ELENA DUSI, la Repubblica 17/2/2010; UMBERTO VERONESI, la Repubblica 17/2/2010;, 17 febbraio 2010
2 articoli - I BAMBINI SENZA MALATTIE - Sarà il ritratto di una generazione, quella che sta venendo alla luce in questi giorni
2 articoli - I BAMBINI SENZA MALATTIE - Sarà il ritratto di una generazione, quella che sta venendo alla luce in questi giorni. Allo studio ci sono da oggi salute, abitudini, tappe dello sviluppo fisico e psicologico di 100mila bambini americani. I riflettori si accendono su di loro al momento del concepimento, ancora nel grembo materno. La luce li avvolgerà poi a 360 gradi fino al 21esimo compleanno, con una batteria di test studiata per non trascurare nessun particolare. Sangue, dna, urine, saliva, unghie, ormoni, vista, udito, intelligenza, memoria, emotività, abilità linguistiche, attività fisiche, acqua bevuta, aria respirata, uso di alcol, fumo, amici frequentati, tendenza al comportamento violento, abilità nei videogiochi. Tutto per più di due decenni sarà analizzato e schedato con questionari, interviste telefoniche, mail e visite dei ricercatori a domicilio, sia ai ragazzi che ai loro genitori. I medici suddivisi in 105 centri di riferimento su tutto il territorio statunitense ammasseranno e archivieranno una mole impressionante di dati da qui al 2025 per tracciare il ritratto più completo e di lunga durata della prima generazione del ventunesimo secolo. Qualcuno, per costi e ambizione, ha paragonato il National Children’s Study - iniziativa che sta prendendo il via in queste settimane - a un progetto della Nasa o all’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra. SEGUE Il costo giustifica il paragone ardito: 6,7 miliardi di dollari è il budget previsto alla partenza del National Children’s Study, ma da qui al 2025 la cifra potrebbe lievitare. Il Congresso incaricato di stanziare il denaro ha già iniziato a storcere il naso. Non manca negli Usa chi critica la strategia di spendere fondi enormi per progetti a spettro così ampio. E le donne in gravidanza, contattate dai medici per entrare a far parte dello studio con il bambino che portano in grembo, stanno rispondendo in maniera più scettica di quanto non si attendessero i ricercatori convinti di poter finalmente disegnare la mappa più completa che esista dell’intreccio fra geni, fattori ambientali e salute umana. I pezzi del puzzle nella testa dei medici, infatti, al momento non combaciano. Epidemia di diabete, boom di obesità, diffusione inspiegabile delle allergie, aumento dell’autismo sono alcuni dei fenomeni che si osservano nei bambini da un lato. Dall’altro, i test genetici sempre più diffusi sono in grado - almeno in teoria - di indicare la predisposizione di ciascun individuo alle malattie. Tutte o quasi. Tracciare un ponte fra i due pilastri della medicina moderna - geni e ambiente - che al momento paiono ancora lontani fra loro è in effetti un obiettivo che giustifica la spesa. Ne sono convinti il presidente americano Barack Obama e il direttore dei National Institutes of Health, Francis Collins, che hanno resuscitato il progetto autorizzato dal Congresso nel 2000 con Bill Clinton come presidente ma strangolato da George W. Bush che aveva inserito la cifra "zero" accanto al finanziamento per il National Children’s Study. In questi giorni i reclutatori del governo americano stanno bussando alla porta delle case dove un bambino è appena stato concepito. Usano, se necessario, traduttori in urdu, nepalese e russo - come racconta un reportage del New York Times di ieri - per raggiungere ogni ceto sociale ed etnia, cercando di convincerei genitori che partecipare allo studio sarà forse faticoso, ma permetterà al bambino di entrarea far parte di "un progetto storico che influenzerà la salute di generazioni di americani". L’obiettivo, infatti, è riuscire finalmente a legare alcune cause ambientali (presenza di sostanze chimiche nell’acqua, nell’aria o perfino nelle vernici delle superfici di casa, scuola o palestra, infezioni, esposizione ad acari o polveri, disturbi nel modo in cui il corpo metabolizza gli zuccheri, stress, depressione, scarsa attività fisica e passione per i videogiochi e la tv) al boom di malattie croniche (diabete, allergie, asma, autismo, deficit di apprendimento, obesità, aumento delle nascite pretermine) osservato nell’infanzia statunitense negli ultimi decenni. Disegnati miliardi di punti su un foglio, i medici di cinque grandi enti governativi americani, specializzati in medicina e ambiente, si occuperanno poi di tracciare le linee congiungenti. Solo a questo punto si vedrà se lo sforzo avrà pagato. Se Obama avrà avuto ragione su Bush e sulle critiche dei detrattori del National Children’s Study. I ricercatori impegnati nei prossimi decenni ad analizzare l’immensa mole dei dati saranno migliaia. Il reclutamento delle mamme è iniziato a gennaio e andrà avanti per quattro anni. I primi dati sono attesi nel 2025. E non è un caso che uno dei più ferventi sponsor dell’iniziativa sia quel Francis Collins che oltre un decennio fa guidò il consorzio pubblico incaricato di decifrare il genoma umano: uno scienziato abituato a pensare molto in grande. Se il National Children’s Study è il più massiccio, non è certo l’unico fra gli studi che cercano di fotografare fette di popolazione per estrarre dati di salute pubblica. Genetisti e cardiologi sono forse i più abituati a scavare nelle banche dati. «Il problema è molto semplice» spiega Giuseppe Novelli, genetista, preside della facoltà di medicina di Tor Vergata a Roma. «Sappiamo che fumo, colesterolo e ipertensione fanno male al cuore. Ebbene, il 50 per cento dei pazienti che arrivano al pronto soccorso con un attacco cardiaco non aveva nessuno di questi fattori di rischio. Cosa ha provocato l’infarto a un malato su due? Non lo sappiamo. Probabilmente il Dna gioca un ruolo importante. Ma dobbiamo indagare meglio il rapporto fra fattori genetici e ambientali. In questo senso, lo studio americano è benvenuto». Uno studio così onnicomprensivo della salute di un bambino nonè scevro però da problemi etici. «Sei ricercatori - si chiede Novelli - dovessero scovare in un bambino i segni precursori di una malattia futura, interverranno per curarlo oppure no? Nel primo caso falserebbero i risultati dello studio, rendendo inutile lo sforzo. Nel secondo verrebbero meno alla loro etica». Benvenuto, ma forse insufficiente, è lo studio secondo Attilio Màseri, cardiologo fra i più importanti in Italia, oggi alla guida della fondazione "Per il tuo cuore" dedicata alla ricerca delle cause ignote di alcune malattie cardiovascolari. «Sappiamo che il colesterolo alto provoca, per esempio, il 30 per cento di rischio di infarto. Questa informazione è altamente insoddisfacente per noi. Vuol dire che su cento persone, tutte con lo stesso livello di colesterolo alto, 30 hanno un infarto e 70 no. E perché questa differenza? Ricavare un dato statistico da uno screening come quello che gli americani si apprestanoa fare ci offrirà qualche informazione nuova. Ma aprirà quesiti ancora più profondi. Credo che fermarsia 21 anni non sarà sufficiente. La maggior parte delle malattie si sviluppa più tardi, non certo nell’infanzia. Probabilmente si sentirà il bisogno di continuare a studiare i ragazzi anche dopo». il senso del bicchiere mezzo vuoto. Ed è proprio quello che prova Giuseppe De Rita, presidente del Censis: «Sezionare, frammentare, dividere un problema nelle sue componenti minime è una tendenza del pensiero moderno, specialmente medico e scientifico. Ma mi chiedo se non sia altrettanto importante puntare sulla sintesi. Interpretare quella mole di dati non sarà facile». Del valore degli studia lunghissimo termine i cardiologi sono ben coscienti. Era il 1948 quando avviarono il "Framingham heart study" sottoponendo 5mila fra gli abitanti del paesino di Framingham, nel Massachusetts, a una batteria di test per misurare la salute del cuore e proseguendo i monitoraggi per tre generazioni. « da quello studio - spiega Màseri- che abbiamo imparato come fumo, peso eccessivo, colesterolo alto e diabete danneggiano la salute del cuore. I dati di Framingham ci dicono anche in quale fascia di età i fattori di rischio fanno i danni maggiori, e questo grazie alla sua grande estensione. Credo che lo studio sui bambini americani sarà solo un punto di partenza. Si sentirà sicuramente l’esigenza di andare ancora più lontano». ELENA DUSI, la Repubblica 17/2/2010 UNA RICERCA CORAGGIOSA APRIR NUOVI ORIZZONTI - NEGLI Stati Uniti sta partendo in queste settimane il primo screening di un’intera generazione. Centomila bambini saranno seguiti dai medici, in 105 centri di riferimento su tutto il territorio americano, dal momento del concepimento fino al compimento del ventunesimo anno di età. Tuttii dati sul loro stato di salute saranno registrati e analizzati. L’aspettativa è enorme: perché potrebbero trovare risposta molte delle domande che da sempre i medici si pongono. Questo studio affronta infatti una delle questioni più delicate della medicina: conta di più l’ambiente o la genetica nel determinare la nostra salute? I bambini, di cui si conosce il profilo genetico, saranno studiati esaminando analiticamente i fattori ambientali con cui si trovano potenzialmente a contatto. A cominciare dal fumo dei genitori, dal latte materno, dall’acqua di rubinetto, fino al cibo con possibili tracce di pesticidi, l’aria con elementi inquinanti, i fumi industriali, le contaminazioni sul luogo di lavoro, l’esposizione all’amianto. Si dovrebbe così capire quanto gli agenti esterni legati allo stile di vita incidano in questa popolazione in rapporto alla causalità genetica. Si tratta del più grande studio di popolazione di questo genere ed è nato per dirimere uno dei più grandi dubbi del mondo scientifico moderno che vede contrapposte due scuole di pensiero. La prima è favorevole all’ipotesi ambientale: sono i fattori esterni i maggiori responsabili delle malattie. La seconda sostiene l’ipotesi genetica: il destino della nostra salute è scritto inequivocabilmente nei nostro dna. Siamo di fronte ad uno sforzo enorme della scienza e come tutte le grandi imprese presenta un rischio di insuccesso. In particolare gli studi di popolazione così ampi e protratti nel tempo possono presentare difficoltà perché i bambini si spostano e cambiano abitudini, la famiglia può sentirsi infastidita dal contatto continuo ed assiduo con i ricercatori e decidere di interrompere la sua partecipazione. Tuttavia lo studio pilota sembra indicare la fattibilità e l’accettabilità da parte delle donne. Rimane il fattore critico del costo. Molti ritengono che 7 miliardi di dollari potrebbero essere meglio investiti in altre ricerche più urgenti o nei Paesi che hanno pressanti emergenze. Io credo che il quesito posto sia cruciale per il futuro dell’interpretazione delle malattie e dunque è giusto osare. sempre difficile scegliere di intraprendere una grande ricerca e calcolarne i rischi di insuccesso. In questo caso dobbiamo pensare che è probabile che si raggiungeranno risultati attendibili e statisticamente significativi perché se anche tre quarti dei centomila bambini si "perdessero di vista", i rimanenti sarebbero già un buon campione. Il problemaè piuttosto che gli obiettivi dello studio sono poco specifici. Sarebbe meglio concentrarsi sul legame fra alcuni fattori e alcune malattie. Ad esempio tutti vorremmo sapere se e quanto la leucemia è dovuta al radon, o ai raggi cosmici, o alla radioattività della terra o alle radiazioni da esami medici. Oppure vorremmo sapere la sicurezza dei tanti vaccini e l’efficacia nel proteggersi dalle malattie. In ogni caso le conoscenze di un’analisi genetica ed ambientale cosi estesa sarà un grande regalo al nostro futuro. UMBERTO VERONESI, la Repubblica 17/2/2010;