Luca Mastrantonio, Il Riformista 2/2/2010, 2 febbraio 2010
L’ULTIMA CENA DI LOST DRAMMA TV SUL SENSO DELLA VITA E DELLA MORTE
L’inizio della fine. Oggi, negli Usa, verrà trasmessa la prima puntata dell’ultima serie, la sesta, di Lost. La serie televisiva che sta cambiando la fiction televisiva e, forse, sta creando una nuova frontiera di narrazione. Simultanea, atemporale, corale, etica ed epica. Una frontiera per certi versi antica, perché le tecniche narrative di Lost, per esempio, le più innovative, sono in realtà simili a quelle dell’epica classica (e di questo abbiamo già parlato), ma rivisitata in modo da risultare avanguardia. Tecniche del cinema e della tv si mescolano facendo risaltare al meglio temi e schemi narrativi dei romanzi di vari generi, per confluire in un prodotto unico che, novità palpabile quest’anno, ha sincronizzato gli orologi biologici dei suoi fan, sparsi in tutto il mondo. Grazie anche alle nuove tecnologie, ovviamente.
Ci sono state, infatti, altre opere di fiction seriale di grande successo, planetario, come The Bold and Beautiful, o Twin Peaks (vero padre spirituale di Lost, anche se resta un telefilm di genere, un giallo soprannaturale). Ma in ogni paese, a seconda della data di messa in onda delle prima stagione, queste serie rispettavano una specie di ora locale, un fuso orario, una differita che poteva anche consistere in anni (in Germania, per esempio, Beautiful è ”più indietro” rispetto all’Italia). Certo, chi viaggia per il mondo o ha dimestichezza con le tecnologie può ”portarsi avanti” anche con le serie tradizionali. Ma chi resta indietro non si sente ”bruciato sul tempo” dalle informazioni degli altri.
Con Lost no. Perché? Per molti motivi. Soprattutto perché Lost è un giallo collettivo, un giallo di quelli analizzati da Northrop Frye, per cui il giallo è un dramma rituale in cui giochiamo al sacrificio umano, analisi sviluppata da Guido Vitiello nel saggio sulla detective story La commedia dell’innocenza (Sossella editore). Come ogni organismo narrativo a chiave, Lost non può tollerare che qualcuno possa svelarne il finale. La serie in Italia verrà trasmessa, con possibilità di doppiaggio e/o in Hd, da Fox, a partire dal 10 febbraio, ogni mercoledì, alle 21e10, appuntamento imperdibile. Si tratta di una messa in onda in differita di una settimana. Nella corsa contro il tempo, però, si è inserita anche Telecom, che tramite un accordo con la Walt Disney Company rende disponibile, da domani, i nuovi 18 episodi della sesta stagione, con solo 24h di differita: sul pc tramite il sito lost.cubovision.it e sulla tv attraverso l’IPTV e CuboVision. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.
L’ultima stagione è stata presentata a Waikiki Beach, Honolulu, con il cast e 10.000 fan, tra cui i fortunati vincitori che hanno vinto alcuni minuti d’anteprima, che poi sono stati messi su YouTube, per essere condivisi. I fan di Lost sono in crisi di astinenza come drogati di fronte ad una farmacia chiusa, o peccatori di fronte ad una chiesa. I fan hanno anche fatto lobby. Contro la Casa Bianca. E hanno vinto. Qualche settimana fa s’era paventato il rischio che il Discorso all’Unione che il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, potesse far slittare la prima puntata, ma la Casa Bianca ha spostato il discorso del presidente, per non rovinare la festa a Lost. Anche perché decine di migliaia di fan erano insorti sui social network, tanto cari a Obama, almeno per la fase della campagna elettorale. «Con il suo discorso sullo Stato dell’Unione davanti al Congresso, il presidente Barack Obama non metterà in pericolo la messa in onda della prima puntata della sesta e ultima stagione di Lost», ha assicurato il portavoce del presidente Robert Gibbs.
La stessa Abc che produce la fortunatissima serie ha prodotto dei promo con scene inedite, per allentare la tensione - o acuirla, ma ce ne è bisogno? - in vista della vigilia. Piccoli flashforward - il contrario del flashback, dunque ancitipazioni, profezie - per coloro che da anni si fanno le domande che s’addensano sull’isola del Pacifico dove sono naufragati i protagonisti di Lost: chi sopravviverà? Chi morirà? Ma, soprattutto, sono vivi o sono morti? Sono veramente su di un’isola misteriosa, che viaggia nello spazio e nel tempo, o sono sospesi nel Purgatorio? E Kate, tornerà con Jack? E John, che piani ha? Chi sarà sacrificato, qual è il capro espiatorio? Chi tradirà chi? Domande piccole e grandi che servono a porsi non tanto la solita domanda, perché sono qui, ma un suo derivato, perché, una volta che riesco a fuggire dall’isola, ci voglio tornare. C’è un altro posto per noi dopo la morte? Com’è? Perché la nostra vita può assomigliare alla vita dopo la morte?
La fine di questa serie è attesa con un senso escatologico, quasi messianico, dai fan (che infatti hanno dato infinite interpretazioni alla foto dei protagonisti in posa come all’Ultima cena di Leonardo). Poiché di un’opera televisiva sul senso si tratta: il senso del perdersi, del ritrovarsi, della vita, della morte, dell’amore, dell’amicizia, del potere. E il senso è dato dalla totalità dell’esperienza e dall’aspetto formativo di questa esperienza vissuta. In questo, in questa sua unità sintagmatica, sta la novità di Lost. Questo incredibile pastiche, che comprende elementi avventurosi da romanzo picaresco, momenti lagnosi da telenovela amorosa, battaglie epiche, episodi di magia, paradossi narrativi da romanzo di fantascienza, è alla ricerca di un senso ultimo, cui guida gli spettatori attraverso i suoi protagonisti. Protagonisti che hanno evoluzioni, involuzioni, trasformazioni. Un collettivo romanzo di formazione, per ora un romanzo di formazione aperto, perché siamo in attesa del finale e perché, soprattutto, sappiamo che la novità diLost è il gioco dei piani temporali. Potremmo assistere, come finale della serie, ad episodi che sono precedenti, cioè flashback. Al contrario, potremmo assistere all’ultimo flashforward, tipo 50 anni dopo la caduta dell’aereo.
Già, l’aereo. Tutto nasce da lì. Da un aereo che cade e cambia per sempre il nostro immaginario. L’immaginario occidentale degli spettatori di questa serie irresistibile (molti di quelli che dicono che non lo seguono, sostengono che c’è troppo pathos, troppo ritmo, troppa tensione). Un graffio nella retina dell’occhio, una scheggia di metallo e carburante incendiario che s’infila nell’occhio (molti episodi si aprono con un occhio sgranato, immagine che potrebbe chiudere la serie, in molti hanno ipotizzato). Sembra, quel maledetto volo dell’Oceanic, il quinto aereo dell’undici settembre. Devastante, emotivamente, come i primi due, che sembrano uno la ripetizione dell’altro, l’orribile remake, la trasmissione in differita; misterioso se non addirittura ”fantasma” come quello che colpisce il Pentagono; controverso ed eroico come il quarto, dove i passeggeri si sono ribellati ai terroristi (per altri sarebbe stato abbattuto dai caccia americani). L’aereo di Lost è tutti questi aerei messi assieme: un impatto violento e celeste, che ci viene mostrato decine di volte, come gli aerei delle Twin towers; un clone di sé stesso, una presunta messa in scena, come l’aereo del Pentagono; un’aereo dove i passeggeri, pur a costo di morire, si ribellano all’orrore, al destino che li ha messi in sacco, come il volo United 93. Con la differenza, non da poco, che in Lost ci sono dei sopravvissuti. O almeno, per ora sono sopravvissuti.
Luca Mastrantonio, Il Riformista 2/2/2010