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 2010  febbraio 13 Sabato calendario

DAL PROSECCO ALLE SIGARETTE. COSI’ VIAGGIANO LE «BUSTARELLE»

«Ma perché tenevate lo spumante in cassaforte?». L’ impiegata di Francesco Guerrini forse viveva su un altro pianeta: «La mia domanda suscitò l’ ilarità dei presenti», mise infatti a verbale. Perché in ufficio lo sapevano tutti tranne lei: le mazzette con cui la società di Guerrini si aggiudicava i corsi-fantasma della Regione Lombardia venivano consegnate all’ ex assessore e poi consigliere Guido Bombarda (An) ben nascoste dentro «confezioni magnum di prosecco Mionetto». Scatole-regalo «foderate di banconote», per dirla con un’ altra testimone dell’ accusa. Succedeva nel 1999, anche se l’ assessore sarebbe stato arrestato solo cinque anni dopo. Il tutto per dire che i già famosi cinquemila euro arrotolati stretti e infilati in un pacchetto di Marlboro potranno anche aver riportato alla memoria di chi c’ era gli ormai preistorici sette milioni (di lire) che nel ’ 92 inaugurarono Mani pulite: anche allora era febbraio, anche allora un imprenditore - si chiamava Luca Magni, un brianzolo - si stancò pagare mazzette e si mise d’ accordo coi carabinieri per beccare in castagna l’ allora presidente del Pio Albergo Trivulzio, il socialista Mario Chiesa, arrestato con la busta in mano dopo aver cercato di buttarla nel water. Una corruzione quasi caricatura dei conti off-shore miliardari scoperti in seguito e di cui, naturalmente, rappresenta sempre la premessa. «Siamo tornati a 18 anni fa», è stato il primo pensiero di chi ieri ha ricordato Chiesa. Ma il «prosecco di Bombarda» è solo uno dei tanti esempi a conferma una realtà diversa: non è che siamo «tornati». Non ce ne siamo mai allontanati. Al confronto Duilio Poggiolini, che nel ’ 93 nascondeva i gioielli nel puff, è un gigante di raffinatezza: la verità è che tra buste, giornali arrotolati, valigette, rotoli nascosti, la mazzetta ruspante non è mai tramontata anzi è prosperata all’ insegna dell’ «embè?». Sintomo principale di una «presunzione d’ impunità» che forse è dipesa anche dalla mancanza di quella che l’ ex dottor sottile del pool Mani pulite, Piercamillo Davigo, ormai da anni giudice di Cassazione, chiamava «selezione della specie dei ladri». La teoria di Davigo dice da sempre che tra guardie e ladri è come tra leoni e gazzelle: quelli che non vengono arrestati è solo perché sono davvero più bravi, cioè più il leone è veloce - più la politica del rispetto delle regole è perseguita con determinazione - più la gazzella e quindi i ladri devono far fatica per salvarsi. La morale di questi diciotto anni evidentemente è un’ altra: nonostante centinaia, migliaia di arresti fatti da Mario Chiesa in poi, la mazzetta ruspante del «tanto non mi prendono» non è in fin dei conti mai tramontata. Gli aneddoti sono ripescati in archivio secondo un ordine casuale, in verità sono molti di più. Ancora nel ’ 94 per esempio, due anni dopo l’ arresto di Chiesa, personaggi della Mani pulite degli esordi raccontavano di come le tangenti milanesi legate al fondo pensioni Cariplo passassero di mano sotto i tavolini del bar Alemagna avvolte in fogli di giornale. E siamo sempre a Milano nel ’ 95 quando un ristoratore di via Ripamonti si stanca di versare l’ obolo a un consulente della Regione Lombardia e va in procura: «I poliziotti mi hanno dato dieci banconote da centomila lire, mi hanno nascosto un microfono sotto la camicia, e quello là ci è cascato». E poi Cesena, 1996, quando un funzionario del fisco viene beccato con 10 milioni nella più banale delle buste; e Roma, 1997, quando un ispettore dell’ Asl finisce dentro per due biglietti aerei per Lisbona pretesi in cambio di un certificato; e Palermo, 1998, quando un tecnico della Provincia cerca (senza riuscirci) di scappare con dieci milioni di tangente appena nascosti sotto il sedile dell’ auto. Fino a un classico come quello del parcheggio sotterraneo: teatro dell’ arresto di quel maresciallo della finanza preso nel 2003 con seimila euro appena incassati. Dieci giorni fa il costruttore ligure che per portare i soldi all’ estero li nascondeva negli slip delle figlie. Dilettanti. Vuoi mettere se non altro l’ impegno di costruire un «sistema Troielli», l’ intreccio di conti esteri che secondo le sentenze milanesi spostava da un capo all’ altro del mondo le tangenti di Craxi e del Psi? Vuoi mettere la fatica di inventare società e conti esteri con nomi bizzarri come All Iberian, Ferrido, Rowena, Mercier, per rendere almeno difficile inseguire i soldi di una Fininvest a un avvocato Previti, a un giudice Squillante? Quelli sì erano bravi.
Paolo Foschini