ILARIA CARRA, MASSIMO PISA, la Repubblica 14/2/2010, 14 febbraio 2010
TRA LANTERNE ROSSE E NEGOZI DI KEBAB "CIRCONDATI DA DELINQUENTI, ORA BASTA" - MILANO
Tre chilometri e mezzo, da piazzale Loreto al naviglio della Martesana. Uno stradone dritto interrotto da una rotonda appena, un cavalcavia della ferrovia, niente fermate del metrò, solo la linea 56 del bus che arranca ogni giorno nei due sensi col suo carico di donne velate, cingalesi, cinesi, centroafricani, ucraine e anziani italiani, i pochi superstiti. Via Padova esplode alle 18 di un sabato sera, quando la scintilla di un ragazzo egiziano lasciato sull´asfalto col petto squarciato si innesca su un´aria satura di veleni e disperazione. Dei maghrebini, proprietari delle oltre 400 macellerie e rivendite di kebab, l´etnia più presente ed economicamente più pesante della zona, e un imam, Mahmoud Asfa, presidente della locale Casa della cultura, fresco di Ambrogino d´oro. Dei peruviani, minoranza vivace, soprattutto la sera, phone center e locali notturni (due, il Mybali e il Q, li ha appena chiusi il questore Vincenzo Indolfi per sei mesi per i continui disordini all´interno e sul marciapiede). E poi, lanterne rosse e minimarket, pantaloni larghi hip hop e cartoni di vino, tende verdi e parabole ai balconi, spacciatori e ragazze di vita, gli hard discount e gli operatori dell´Amsa in straordinario continuo per pulire i marciapiede. La banlieue alla milanese, feudo elettorale di destre e Lega.
L´esasperazione dei residenti italiani del Comitato via Padova - viale Monza tuona a macchine ancora rovesciate sulla strada: «Da anni ci battiamo per provare a risolvere i problemi - spiegano in coro - ma è una battaglia persa. Ci sono palazzi fortino, inespugnabili. Via dei Transiti, via Marco Aurelio. un quartiere ghetto. Il commissariato di polizia Villa San Giovanni lavora benissimo, ci sta dando una mano importante ma è sotto organico. Lo spaccio è diminuito, quello sì, anche grazie ai militari. Ma poi, da mezzanotte in avanti, qui diventa di nuovo terra di nessuno. Noi italiani ostaggio dei nordafricani? No, quello no, in fondo Milano è sempre più multietnica, non è questo il problema. Il problema è la delinquenza. E il fatto che loro qui pensano di poter andare oltre ogni regola come se fosse solo casa loro».
Riprendiamoci Milano, altro comitato, circa trecento iscritti, molto attivo in zona. Giovedì organizzerà una protesta insieme ai negozianti: insegne spente per denunciare il «Comune che ci ha lasciati da soli». Di più. «Siamo stanchi dell´ennesimo sangue sparso in via Padova - dicono - avevamo già segnalato non più di quindici giorni fa al sindaco Moratti, per mezzo del prefetto, il clima di tensione e di pericolo che da tempo cova nella via. Ma nulla è stato fatto». Cesare Moreschi, residente in via Padova dal ”56 e membro del Comitato «Vivere in zona 2» è «sorpreso dell´accaduto anche se nel disagio è normale che esploda la rabbia». Racconta che il punto più problematico della via è la prima parte, quella prima dei due punti, verso piazzale Loreto. E i rischi maggiori sono legati alle seconde generazioni di stranieri: «Sono ragazzi magari nati qui, che tendono a fare gruppo, specialmente i sudamericani, e girano un po´ come se fossero padroni del quartiere. Spesso litigano tra di loro per la casa. Abbiamo censito anche i negozi: la prevalenza è ancora italiana, ma quando un italiano chiude subentra sempre uno straniero, in genere un cinese. Il problema è la concentrazione: ci sono condomini dove vive solo un italiano e il resto sono tutti stranieri».
Via Padova, incrocio con via Fanfulla da Lodi, le dieci di sera. Un crocchio di donne italiane ed egiziane discute. Mahmoud, giubbotto beige, uno dei più attivi nei tafferugli, si giustifica: «Avete ragione, neanch´io porterei mia madre qui. Ma il consolato ci ha abbandonato, la polizia viene qui solo per arrestare, e hanno ammazzato uno di noi. Poteva essere vostro figlio».