Emma Fattorini, Il Sole-24 Ore 14/2/2010;, 14 febbraio 2010
CATTOLICESIMI D’ITALIA
Le critiche al Risorgimento a opera dei più autorevoli filoni del nostro pensiero nazionale – basti pensare a Croce, Gentile , Gramsci’ si sono trasformate, nell’ultimo ventennio nella banale svalorizzazione del processo che ha portato all’unità d’Italia fino a quella sua irresponsabile delegittimazione che anche il Presidente Giorgio Napolitano ha denunciato con preoccupazione. A questa opera demolitoria ha non poco contribuito una certa storiografia d’effetto che ha finito con l’avvallare gli atteggiamenti più demolitori e "negazionisti": mi riferisco a una "storiografia" cattolica intransigentefondamentalista che ha demonizzato il processo risorgimentale in quanto espressione anticlericale di un illuminismo violentemente laicista. Le cose sono assai meno brutali e banali. In Italia, la religione cattolica si è fatta nazione durante il Risorgimento, o del movimento che giusto un secolo e mezzo fa ha creato l’Italia unita è stata insieme l’ostacolo e la vittima sacrificale?
L’idea di nazione cattolica è nata da una precisa matrice culturale: «Il rapporto genetico tra religione cattolica e civiltà cristiana, posta come centro irradiante della civiltà europea in contrapposizione in alternativa all’incivilimento di matrice illuministica». Ma di civiltà cristiana esistevano due idee. La prima vedeva nella Riforma protestante l’origine di ogni sovvertimento per avere rovesciato il modello di Christianitas
medievale: madre di tutte le successive catastrofi della modernità, l’offesa di Lutero, che si sarebbe reincarnata poi nella rivoluzione francese, restava una irrecuperabile manifestazione luciferina. La seconda idea di civiltà cristiana, intesa come continuo divenire, nasceva invece da un’idea di continuità e non di rottura, sviluppo e penetrazione progressiva del cristianesimo con le varie istanze e i diversi passaggi del mondo moderno. La ricostruzione compiuta da Francesco Traniello in Religione e Stato nazionale,
mostra come abbiano interagito dal Risorgimento al secondo dopoguerra queste due diverse, quando non contrappo-ste, idee di nazione cattolica.
La grande crisi del 1848 segna l’insanabile divaricazione tra queste due visioni: da un lato il riferimento alla nazione cattolica offrì alla chiesa argomento di contestazione dello stato liberale anche in nome della vera, autentica nazione. Svincolata dal legittimismo, spostava il baricentro dal rapporto trono- altare a quello nazione- altare, particolarmente in Italia, dove non rinunciò alla richiesta di una sovranità territoriale.
Col Regno d’Italia la rottura tra Stato e Chiesa diventa traumatica. Il rivendicare che l’unica vera nazione fosse quella cattolica delegittimava infatti lo Stato laico, scatenando un conflitto in cui la vera nazione si coagulava intorno al pontificato, non alla monarchia dei Savoia ( non expedit):
l’Italia reale era così quella fondata sulla rete dell’associazionismo leonino nella società civile, per edificare un ordine sociale autonomo e autosufficiente in una società integralmente cristiana. Da questo nocciolo originario di nazione cattolica prende forma un movimento cattolico intransigente, a suo modo modernizzatore perché comunque cercava di adattarsi a un contesto che non era più quello dello stato confessionale dell’Ancien régime.
Per questa via, paradossalmente proprio i cattolici finivano per considerarsi i soli e unici depositari degli autentici valori della nazione, di cui non si limitavano a essere una parte, per quanto importante ed estesa,ma con cui siidentificavano in una accezione monolitica che finiva con l’essere impermeabile, per definizione, alle ideologie particolaristiche e separative. Già Guido Formigoni, nel suo L’Italia dei cattolici. Fede e nazione dal Risorgimento alla Repubblica ,
riportava le parole pronunciate sul finire dell’800 da uno dei leader del movimento cattolico: «Noi non siamo un partito, l’abbiamo detto e ripetuto mille volte e lo diremo ancora una volta. Noi siamo l’Italia, poiché rappresentiamo la sua fede, la sua storia, le sue glorie, i suoi geni cristiani, i suoi monumenti».
Altri studi innovativi, come quello di A.M.Banti ( La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita), hanno colto il ruolo che la natura polisemica dell’idea di nazione cattolica aveva avuto nell’animare il processo risorgimentale, un cattolicesimo che A. Passarin d’Entrèves definiva "risorgimentale" e che confluiva nel cattolicesimo liberale contro cui si ersero i così detti "cattolici senza aggettivi", gli intransigenti.
Due furono i contributi positivi del cattolicesimo liberale: trovare le condizioni religiose di un nuovo ordine politico e stabilire una separazione istituzionale tra Stato e Chiesa. L’adeguamento al regime liberale sarebbe stato possibile anche attraverso una riforma della chiesa.
La Grande guerra rimescolerà tutto: ne escono vincitori i clerico-moderati che stringono i patti elettorali con i liberali, mentre la chiesa penalizza i fautori di un partito radicato nel mondo cattolico. Ma questa è tutta un’altra storia.