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 2010  febbraio 16 Martedì calendario

VIALE MAZZINI, LA MALEDIZIONE DELL’INTERIM

Per ora si naviga a vista. Non si conosce ancora un piano strategico, a parte qualche bozza finita sui giornali, né la sorte che toccherà alle consociate Rai piene di consiglieri di amministrazione, macchine blu e segreterie. Di certo si conoscono le perdite della tv di Stato, 116 milioni di euro, che pare non allarmino più di tanto i vertici di viale Mazzini (a parte i dipendenti), i nomi e i cognomi e le storie di una schiera di dirigenti parcheggiati genericamente a disposizione di qualcuno; e la moltiplicazione di deleghe ad interim per i vice direttori generali e lo stesso direttore generale.
A tutt’oggi, infatti, nonostante il buco economico, le direzioni corporate senza un direttore, quelle per intenderci preposte a condividere e a attuare le scelte e le linee strategiche aziendali, sono sette: Finanza e pianificazione governata ad interim dal direttore generale della Rai, Mauro Masi, Acquisti e servizi, Coordinamento sedi regionali, Sviluppo e coordinamento commerciale affidate al vice direttore generale, Gianfranco Comanducci, Risorse artistiche nelle mani di un altro vice dg, Lorenza Lei, e per finire, la direzione centrale-Marketing, e tv gestita da Antonio Marano. L’ultima perla, poi, di una Rai gestita ad interim, tant’è che da tre mesi è senza un amministratore delegato, riguarda la Sipra, cioè la concessionaria della Rai per la raccolta pubblicitaria. Una società più che mai strategica (fattura circa un miliardo di euro l’anno), che dopo le dimissioni-rimozione di Maurizio Braccialarghe nel novembre scorso, non ha ancora nominato un nuovo amministratore delegato ed è affidata alla cure del direttore generale Aldo Reali.
Quali siano le vere ragioni di così tanti interim in un’azienda, come la Rai, dove i dirigenti fuori ruolo o senza incarico lievitano come il pane, è difficile concepire, ma è certo che se quelle direzioni corporate esistono è perché hanno una loro funzione che non può certo essere esercitata all’infinito senza un capo.
Tutto questo mentre all’orizzonte si profila il rinnovo dei cda delle consociate: da Raicinema che come l’azienda madre è governata ad interim nel settore Controllo e finanza e Risorse umane-servizi generali, a Raitrade per finire a Rainet, Rai Corporation, a Raisat (che da quest’anno non gode più dei proventi di Sky, pari a circa 50 milioni di euro annui) fino alla Newco Rai Internazionale. Cosa accadrà allora? Si nomineranno i nuovi vertici o si andrà anche qui ad interim? Chissà. A viale Mazzini, di fatto, nessuno sembra sapere nulla. Né qualcuno appare intenzionato, vista la situazione e le difficoltà economiche dell’azienda, a richiamare in campo risorse di lungo corso ed esperienza come ad esempio Claudio Cappon, Piero Badaloni, Paolo Ruffini. Tutti super dirigenti ben pagati, ma tagliati fuori dalla stanza dei bottoni. Eppure la parola d’ordine è tagliare i costi. Sì, ma quali. L’orchestra Rai? Parrucchieri, truccatrici e inservienti? Troppo poco naturalmente per fare cassa. Ecco, allora, che secondo le indiscrezioni circolate al settimo piano di viale Mazzini entro l’anno potrebbero chiudere i battenti Rainotte, il Prix Italia, ma anche l’Ict di Torino (che rischia clamorosamente di essere sacrificato nonostante il patto bipartisan siglato ieri nel capoluogo Piemontese) nonché alcune sedi estere di corrispondenza e il canale RaiMed. Un canale, quest’ultimo, lasciato quasi alla deriva, nonostante le ipotesi di rilancio prevedano circa dieci milioni di euro di investimenti, messi sul tavolo dalla Regione Sicilia, da Enel e Eni. Certo, pochi rispetto ai 116 milioni di euro di buco nel budget di viale Mazzini ma comunque di più, almeno di 1 milione e mezzo rispetto a quanto fatturato lo scorso anno in pubblicità dalla Sipra in occasione del Festival di Sanremo. E già, lo scorso anno, infatti, gli introiti - che pure non coprirono le spese - furono di circa 8,5 milioni di euro. Quest’anno dagli uffici Sipra qualcuno si lascia sfuggire che per la gara canora sanremese se si arriverà a 6 milioni (di euro) sarà un successo. Come dire: sempre di meno di più.
E’ chiaro, allora, che in una Rai così ingessata, dove tutto è il contrario di tutto, e si quantificano in milioni di euro le perdite ma nonostante ciò si moltiplicano gli incarichi nelle reti e nei Tg, e si distribuiscono interim come caramelle, allora anche una puntata di testimonianza storica, drammatica per l’epilogo, come quella su Vittorio Bachelet finisce fuori dalla porta e dopo 24 ore, per le polemiche, rientra dalla finestra. Insomma, chi prima si alza la dice più grande. Per questo anche la vicenda Morgan a Sanremo rischia di finire in barzelletta.
Paolo Festuccia