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 2010  febbraio 15 Lunedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "CARAVAGGIO"

(pallinato uscito sul Foglio del 15/2/2010)

«Un pittore valenthuomo è uno che sappi dipingere bene et imitar bene le cose naturali» (Caravaggio al processo per aver diffamato il pittore Giovanni Baglione). [1]

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, milanese di nascita e figlio di un avventuriero. La fama lo raggiunse a Roma dove arrivò, appena ventunenne, nel 1592. Qui il potente cardinale Dal Monte s’innamorò della sua pittura ancora acerba. Ospitato a Palazzo Dal Monte, realizzò su commissione alcune celebri opere (Giocatori di carte e Suonatore di liuto) e trovò protettori tra le famiglie della nobiltà pontificia (Giustiniani, Barberini, Mattei, Borghese ecc.). Il suo carattere rissoso e impulsivo gli causò ben presto molti guai. Aveva già alle spalle qualche precedente penale quando, nel 1606, uccise in una rissa un certo Ranuccio Tommasoni. Dopo l’omicidio si rifugiò a Napoli, dove dipinse la Madonna del Rosario, e poi a Malta. Nell’isola realizzò il San Gerolamo e La decollazione di San Giovanni Battista, poi, avendo litigato con i Cavalieri, fuggì nuovamente. Trascorse l’ultima parte della vita a scappare: da Siracusa a Messina, da Palermo a Napoli. Qui venne raggiunto, aggredito e ferito dai sicari dei Cavalieri di Malta. Imbarcatosi per Porto Ercole convinto che il Papa avesse dimenticato l’assassinio commesso a Roma, fu arrestato. Tornato libero, malato e disperato per aver perso la barca con tutti i suoi averi, morì a Porto Ercole il 18 luglio del 1610. [2]

«A li 18 luglio 1609 nel ospitale di Santa Maria Ausiliatrice morse Caravaggio, dipintore, per malattia» (così su un foglietto ritrovato nei registri della parrocchia di Sant’Erasmo a Porto Ercole. La data della morte di Caravaggio è spostata di un anno rispetto a quella reale perché a Porto Ercole s’usava il calendario mariano che faceva iniziare l’anno dal primo settembre). [3]

Merisi nacque a Milano, non a Caravaggio. Vittorio Pìrami, pistoiese che dopo la pensione si è messo a studiare storia dell’arte, pochi tempo fa ha trovato l’atto di battesimo del pittore sfogliando il registro della chiesa di Santo Stefano in Brolo di Milano. Al settembre 1571 si legge: «Adi 30 fu bat(tezzato) Michel angelo f(ilio) de D(omino) Fermo Merixio et d(omina) Lutia de Oratoribus / compare Fran(cesco) Sessa». Caravaggio nasce il 29 settembre 1571, giorno di San Michele. Il giorno dopo è battezzato. [4]

Giunto a Roma, fu introdotto dallo zio prete Ludovico presso monsignor Pandolfo Pucci, soprannominato dal giovane ”Monsignor Insalata” perché gli serviva verdure come «antipasto, pasto, postpasto e companatico». Si trasferì poi in vicolo del Divino Amore 22, in una casa per la quale versava alla proprietaria, Prudenzia Bruni, quaranta scudi (il canone medio era di venti l’anno). Quando la Bruni lo sfrattò per mancato pagamento, fu fatto l’inventario dei suoi beni: in un baule di cuoio nero c’erano un paio di pantaloni e un giubbotto stracciati, una chitarra, un violino, due specchi, un pugnale e un paio d’orecchini, tutti oggetti presenti nei suoi quadri. Alla locanda del Moro alla Maddalena (di cui non si hanno più tracce) Caravaggio ordinò dei carciofi all’olio, l’oste glieli portò al burro e lui glieli tirò addosso. Il 28 maggio 1606 in una palestra coperta a Campo Marzio, durante una partita di pallacorda, Caravaggio uccise un uomo. Lo Stato Pontificio lo condannò a morte in contumacia e lui fuggì da Roma. [5]

Passione condivisa da Michelangelo, Cartesio, George Friederic Handel, Johann Wolfgang Goethe, Sant’Ignazio di Loyola: tirar di spada. [6]

Molte critiche perché i suoi santi avevano l’aspetto di gente comune. [7] Vittorio Sgarbi: «I personaggi di Caravaggio sono dannati, feriti, esclusi in una sorprendente anticipazione di Pier Paolo Pasolini, tra ragazzi di vita e una vita violenta. Pittore maledetto, più nelle opere che nella vita, Caravaggio conosce le tenebre attraversate da una luce che indica una speranza illusoria». [8]

Picasso, che durante un viaggio in Italia, davanti alle Stanze di Raffaello: «Questo si può fare». Davanti a Caravaggio: «Questo è solo cinema». Davanti alla Cappella Sistina: «Questo è più difficile». [9]

A 23 anni Caravaggio dipinge la Maddalena penitente. ”Capelli rosci et lunghi”, la Maddalena fu ispirata da Annuccia Bianchini, figlia di un bovaro arrivata da Siena a Roma con madre e sorella nell’inverno del 1594. Francesca Bonazzoli: «Lena fa la puttana, come la madre e la sorella, ma non d’infimo rango [...] diversa: è intelligente e a 17 anni, forse meno, è l’amante di Cesare Barattieri, gentiluomo del cardinale Farnese, che la introduce anche nel letto del cardinale Alessandro Peretti Montalto e poi in quello di monsignor Melchiorre Crescenzi […] La notte del 2 novembre 1604 gli sbirri la sorprendono nei paraggi della sua vecchia casa al Corso; e sempre lì, nei pressi di quell’alcova, il 18 novembre viene fermato Caravaggio. […] I due giovani continuano a vedersi perché Michelangelo non si sta solo godendo la Lena, le sta facendo anche il ritratto, nelle vesti della Madonna di Loreto, e per di più assieme al piccolo Paolo (suo figlio, ndr), che ormai ha due anni. […] Il suo volto, e il suo splendido collo, le gambe lunghe e flessuose e persino il suo Paolo, il figlio di un galeotto, sono su un altare nella chiesa degli Agostiniani, a due passi da piazza Navona. Tutto il popolo accorre a vederla e fa ”estremo schiamazzo”. […] Una bella sfida a Clemente VIII, quei loro piedi sporchi e piagati in primo piano, quegli stracci che indossano come i vagabondi che il papa spedisce nelle galere». [10]

La maturazione di Caravaggio verso uno stile ancora più personale è evidente soprattutto nei dipinti della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma per la quale, a partire dal 1599, Caravaggio realizza la Vocazione di San Matteo, il Martirio di San Matteo e San Matteo e l’angelo. Di quest’ultimo, andato perduto, ne esistevano due versioni: la prima fu rifiutata perché rappresentava un San Matteo popolano in atteggiamento ritenuto scandaloso. Prima di compiere quest’opera Caravaggio riceve commissioni per due dipinti per la cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Anche in questo caso il pittore interpreta gli avvenimenti sacri come fatti semplicemente umani, eliminando ogni richiamo a schemi prefissati. [11]

«Avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo su l’altare, fu tolto via dai Preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co’ piedi rozzamente esposti al popolo» (così Giovanni Pietro Bellori sul rifiuto della pala di San Matteo e l’Angelo). [12]

L’editore Giulio Einaudi, che durante il funerale di Gadda a Santa Maria del Popolo si alzò per andare a vedere i dipinti di Caravaggio. Tutti sentirono risuonare le monetine infilate nell’impianto di illuminazione a pagamento. [13]

Quando dipinge Amor Vincit Omnia (1602 - 1603) Caravaggio ha da poco compiuto trent’anni. nel pieno della maturità artistica, vive a Roma e dipinge per il marchese Vincenzo Giustiniani. A palazzo Giustiniani il quadro è posto su un cavalletto alla fine della galleria privata, coperto da una tenda di seta verde scuro sia per non togliere suspence al visitatore sia per non offuscare le altre rarità esposte. [14]

Tra il 1606 e il 1608 Caravaggio vive prima a Napoli, poi a Malta dove dipinge la Decollazione del Battista, il suo quadro più grande per dimensioni. Espulso dall’ordine dei cavalieri di Malta, fugge a Siracusa dove dipinge il Seppellimento di Santa Lucia, «forse l’opera più tragica mai dipinta» [8], poi si trasferisce a Messina. [11]

Caravaggio ha lasciato due sole firme. Fabio Isman: «Una, mutila e lacunosa (Frater Michel), intrisa nel sangue della drammatica Decollazione di Malta, e l’altra su una ricevuta di pagamento; ma nessun autografo, nessuna manifestazione del pensiero, se non le opere e i capolavori». [15]

Caravaggio potrebbe aver ritratto se stesso in molte sue opere. Rossella Vodret, soprintendente al polo museale romano e curatrice della mostra dedicata al Merisi (24 opere in esposizione) dal prossimo 19 febbraio alle Scuderie del Quirinale: «Mi sono chiesta da quale prospettiva aveva potuto ritrarre Narciso e il suo riflesso nell’acqua perché da un punto di vista esterno l’immagine di un modello che si specchia nella posizione di Narciso è completamente diversa da come l’ha dipinta Caravaggio. chiaro che non poteva essere stato il punto di vista del pittore mentre dipingeva la tela». Vodret ha cominciato a giocare con gli specchi che, come raccontano i documenti, erano tra le poche suppellettili dello studio del Merisi. «Una domenica ho posizionato due specchi come immaginavo che avesse fatto Caravaggio e ho chiesto a mio marito di fare da modello. Il risultato è stato identico a quello del quadro. evidente che l’artista, mentre si specchia, si sta al tempo stesso ritraendo, la mano che sfiora l’acqua doveva in pratica reggere il pennello». La soprintendente ha ora avviato un progetto per stabilire, attraverso l’indagine scientifica, se siano autoritratti alcuni volti individuati, compresa la figura di Plutone, nudo in piedi su uno specchio, dipinta sulla volta del camerino alchemico del cardinal Del Monte. [16]

La lettura a infrarossi ha permesso di capire che tra il 1596 e il 1597 Caravaggio rappresentò se stesso nella brocca sulla piccola tela (95 x 85 cm) di Bacco. Mina Gregori, una delle maggiori studiose del pittore: «Nella caraffa alla destra di Bacco Caravaggio dipinse la sagoma di un personaggio in posizione eretta, con un braccio sporgente in avanti verso un cavalletto da pittore con sopra una tela. Di questa sagoma sono distinguibili i lineamenti del volto, in particolare naso e occhi. Per me è il suo autoritratto mentre stava dipingendo. Anche il Merisi, infatti, dipingeva utilizzando gli specchi nei quali si rifletteva». Ulteriore conferma arriva da Giovanni Pietro Baglione che ne Le vite de’ Pittori, Scultori, Architetti ed Intagliatori del 1642 raccontava che il Merisi «fece alcuni quadretti da lui nello specchio ritratti. Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli d’uve diverse». [17] Nella testa di Golia del Davide con la testa di Golia, dipinto per il cardinal Scipione, tutti vedono uno dei molti autoritratti di Caravaggio. Vodret ne ha individuati altri: «Due nel Casino Ludovisi; e forse anche l’Oloferne nella Giuditta della Borghese: quadro raffinatissimo, in cui lei, bocca aperta, prega come è scritto nella Bibbia Clementina del 1592». [15]

Per dipingere, Caravaggio, Van Dyck, Vermeer, Memling, Raffaello, Giorgione, Bronzino, Velàzques e Ingres usavano sistemi ottici fatti di specchi e lenti con cui proiettavano le immagini sulla tela e poi ne seguivano le linee con pennelli e colori. La scoperta che Caravaggio fosse un artista del ricalco risale al 1994 quando Roberta Lapucci, docente all’Università di Firenze e grande specialista di restauro, pubblicò un articolo intitolato Caravaggio e i quadretti nello specchio ritratti, cui fecero seguito Caravaggio e i fenomeni ottici e Caravaggio e l’ottica, pubblicato nel 2005. [18]

«Dopo Giotto e dopo Masaccio, Caravaggio riafferma il principio secondo cui non concetti astratti o prevenute concezioni filosofiche siano da collocare sulla tela, ma la conoscenza della realtà, le cose come esse sono, indagate ed esplorate nelle loro relazioni di luogo, spazio, luce» (Renato Guttuso). [19]
Il giorno dopo la sua morte, Caravaggio è sepolto nel cimitero San Sebastiano di Porto D’Ercole. Marco Gasperetti: « un luogo di periferia, sabbioso e ventoso, davanti a una grande spiaggia. Qui veniva sepolta la gente comune: artigiani, pescatori, soldati, forestieri. Trascorrono quasi 400 anni di quiete quando nel 1956, durante lavori alla strada, vengono alla luce alcune tombe. E tra queste alcune c’è quella del Caravaggio. Sulla cassa c’è una targa con il nome del pittore e la data della morte. La scoperta sorprendentemente passa inosservata e le ossa, collocate in una cassetta più piccola, sono traslate dall’allora parroco, don Mariano Sabatini (che custodisce anche l’atto di morte del pittore), chi dice nella chiesa di Sant’Erasmo e custodite nella cripta, chi afferma nel nuovo cimitero di Porto Ercole in una delle tre cripte della chiesa dove si sta scavando oggi. Poco dopo don Mariano muore e si porta con sé il segreto della tomba del Caravaggio» [20].

Gli scavi nella cripta dell’antico cimitero hanno permesso di individuare i resti di 17 individui. Di questi, nove, riconducibili a quarantenni dalla costituzione robusta e dall’altezza media, hanno mostrato caratteri simili a quelli di Caravaggio, ricostruiti con documenti di archivio. Grazie ad alcuni esami biologici e genetici, presto si potrebbero conoscere le cause, forse sifilide, forse avvelenamento da piombo, che uccisero il dipintore a soli 39 anni. [20]

«Professavasi egli tanto ubbidiente al modello, che non si faceva propria ne meno una pennellata, la quale diceva non essere sua, ma della natura; e sdegnando ogn’ altro precetto, riputava sommo artificio il non essere obligato all’arte. (...) Il Caravaggio non apprezzava altri che se stesso, chiamandosi egli fido, unico imitatore della natura; con tutto ciò molte, e le megliori parti gli mancavano, perche non erano in lui, né invenzione, né decoro, né disegno, né scienza alcuna della pittura, mentre tolto da gli occhi suoi il modello restavano vacui la mano, e l’ingegno. Molti nondimeno invaghiti della sua maniera, l’abbracciavano volentieri, poiche senz’altro studio, e fatica si facilitavano la via al copiare il naturale, seguitando li corpi vulgari, e senza bellezza». [12]
(a cura di Marzia Amico)

Note: [1] Roberto Longhi, Corriere della Sera 13/10/2005; [2] Marco Bona Castellotti e Marco Carminati, Il Sole 24 Ore 21/1/2001; Fiorella Minervino, La Stampa del 22/1/2001; Virginia Lupi, Il Mattino 25 /1/2001; Claudio Strinati, la Repubblica 24/1/2001; [3] Marco Bussagli, Avvenire 21/12/2001; [4] Sergio Romano, Corriere della Sera 26/2/2007; [5] Vania Colasanti, Corriere della Sera 15/4/2001; [6] Paolo Passarini, La Stampa 25/2/2003; [7] Paolo Vagheggi, la Repubblica 22/12/2003; [8] Vittorio Sgarbi, Panorama 12/2; [9] Mario Perazzi, Io Donna 8/9/2001; [10] Francesca Bonazzoli, Corriere della Sera 13/10/2005; [11] Francesca Cappelletti, Caravaggio Un ritratto somigliante, Electa 2009; [12] Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Giovanni Pietro Bellori, 1672; [13] Ernesto Ferrero, I migliori anni della nostra vita, Feltrinelli, 2005; [14] Marina Mojana, Il Sole 24 Ore 22/8/2005; [15] Fabio Isman, Il Messaggero 13/2; [16] Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 13/2; [17] Pierluigi Panza, Corriere della Sera 30/10/2009; [18]] Viviano Domenici, Corriere della Sera 25/4/2006; [19] Renato Guttuso, introduzione de L’opera completa del Caravaggio, Rizzoli, 1967; [20] Marco Gasperetti, Corriere della Sera 12/2.