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 2010  febbraio 14 Domenica calendario

GOVERNEREMO LE CITT LIBERATE" IL BANCO DI PROVA DEL PIANO OBAMA - KABUL - I

prossimi giorni saranno contrassegnati da duri scontri, ma non c´è dubbio che le truppe Usa e afgane riusciranno alla fine a cacciare i Taliban dalla roccaforte di Marja. E il difficile verrà allora.
Da otto anni a questa parte, infatti, le forze Usa e Nato hanno organizzato operazioni militari per liberare città grandi e piccole dai ribelli, e pressoché invariabilmente, dopo aver fatto pulizia, non hanno lasciato sul posto presidi militari e di polizia adeguati. Così, quasi sempre, i Taliban sono tornati e, dopo qualche tempo, anche le truppe americane e della Nato sono tornate per un nuovo repulisti. Questa volta i vertici militari americani vogliono impiegare a Marja, la maggior roccaforte dei Taliban, una strategia inedita: insediare un´amministrazione afgana supportata da forze di polizia, con il sostegno aggiuntivo di truppe Usa e britanniche. «Abbiamo pronto un governo in scatola», spiega il generale Stanley McChrystal, comandante della forza americana in Afghanistan. In effetti Marja, nelle intenzioni, dovrà servire da prototipo per operazioni militari di nuovo genere, basate sulle strategie di controinsurrezione propugnate da McChrystal prima della decisione del presidente Obama, in dicembre, di portare le forze Usa in Afghanistan a quasi 100.000 unità.
L´impegno delle truppe sarà meno focalizzato all´eliminazione fisica dei ribelli Taliban e più mirato a risparmiare i civili e a costruire uno stato afgano. «La popolazione non è il nemico», ha detto ai suoi uomini il generale di brigata Larry Nicholson, comandante dei marines nell´Afghanistan meridionale: «La popolazione è la posta in palio, il motivo per cui agiamo». Per realizzare questi obiettivi gli americani e i loro alleati intendono espugnare la zona limitando al minimo la violenza. L´operazione a Marja, spiegano i comandanti militari, non dovrà seguire le orme di quella del novembre 2004 a Fallujah, in Iraq, quando la città fu in gran parte distrutta.
Gli obiettivi fissati da McChrystal, a operazione conclusa, sono tuttavia ben più ambiziosi di quelli strettamente militari. Per la prima volta è stata assemblata un´amministrazione afgana, con un governatore afgano, che si insedierà a Marja una volta cessato il fuoco. già pronto anche un contingente di più di 1.900 agenti di polizia.
Insediare un governo locale in questo paese impoverito non sarà semplice. Il governo afgano e la sua polizia sono malvisti in tutto il paese e giudicati incapaci e corrotti. «Vogliamo mostrare alla popolazione che siamo in grado di dar loro forze di polizia, servizi, sviluppo», dice il luogotenente generale Mohammed Karimi, vice capo di stato maggiore dell´esercito afgano. «Vogliamo convincere gli afgani che il governo agisce nel loro interesse».
In una prospettiva più ampia, l´attacco a Marja si configura come la prima mossa di un´ambiziosa iniziativa mirata a sconfiggere i Taliban nel loro territorio. Nei prossimi mesi gli americani sperano di conquistare un´area a forma di ferro di cavallo che corre lungo il fiume Helmand fino al confine pachistano, passando per Kandahar. In quella striscia si concentra l´85 per cento della popolazione delle province di Kandahar e Helmand, che rappresentano la base di consenso dei Taliban. Nei prossimi mesi, inoltre, è previsto il trasferimento di migliaia di truppe americane e afgane nell´area. «Tentiamo di togliere ai Taliban ogni speranza di vittoria», dice McChrystal. Verrebbero così a crearsi le basi per un accordo politico che secondo il generale è l´unica via per giungere alla fine del conflitto.
E tuttavia, i rischi insiti in questa strategia sono palesi. A otto anni dalla loro cacciata da Kabul i Taliban sono più forti in battaglia e più presenti sul territorio di quanto non siano mai stati dall´inizio della guerra nel 2001. Dispongono di "governi ombra" in ogni provincia, fatta eccezione per Kabul. Nel 2009 il numero dei militari Usa uccisi è raddoppiato rispetto all´anno precedente. E, anche dopo l´offensiva, esiste la possibilità che i ribelli si rifugino in qualche altra zona del paese. già successo in passato.
(Copyright New York Times/La Repubblica. Traduzione di Emilia Benghi)