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 2010  febbraio 14 Domenica calendario

«ECCO PERCH NON POTEVO LICENZIARE BALDUCCI»


«Siamo fermi al 1992». Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, parla a tutto campo con il Riformista delle ultime inchieste partite dalle procure di Firenze e di Milano su appalti, tangenti e opere pubbliche che hanno visto coinvolti il capo della Protezione civile Guido Bertolaso e politici del centrodestra. E si difende dall’accusa di aver promosso, da ministro dei Lavori pubblici del governo Prodi, la carriera di Angelo Balducci, arrestato con l’accusa di corruzione: «L’ho spostato due volte, ma non potevo licenziarlo».

Le vicende giudiziarie di questi sono slegate, «ma – secondo l’ex pm di Mani Pulite – la questione è molto simile perché riguarda da vicino il ricambio generazionale e giudiziario dell’imprenditoria e della politica. Lasciando da parte le fregnacce che si sono dette sulla mia fotografia con Bruno Contrada, nel ’92 avevamo trovato un tumore sociale e abbiamo cercato di curarlo in terapia d’urgenza. Dopo però la cura sarebbe dovuta continuare. Così non è stato. Non l’hanno permesso. E questi sono i risultati».
Onorevole, avete già chiesto le dimissioni del capo della protezione civile, non vi sembra un po’ prematuro? Non era meglio aspettare l’esito del lavoro della magistratura?
Ma vede, che la magistratura continui a lavorare non ci piove. Resta però evidente che Bertolaso debba dimettersi per un motivo molto semplice: è il titolare di un ufficio del malaffare. il primo rappresentante di affari sporchi, poco chiari, che il governo vuole di fatto ”ingegnerizzare” con l’istituzione della Protezione Civile Spa. Di fronte a una situazione di questo tipo non si può che rassegnare le dimissioni.
Scusi, ma ingegnerizzare cosa vuol dire?
Significa che se prima, nei casi delle emergenze, esisteva già un vezzo delle tangenti per cercare di velocizzare lavori che poi non andavano avanti, ora si è di fatto trovato l’escamotage per rendere lecito quello che prima non lo era. Mi riferisco al terremoto dell’Irpinia o del Belice, dove i ritardi sono stati tanti e dove si è fatto poco. Ora si cerca di lavorare più velocemente, legittimando però gli stessi errori di prima. E poi cosa c’entra parlare di procedura d’urgenza per eventi come l’Expo 2015 o l’Unità d’Italia? L’Expo sarà tra cinque anni. Che c’azzecca l’urgenza?
Il sistema però è migliorato. Bertolaso si è distinto in questi anni per grandi capacità sul campo, molti abruzzesi stanno tutt’ora dalla sua parte…
Io non discuto Bertolaso come professionista. Sia chiaro. Il mio discorso è differente. Riguarda il modo in cui si sta comportando la pubblica amministrazione, gestita ancora adesso da politici o imprenditori indagati, in una connessione continua di affari la cui illegalità alla fine sale sempre a galla per merito della magistratura.
Il centrodestra le rinfaccia di non aver fatto nulla però contro uno come Angelo Balducci, ora in carcere, quando lei era ministro dei Trasporti.
Io me lo sono trovato presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e l’ho spostato a capo del Dipartimento per le infrastrutture statali. Volevo una rotazione continua tra le cariche. La mia scelta era proprio quella di far ruotare questi nomi, così da spezzare quella catena, quella connessione che lega molti politici a personaggi di questo tipo. Con Balducci l’ho fatto per ben due volte, di questo mi sia dato atto.
Ma se aveva già dei dubbi a riguardo non avrebbe potuto chiederne le dimissioni?
Io non avevo niente contro Balducci. E la legge non me lo avrebbe sicuramente permesso. Allo stesso modo, mi sono comportato con Mautone trasferendolo. Ciò che volevo fare era spezzare questi possibili legami di malaffare.
Cos’è mancato in questi anni alla politica e all’imprenditoria italiana?
Sono mancate cose molto semplici che chiediamo a gran voce da tempo. Che i politici che hanno una condanna pendente si dimettano da parlamentari. E che gli imprenditori che hanno subito condanne in seguito a processi su appalti nella settore della sanità come nelle infrastrutture, non possano più operare in questi contesti. Vedrà che se facciamo un rapido calcolo, facendo piazza pulita, nessuno dei protagonisti di adesso potrebbe più operare in Italia. Solo in questo modo si riesce a spezzare una catena che continua ininterrotta da decenni.
Mi fa qualche esempio?
Penso al gruppo Margegaglia. O mi viene in mente Ligresti che era uno dei protagonisti dello sviluppo immobiliare di Milano negli anni ”90 e lo è anche ai giorni nostri.
E di quanto sta succedendo nel capoluogo lombardo cosa pensa?
Pennisi rischia di diventare solo uno dei tanti. Quando accadono fatti di questo tipo significa che è stato aperto un tappo di una situazione che va avanti da tempo. E ora tutto rischia di esplodere, come all’epoca di Tangentopoli con Mario Chiesa.
Ci sono differenze secondo lei?
L’unica differenza evidente è che ora si cerca di delegittimare il lavoro dei giudici.
Nel caso del consigliere Pennisi mi pare che nessuno abbia scelto di scagliarsi contro i magistrati. stato trovato con i soldi in mano.
Vedrà che fra qualche giorno arriveranno anche a questo. Attaccano in ogni modo i magistrati cercando di gettare fango su un lavoro sacrosanto. Ai nostri tempi almeno c’era un po’ di rispetto, ora neanche quello.
L’avranno colpita le risate di alcuni imprenditori dopo il terremoto in Abruzzo
Non mi sorprendono. Si figuri che durante le intercettazioni su Mario Chiesa nel ”92, venne fuori pure una compravendita illecita delle casse da morto al Pio Albergo Trivulzio: le pompe funebri facevano a gara sulle morti dei vecchietti.
Alessandro Da Rold, Il Riformista 14/2/2010