Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 15 Lunedì calendario

IL PIANO INCLINATO DI BOLOGNA

A Bologna non si sorprendono che il primo scioglimento di un consiglio comunale sia avvenuto in seguito a una liaison dangereuse. Qui sulle femmine si è sempre stati un po’ fragili. I vecchi ricordano ancora, ad esempio, il corteo di protesta organizzato nel 1964 dai tifosi rossoblù per i tre punti di penalizzazione inflitti in seguito a infondate accuse di doping. Dal bar Otello di via Orefici partirono in cento, diretti alla sede del Bologna Football Club, che era allora in via Testoni. Ma dopo pochi metri, davanti a San Petronio, due manifestanti si staccarono, avendo notato una turista svedese. All’inizio di via Ugo Bassi le defezioni erano già una decina, tutte a causa di qualche sottana da seguire. Alla sede di via Testoni, assicurano i testimoni, arrivarono in tre.
Però questa volta la debolezza della carne ha prodotto una «ferita profonda», ha scritto il professor Gianfranco Pasquino. L’arrivo di un commissario prefettizio è uno smacco senza precedenti. E’ come se lo Stato dicesse: voi bolognesi, da soli, non sapete amministrarvi. Proprio Bologna, che è stata per decenni un modello di efficienza. «Un commissariamento così lungo – ha detto un altro illustre professore, Angelo Panebianco – rimarrebbe nella memoria dei bolognesi, mi sembra una cosa indecente». Eppure a simil indecenza siamo arrivati. Quel che è successo, ha scritto ancora Pasquino su Il Fatto, induce a «un’approfondita riflessione su che cosa è diventata Bologna». Anche l’ex sindaco Giorgio Guazzaloca pensa che Bologna sia «un corpo ormai debilitato», ha detto al Corriere.
Bologna città in declino? «Non credo – ci dice Renato Zangheri, sindaco negli anni d’oro, dal 1970 al 1983 ”. Poi ormai bisogna guardare tutto con un binocolo mondiale: voglio dire che certi problemi sono planetari». Vero: tutti hanno problemi. Ma che fine ha fatto il mito non solo della buona amministrazione, ma anche della qualità della vita, di cui Bologna era regina in Italia? Una volta la bolognesità era un marchio di garanzia. Pupi Avati racconta che quando, da giovane, doveva affiancare come aiuto regista il grande Vittorio De Sica, questi gli chiese le credenziali, ma appena sentì che era di Bologna si fermò, «basta così, va bene così»: abile e arruolato perché bolognese.
Francesco Guccini ha lasciato Bologna dieci anni fa e si è rifugiato sull’Appennino pistoiese. «Effettivamente – ci racconta – la città che mi piaceva non c’è più. Ma può darsi che io la confonda con la mia giovinezza». Un tempo che ha raccontato in un’autobiografia appena uscita per Mondadori, «Non so che viso avesse». Anche per Guccini il commissariamento è uno schiaffo: «Sono cose che possono capitare, ma che a Bologna non dovrebbero capitare».
Luca Goldoni invece Bologna non l’ha mai voluta lasciare. All’inizio degli Anni Settanta rischiò di perdere la grande occasione della vita, e cioè l’assunzione al Corriere della Sera, perché non voleva trasferirsi a Milano. Spadolini, che era direttore del Corriere, lo cacciò in malo modo. Poi cedette e accettò le condizioni del candidato all’assunzione: qualifica di inviato e sede a Bologna, cioè a casa propria. «Non so se oggi Bologna sia decaduta – ci racconta ”. Certamente si è imbastardita. E’ più sporca, meno sicura. Molti sono venuti da fuori e non hanno il senso di appartenenza. Ormai la bolognesità la trovi nelle bocciofile dei pensionati». La vicenda Delbono gli pare la prova di un degrado: «Mi colpiscono l’ingenuità e l’arroganza. Certi politici credono di essere come le salamandre, che passano nel fuoco e non si scottano. Ma come poteva pensare di non essere beccato? E’ talmente sprovveduto che non ha messo in conto come si comporta una donna abbandonata. Oggi nessuno accetta più di essere lasciato: gli uomini ammazzano fisicamente, le donne ammazzano moralmente. L’ha fatto la moglie di Mario Chiesa, l’ha fatto Veronica. L’uomo abbandonato è un pitone che stritola, la donna una vipera che ti avvelena».
Il Circolo Bononia di via Castiglione, proprio sotto le due torri, è uno dei più antichi della città. Si ritrovano imprenditori, professionisti, docenti. L’avvocato Davide Vicari è uno dei consiglieri. Ci parla del lento ma inesorabile declino di una classe politica: «Dozza è stato il grande sindaco incorruttibile, che viveva con la moglie in un modesto appartamentino di periferia. Quando passava il Giro d’Italia, andava a vederlo insieme con gli operai. Anche Zangheri è stato un grande sindaco. Anche Imbeni, che pure fu sottovalutato. Il piano inclinato è cominciato con la candidatura della Bartolini: la gente diceva ”quella non ha mai lavorato”, e votò Guazzaloca. Il secondo errore è stato Cofferati: un sindaco assente. Delbono è il terzo errore, molto grave perché certi suoi comportamenti erano noti a tutti. Ora per rimediare occorre un candidato strepitoso: io spero che sia una donna, sotto certi punti di vista le donne sono più affidabili». Sempre al Bononia incontriamo l’imprenditore Otello Giovannini: è uno dei tanti bolognesi che dicono che Bologna non è più quella di una volta: «Anni fa dopo cena uscivamo di qui e andavamo a passeggiare fino in via dell’Indipendenza, che oggi la sera è una strada impercorribile. L’immigrazione da noi ha creato problemi pesanti. E siamo la città più sporca del mondo, perlomeno quanto a graffiti sui muri».
Sandra Albanelli Zinelli è presidente dell’Aidda – associazione di donne imprenditrici e dirigenti d’azienda – per l’Emilia Romagna: rappresenta 130 imprese. Secondo lei «il senso di onnipotenza di un Delbono è il segno del declino di una classe politica, non della città». Il commissario? «Non lo vedo come una jattura. Anzi, potrebbe essere salutare una tabula rasa. Mi stupisco che le associazioni di imprenditori abbiano chiesto il ritiro delle dimissioni del sindaco». Il sindaco e la sua ex amante, alla fine si torna sempre lì. Un tormentone. «Con tutte quelle vacanze al mare – dice Luca Goldoni – da Santo Domingo al Messico a Capri, sembra un cinepanettone. Anzi, un Cinzia-panettone».
Michele Brambilla