ALESSANDRO PENATI, la Repubblica 13/2/2010, 13 febbraio 2010
CERCASI EXIT STRATEGY DISPERATAMENTE
Doveva essere il "piano" dell´Europa per la Grecia. Per ora è solo una dichiarazione di sostegno, priva di contenuti concreti. Non poteva essere altrimenti: il salvataggio di un paese non solo non è previsto, ma è espressamente proibito dai Trattati comunitari; e per i Governi di Eurolandia, un intervento del Fondo Monetario a casa propria è una bestemmia politica. Se si sperava di guadagnare tempo, scoraggiando "la speculazione" contro l´euro e i titoli di stato dei paesi ad alto deficit, non è servito a molto: già ieri l´euro ha ripreso a indebolirsi.
"La speculazione", poi, non è un complotto internazionale, ma una miriade di investitori di tutto il mondo, confusi e preoccupati per i loro soldi perché non capiscono se ci sia, e quale sia, l´exit strategy dalla montagna di debito pubblico che è stata creata per fronteggiare l´emergenza. Sorge il dubbio che a furia di vertici, G-vari e comitati per discutere la riforma del sistema finanziario, compiacendosi di aver salvato il mondo, nei Governi si sia radicata la convinzione che non esista un problema finanziario del debito pubblico, o che comunque possa essere rinviato al 2013.
Invece il problema c´è: Grecia e debolezza dell´euro sono sintomi di un malessere che interessa potenzialmente non solo Spagna, Portogallo, o Italia, ma che potrebbe contagiare anche tutta Eurolandia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il Fondo Monetario (Fmi) ha recentemente stimato che in assenza di interventi, lo stock di debito pubblico dei sette maggiori paesi industrializzati (G7, che esclude quindi Grecia o Spagna), si stabilizzerà mediamente a un livello pari al 118 per cento del Pil nel 2014: Stati Uniti (110%), Gran Bretagna (98%), Francia (96%) e Germania (90%), entreranno così nel club esclusivo dei grandi debitori, fino a oggi riservato a Italia e Giappone. L´incertezza e i timori dei mercati di fronte a livelli di indebitamento simili è comprensibile: non si erano mai visti in tempo di pace; per trovare situazioni analoghe bisogna risalire alle due guerre mondiali. Esperienze che però non aiutano a capire i problemi di oggi. Il timore, fondato, è che si sia creata una bolla del debito pubblico per attenuare i danni provocati dallo scoppio della bolla immobiliare; come la bolla immobiliare era stata creata per attenuare quelli causati dalla bolla internet. Ma di bolla in bolla nessuno ha idea di cosa ci riservi il futuro.
Oggi i Governi dovrebbero dire esplicitamente quale è il loro obiettivo per il prossimo decennio: vogliono stabilizzare il debito pubblico ai livelli attuali, o riportarli a quelli pre-crisi? Secondo il Fmi, per riportare l´indebitamento complessivo nel G7 ai livelli del 2007 ci vorrebbe un aumento dell´avanzo primario (cioè prima degli interessi) di 8 punti percentuali del Pil, su dieci anni. Ma di 13 punti per la Gran Bretagna, 9 per gli Usa, esattamente come Grecia e Spagna, e 6 anche per la Francia. Aggiustamenti simili ci sono stati in passato per singoli paesi: ma a livello globale è infinitamente più oneroso. Servirebbero quindi politiche fiscali talmente restrittive e prolungate da essere poco credibili.
Quindi, i mercati si aspettano un futuro di debito pubblico elevato. Con le conseguenti, devastanti incertezze per i rendimenti dei titoli di stato, l´inflazione attesa, i cambi, o la capacità degli Stati di finanziare i deficit. L´incertezza si paga due volte: tassi reali più alti perché incorporano un maggior premio per il rischio; e ripetute crisi di fiducia che aumentano la volatilità dei mercati. Senza contare il freno alle prospettive di crescita creato dall´onere permanente del maggior debito, che il Fmi stima in almeno 2 punti percentuali del Pil per il G7.
Se i Governi non si decideranno a spiegare con semplicità e chiarezza quale exit strategy hanno in mente, e non si convinceranno che il problema è pressante, possiamo solo aspettarci scossoni ricorrenti sui mercati finanziari. Fino ad allora, saremo tutti greci.