MARCO LODOLI, la Repubblica 14/2/2010, 14 febbraio 2010
BRUCIA MAESTRO BRUCIA/1
La prima volta che ho visto crollare un professore è stata una quindicina di anni fa: ero più giovane e ingenuo, la scuola mi sembrava un luogo sereno, e rimasi di sasso. Il prof Manguzzi, un nome di fantasia, insegnava matematica, dagli studenti ma anche dagli altri professori era considerato un tipo tosto, severo, di pochissime parole, molto pignolo sui voti e sulle medie quadrimestrali, estremamente puntuale nello svolgimento del programma. Quell´anno gli studenti cominciarono a chiamarlo "er Pasticca". I ragazzi vedono prima le trasformazioni, hanno meno schemi e pregiudizi, picchiano duro se la mazzata produce una risata. Il prof Manguzzi fu il primo caso di burn-out consumatosi sotto i miei occhi. Bruciato, incenerito, spazzato via dal vento della depressione, da un senso di disadattamento, da una dolorosa incapacità a reggere l´urto con la classe e con il proprio lavoro. D´improvviso sembrava un sonnambulo, camminava lentissimo per i corridoi, quasi sperando di ritardare almeno di un minuto l´ingresso in aula. Pare fosse imbottito di tranquillanti fino ai capelli, anzi fino al riporto che teneva scrupolosamente incollato al cranio nudo. Pare che alla lavagna iniziasse a segnare i numeri per qualche spiegazione, e poi si fermava con il gessetto in mano, incapace di andare avanti, mentre alle sue spalle tutto rombava e sghignazzava. Allora continuava per un poco scrivendo numeri a caso, quindi si risiedeva alla cattedra, muto, la testa tra le mani. Un giorno si mise a piangere, poi entrò in malattia e non lo vidi più.
La professoressa Frinolli, invece, si spezzò per un ricorso crudele. Anche lei era diligente, precisa, poco propensa a regalare sufficienze e promozioni. Tirava dritto senza badare troppo a quello che succedeva in classe. Esigeva che i suoi studenti imparassero per bene la chimica, «che non è un´opinione, che non si risolve con il pressappochismo e la faciloneria». Una somarona, bocciata senza esitazioni, fece ricorso, e così arrivarono dal Ministero dei grigi controllori: presero i registri della Frinolli, esaminarono tutti i voti, la costrinsero a mostrare tutti i compiti in classe, fecero obiezioni su certi segni rossi, su certi giorni in cui l´alunna risultava interrogata ma che invece sul registro sembravano dedicati alla spiegazione. Rifecero le medie da capo, pretesero delucidazioni da parte della professoressa, la torchiarono per alcune contraddizioni. E alla fine anche lei si sbriciolò. Fu confermata la bocciatura della studentessa, ma la Frinolli non resse a quella Laica Inquisizione. Veniva a scuola acconciata sempre peggio, cominciò a balbettare, non riusciva più a spiegare la chimica come prima, scomparve nel nulla.
Ancora non si parlava di un fenomeno diffuso, ancora non erano a disposizione studi e dati che oggi indicano l´insegnamento come un lavoro che produce uno stress difficile da reggere, proprio come altre professioni, il medico, l´infermiere, il vigile del fuoco: ma in questi casi non è difficile comprendere quanta emotività entri in gioco, quanta pena venga assorbita quotidianamente, quanto ci si consumi nel contatto con malati di cancro o con chi ha perso tutto in un incendio o in un terremoto. L´insegnamento, invece, sembrava quasi un lavoro fortunato, e io, per quello che conta il mio parere, lo sento ancora così. In fondo si tratta di stare con i ragazzi, energia viva, in un teatro scalcinato che ogni giorno ripete la sua commedia, ma che ogni giorno è diverso.
Ma per alcuni, per molti, è una tragedia. Non riescono più a trovare un senso in quello che fanno, nessuno li garantisce, ogni autorevolezza sembra perduta per sempre. Parlano e nessuno li ascolta, e a poco a poco la voce si affievolisce, ogni sicurezza si spegne: si sentono inutili, incapaci, ridicoli. Non danno in escandescenze, non esplodono rabbiosamente, piuttosto si smorzano, inceneriscono silenziosamente. Li assale il timore di non essere più in grado si svolgere il programma, da ogni parte viene chiesto loro di essere brillanti, seducenti, carismatici per conquistare l´attenzione degli studenti, e invece hanno l´impressione di predicare sempre più flebili nel deserto o in una bolgia infernale. Il mondo va in un´altra direzione, pretende slancio e giovinezza, bellezza e successo, e i professori si sentono sempre più vecchi e marginali. Non hanno soldi, non hanno più strumenti per difendersi, figuriamoci per imporsi. E dall´alto ormai si esige che tutto proceda secondo schemi standardizzati, che l´insegnante sia un "somministratore" di test oggettivamente comprovati, che la cultura produca subito risultati chiari e utili.
Così la fiducia in se stessi spesso si sbriciola, i ragazzi ti fanno provare tutta la tua impotenza e nessun dirigente scolastico ti incoraggia: è troppo preso a far quadrare i conti. Il professore si sente malinconicamente solo, in balia dello scherno, pressato da genitori e superiori, solo con un gessetto in mano di fronte a un mare sempre più burrascoso. E una mattina schianta, ma senza nemmeno far rumore.