate per reati relativi all’immigrazione clandestina. Altre 16 denunciate per altri motivi». Difficile ricostruire cosa sia accaduto in quel palazzo. O capire come sia possibile che nel giro di sette, otto anni, decine di proprietari abbiano lasciato andare in decadenza le proprie case. C’è una parte di speculazione criminale: «Nel corso di questi mesi – continua De Corato – un appartamento è stato posto sotto sequestro per esercizio della prostituzione e 7 perché affittati a irregolari. Dodici proprietari sono stati denunciati. Infine, a seguito di 6 querele, altrettanti appartamenti sono stati sgomberati». In via Clitumno «la proprietà è estremamente frazionata», dicono ancora le relazioni dei sopralluoghi. Significa più di una settantina di proprietari. Ci sono italiani e stranieri. Problema: perché gli interventi siano incisivi, bisogna seguire i fili burocratici tra migliaia di documenti, faldoni, vecchi contratti di vendita e affitto. Un solo esempio: il 15 novembre 2009 i vigili accertano che 25 degli appartamenti sono affittati senza contratto. La conseguenza di una casa senza regole è un grave rischio per la sicurezza. A ottobre 2009 vengono scoperti otto alloggi con allacci del gas e dell’elettricità abusivi. Quattro mesi prima era scoppiato un incendio al primo piano. Cinque persone ustionate e intossicate. Gianni Santucci