LEONETTA BENTIVOGLIO, la Repubblica 14/2/2010, 14 febbraio 2010
IL RAGAZZO FRAGILE CHE FECE RUGGIRE GLI ANNI VENTI
Le sue rare fotografie ci restituiscono l´immagine di un giovanotto morbido nella postura abbandonata, con un profilo classico e uno sguardo malinconico puntato verso chissà quali dimensioni d´ineffabile bellezza. Certo il disegnatore Charles Gesmar, nato a Nancy nel 1900 e morto a Parigi nel ´28, affichiste raffinato e costumista onirico di music-hall, era un talento fuori dall´ordinario se a quindici anni vestiva le attrici più acclamate, a diciassette si faceva adottare professionalmente dalla divina Mistinguett e un decennio più tardi, quando si spense in una morte folgorante e rapida come la sua esistenza, aveva già prodotto dodicimila bozzetti di costumi, una trentina di cover per programmi teatrali e sessanta manifesti d´incantevole eleganza. Nella sua vita troppo breve Gesmar si adoperò per lanciare in palcoscenico la sua visione imperiosa e siderale della femminilità, immaginando per le mastodontiche revue del Moulin Rouge, delle Folies-Bergère e del Casino de Paris, templi dell´edonismo e della spettacolarità negli anni ruggenti, donne con gonne a cupola formate da sovrapposizioni di ali di farfalla, o con copricapi analoghi a lampadari per saloni da ballo, o avvolte da merletti impastati con gli strass e da iperboliche stole di pelliccia, o pronte a seminare strascichi regali e a esibire gemme abbaglianti sui décolleté e monili avvinghiati sulle braccia come serpenti.
Omosessuale iper-sensibile, afflitto da una tale fragilità nervosa che provò a suicidarsi quand´era poco più che adolescente, e bisognoso d´imbottirsi d´oppio per tollerare la banalità e lo strazio della vita, almeno quella lontana dalle luminarie della scena, Gesmar creava mises che erano fiaba, circo, firmamento, aiuole profumate, gabbie di volatili esotici e serre di odalische. Ma accanto a questo in lui c´era dell´altro: il dono di uno humour irriverente, un senso del paradosso in grado di sdrammatizzare le cattedrali femminili edificate in scena, un estro ludico e vignettistico che gli poteva far dipingere il faccione di un Mangiafuoco accigliato e barbuto sull´intera superficie del dorso di una ballerina, o apporre sulle natiche di un´altra il volto di una fanciulla con boccuccia a cuore incoronata da un´aureola di pizzo che s´innalzava sul didietro a mo´ di coda di tacchinella.
Ci si può tuffare in quest´arte godibile e sfrenata grazie al volume sontuosamente illustrato Charles Gesmar, dedicatogli dal collezionista milanese Angelo Luerti, innamorato del music-hall e già autore di un libro del 2006, Non solo Erté, sui grandi disegnatori e costumisti attivi a Parigi nel secondo ventennio del secolo scorso. Il fenomeno Gesmar è stato molto trascurato dagli studiosi di teatro, un po´ per la frammentazione delle fonti che avrebbero permesso di far luce sulla sua opera, un po´ per l´arco troppo corto della sua attività, pur così intensa e determinante per gli sviluppi successivi, e un po´ per il dilagare della moda di Erté, incoronato campione dell´Art Déco in anni recenti. Perciò Luerti ha voluto rendergli giustizia con un lavoro investigativo certosino, raccogliendo notizie e materiali, spulciando archivi pubblici e privati, esaminando giornali e riviste dell´epoca, recuperando poster e disegni in Germania e in Austria, oltre che naturalmente in Francia, e ancora sondando biblioteche, musei e cataloghi d´asta e persino rintracciando i discendenti dell´artista. Fino a percorrere ogni tappa esistenziale e professionale del suo itinerario e mettere insieme tutta la sua produzione grafica, inedita al sessanta per cento. «Con lo stupefacente uso dei colori e la capacità di sintesi unita al virtuosismo del segno», sostiene Luerti, «Gesmar sviluppò uno stile che rimarrà per sempre associato all´età d´oro del music-hall. Inoltre influenzò generazioni intere di artisti, compreso il grande René Gruau: nato nel 1909 e morto nel 2004, Gruau, che avrebbe lavorato a lungo per il Moulin Rouge, s´installò a Parigi nel ´24, quando i muri e i chioschi della città erano tappezzati dai manifesti di Gesmar».
Dotatissimo fin da ragazzino, come testimoniano i suoi primi studi di nudo, e incoraggiato al disegno dalla sua famiglia, che gli fa frequentare una scuola d´arte a Nancy, Gesmar si trasferisce a Parigi con i genitori allo scoppio della guerra, ed è nella capitale che conquista la fiducia di una delle più famose attrici-ballerine dell´epoca, Andrée Spinelly. Colpita dal tratto innovativo degli schizzi del timido quindicenne, la Spinelly gli chiede di creare i suoi costumi, facendogli colmare il vuoto lasciato dal costumista preferito dell´attrice, Paul Poiret, esteta eclettico e stilista geniale che ha chiuso il suo atelier per arruolarsi come volontario. Quando i genitori di Charles decidono di tornare a Nancy, Mademoiselle Spinelly li persuade a far restare a Parigi il piccolo costumista, offrendosi di ospitarlo nella propria abitazione. Ma nel ´17 lo mette alla porta non tollerando il suo tentato suicidio, «con cui era riuscito solo a piantare un proiettile nel serbatoio d´acqua del bagno», racconterà in seguito Mistinguett, «provocando l´allagamento della casa».
Parte da qui la collaborazione straordinaria ed elettiva del ragazzo-prodigio con la leggendaria Mistinguett, che decide di farsi carico del promettente giovinetto. una mossa giusta: Gesmar contribuirà alla sua gloria, alimentando con invenzioni audaci la fioritura del genere della revue à grand spectacle, ricca di orpelli barocchi e di esaltanti grappoli di nudi, che avrebbe sancito i massimi trionfi della star. Chanteuse di voce magnetica e diva piena di sex-appeal, immortalata dai ritratti di Nadar e amata da Maurice Chevalier, il suo adorabile «Momo», che incarna il rapporto più tenace della sua agitata vita sentimentale, la favolosa «Miss», secondo il diminutivo regalatole dai fan, consacra l´ascesa del tormentato costumista, pretendendo il suo contributo per ogni spettacolo e poster che la riguardi. Diventano inseparabili: «Mi seguiva ovunque, lo prendevano per mio figlio», riferirà nelle sue confessioni autobiografiche. «Era tutta la mia famiglia e gli confidavo ogni mia pena, anche la più intima. L´avevo soprannominato Maman».
Mirabile e mozzafiato è la sfilata dei loro successi, da Fémina Revue, dove sboccia un roseto di gambe frementi, a Laisse-les tomber, che inaugura nel ´17 il Casino de Paris, da Pa-Ri Ki-Ri, dove i costumi vengono accolti da un tripudio di applausi come se fossero attori, a Paris... qui dance, in cui bellezze mitiche (Manon, Carmen, un´Afrodite seminuda) escono da un immenso pianoforte cullate da fasci di luce. E ancora: da En douce, che infila il corpo di Mistinguett in un monumento di petali di rosa, a C´est la Miss!, per cui Gesmar disegna un cappello con tesa chic larga come un ombrello, da Bonjour Paris, dove la primadonna vibra tra piume multicolori, a Revue Mistinguett, in cui Charles plasma per lei un abito di fiori d´arancio madreperlacei e riverberati da riflessi luminosi e un manto di travolgente ironia, con gran collare su cui appaiono fissate testoline di ometti col capello a cilindro.
In a... c´est Paris i costumi tolgono il respiro, come la guaina per la vedette fatta soltanto di perle rosa: il sempre più intossicato e invasato Gesmar, per questo show senza confronti, lavora come un pazzo per vari mesi, arrivando a creare duemilacinquecento costumi, record rimasto insuperato. Quando muore di polmonite, consumato in tre giorni da una febbre micidiale, l´idolatrata Miss è affranta. Al funerale un ragazzo getta coriandoli sul volto del defunto, «e su quel viso cereo si formò una maschera», narra Mistinguett, «che mescolava gioia e tristezza, esuberanza vitale e morte». solo l´ultima messinscena di Gesmar.