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 2010  febbraio 14 Domenica calendario

Le sconfitte di Custoza e Lissa

20 luglio 1866
Daghe, che la ciapemo
La Terza guerra d’indipendenza per la liberazione del Veneto parte male e continua peggio. A Custoza, vicino a Verona, gli italiani perdono una battaglia che gli austriaci non si erano neanche accorti di avere vinto. Il generale La Marmora si ritira rovinosamente, mentre il collega Cialdini, che lo detesta, rimane accampato con l’altra metà dell’esercito senza muovere un dito. L’umiliazione è grande, immediata la necessità di riscatto. Il ministro Depretis, futuro presidente del consiglio, viene spedito ad Ancona per convincere l’ammiraglio Persano ad abbandonare gli atteggiamenti da crocierista e passare all’azione. Un bel tipo, questo Persano, più abile a maneggiare la politica che il timone. Servile con i superiori, almeno quanto è arrogante con i sottoposti, obbedisce controvoglia e trascina la sua flotta all’arrembaggio dell’isolotto di Lissa, litigando quasi subito con i due vice, Albini e Vacca. Ma la mattina del 20 luglio ecco profilarsi all’orizzonte le navi austriache. Sono meno delle nostre, e peggio equipaggiate. Ma piene di veneti. Anche chi le comanda, Tegetthoff, ha imparato il mestiere a Venezia ed è in dialetto che impartisce gli ordini al capo timoniere Vincenzo Vianello. «Daghe dosso, Nino, che la ciapemo», gli urla, quando vede l’ammiraglia italiana «Re d’Italia» in difficoltà. Vianello la manda a fondo insieme con il prode capitano Emilio Fàa di Bruno, mentre Persano è già scappato da tempo su un’altra barca per dare l’unico ordine che gli riesce spontaneo: la ritirata. La flotta italiana perde due navi e 620 persone, quella austriaca solo 38. «Uomini di ferro su navi di legno hanno battuto uomini di legno su navi di ferro», annuncia Tegetthoff ai propri marinai, che lanciano in aria il berretto al grido di Viva San Marco! La crociata di liberazione del Veneto è stata affondata dai veneti. Ma non è che il primo schiaffo. Il secondo arriva alla fine della guerra persa dall’Austria (certo non per merito nostro): il Veneto passa all’Italia attraverso la mediazione francese. Napoleone III scherza: «Questi italiani! Ancora una sconfitta e mi chiederanno Parigi». Secondo un costume collaudato, Persano assurge a capro espiatorio: processato e degradato. I giornali rivelano anche una storia di tangenti nella costruzione delle navi. L’unico a salvare la faccia è Garibaldi, spedito sui monti del Trentino con i suoi volontari. Trionfa a Bezzecca ed è a un passo da Trento quando viene fermato dal telegramma di La Marmora che gli ordina di interrompere le ostilità. La sua è una delle risposte più sofferte e sintetiche della storia: «Obbedisco». Un militare vero, lui.