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 2010  febbraio 16 Martedì calendario

”INSIEME” SI VINCE

La città di Marjah, nell’Afghanistan meridionale, a qualche centinaio di chilometri a sud di Kabul, è quasi sotto il controllo della coalizione. Dieci distretti su 13. Il grosso dei Taliban si è asserragliato in una zona mentre le autorità afgane intimano ai militanti di arrendersi. L’operazio - ne ”Insieme”, detta in dari ”Mu - s h t a ra k ” – lingua parlata da mezzo Afghanistan, ma non al sud dove si combatte – sta andando meglio e più velocemente del previsto. Solo qualche giorno fa, il generale Larry Nicholson, comandante dei marines nel sud, parlava di almeno quattro settimane per sbaragliare i Taliban, un paio di migliaia di uomini armati, invece la poca resistenza, anche se dura in alcune zone, accompagnata dalla forza delle mine che lastricano le strade, ha fatto sì che i militari, seppur lentamente, avanzassero inesorabili. Eppure quella di Marjah è stata un’offensiva unica nel suo genere. Intanto è la prima lanciata dal presidente Obama da quando ha diffuso la nuova strategia per l’Afgha - nistan affidandosi ai piani del generale McChrystal. Secondo, è la prima operazione di tale grandezza che vede la presenza di 15mila uomini, ma a differenza di tutte le azioni precedenti, la maggior parte dei soldati, il 60%, sono afgani. E per arrivare a questo punto l’ope - razione è slittata di settimane, per essere sicuri che gli afgani potessero per la prima volta avere il controllo della situazione. Terzo, sempre per settimane la gente è stata avvertita con volantini e megafoni di quello che stava per accadere, alcune famiglie, circa un migliaio sono state evacuate, a tutti gli altri (la città ospita tra le 80 e le 120mila persone) è stato chiesto di non dare rifugio ai Taliban, di restare a casa e tenere la testa bassa. Ma non solo, nei giorni prima l’imminente attacco, i marines hanno riunito 400 leader tribali, spiegando nei dettagli cosa sarebbe accaduto a Marjah, consci che tra di loro potevano esserci anche dei Taliban, ma convinti che questo fosse l’uni - co modo di far arrivare un messaggio, quello che anche i combattenti, in quella che invece è la nuova strategia del presidente Karzai, possono scegliere di deporre le armi e ricevere uno stipendio e un futuro lavoro, se abbandoneranno la lotta armata. Le reazioni sono state contrastanti, alcuni capi tribali hanno sospirato all’idea di liberarsi della presenza dei Taliban, altri si sono dimostrati molto preoccupati per il rischio di vittime civili, altri ancora erano troppo spaventati solo di parlare con i Taliban. Tutti però hanno fatto capire che gli americani, soprattutto se in testa c’era l’esercito afgano, non avrebbero incontrato resistenza da parte della popolazione. Quarto: per la prima volta nella storia militare dell’Afghanistan, quando l’assedio sarà concluso i militari della Nato non se ne andranno, resteranno per tenere la sicurezza della città mentre 2000 poliziotti afghani che stanno già nelle retrovie, prenderanno il controllo della sicurezza. Ma non solo: quando la città sarà sicura, arriveranno impiegati statali che rimetteranno in piedi l’apparato pubblico. L’idea degli americani è che l’uni - co modo per conquistare una città, debba avvenire attraverso le istituzioni perché militarmente, soprattutto se gli americani vogliono iniziare un parziale ritiro l’anno prossimo, non ce la si può fare. Non a caso, mentre si sa che sono morti 6 soldati Nato in tre giorni (4 americani e due inglesi), e 12 civili - di cui il generale McChrystal si è detto costernato ancora prima che arrivassero i dati sulle vittime - non si sa nulla dei caduti tra i Taliban. Perché non fa alcuna differenza, il punto non è uccidere i militanti, ma conquistare la gente. Gli americani sanno che i Taliban si spostano facilmente tra i pashtun (anche per questo con l’esercito afghano avanti si riesce a distinguere meglio tra contadini e militanti), che molti dei capi se ne sono andati, prima che iniziasse l’of fensiva, per ripiegare in altre zone come fanno sempre, ma la Nato sembra essere convinta che se la gente si sentirà al sicuro e avrà nello Stato un punto di riferimento, un domani sarà in grado di difendersi. In teoria il piano è il migliore che gli americani abbiano mai pensato in quella che sta per diventare nel giro di qualche settimana, la guerra più lunga della Storia dell’Ame - rica. Il problema non è la fattibilità. La questione è il dopo: Il settore pubblico afgano non è credibile con la sua corruzione endemica, la mancanza di capacità di spezzare quel legame che lega i pashtun ai Taliban, ma anche ai trafficanti di droga con i quali hanno creato un vero e proprio governo ombra. Per vincere conterà la voglia della gente di cambiare una regione che da anni sopravvive con le coltivazioni di oppio particolarmente rigogliosa grazie anche all’immenso progetto di irrigazione che gli americani fecero negli anni Cinquanta.