Francesca Perfetti, Libero 13/2/2010, 13 febbraio 2010
CHI CONTESTA L’UNIT D’ITALIA NON CONOSCE LA STORIA
Sono parole chiare e inequivocabili quelle del Presidente della Repubblica sul valore sacro e intangibile dell’unità nazionale quale è stata raggiunta durante la stagione risorgimentale. E chiara e inequivocabile è la condanna di ogni strumentale e pretestuosa condanna del Risorgimento in nome di un nostalgismo improponibile e soprattutto in nome di una ignoranza profonda dei fatti principali che sono alla base della nostra storia nazionale.
Il Presidente Napolitano ha fatto bene a intervenire richiamando l’attenzione sul fatto che non esiste alternativa al «vivere insieme» e sulla necessità di un «esame di coscienza collettivo». Ha fatto bene perché il tema delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, com’era purtroppo prevedibile, ha offerto lo spunto per operazioni e interventi di natura giornalistica che celano, a ben vedere, soltanto disegni squisitamente politici.
così, per esempio, nel caso dell’editoriale di qualche tempo fa, apparso sul Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli della Loggia che, dopo un dotto richiamo ad alcune interpretazioni del Risorgimento, finiva (com’è sua abitudine) per dare una bacchettata al governo, colpevole, a suo dire, di non preoccuparsi troppo, o almeno come dovrebbe, della ricorrenza.
A Galli bisognerebbe forse rammentare che il Comitato per le celebrazioni (del quale egli è pure un autorevole membro) sta, in verità, facendo davvero qualcosa che ha almeno attinenza con la ”memoria storica” e con la valorizzazione dei ”luoghi della memoria”, laddove il comitato originario, istituito dal governo che ha preceduto l’attuale, aveva imboccato la troppo facile strada del finanziamento di talune opere pubbliche che nulla avevano a che spartire con gli eventi e con la memoria del Risorgimento. Ma questo è un altro discorso.
Sempre retropensieri di natura tutta politica sono alla base delle pulsioni antirisorgimentali di qualche sprovveduto leghista, il quale si ostina a presentare in maniera grossolana il federalismo come una sorta di ”rivincita” storica sulla soluzione unitaria, quale fu adottata dallo Stato italiano nel momento della sua formazione. E, implicitamente, continua a giocare la carta del nord operoso contro il sud fannullone.
Non meno politiche sono le contestazioni di quanti ingrossano le file dei nostalgici degli antichi stati italiani – dai neoborbonici ai neoasburgici ai neopapalini e chi più ne ha più ne metta – i quali, tutti indistintamente, contestano il Risorgimento e il modo attraverso il quale l’Italia è stata costruita. E lo fanno non soltanto alimentando una letteratura e una ”storiografia” dei vinti, ma anche dando legittimazione e patenti di nobiltà a talune manifestazioni di criminalità organizzata.
La verità è che chi contesta il Risorgimento non conosce la storia. O vuole piegarla ai suoi fini politici. L’Italia è stata costruita attraverso uno sforzo concorde – che ha fatto ritrovare insieme anime e posizioni diverse – per giungere a un risultato congruente con il più generale fenomeno di affermazione delle nazionalità in campo europeo. Quella antica immagine oleografica che mette insieme come padri della patria Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e Mazzini – è, in realtà, una immagine esatta perché dimostra come personalità diverse, per idee e convincimenti politici, abbiano potuto operare per raggiungere un fine comune. Ma il conseguimento di quel fine fu reso possibile dal fatto che, durante tutto il Risorgimento, non venne mai meno la consapevolezza della esistenza di una ”nazione italiana’ e di una ”coscienza nazionale” come importanti elementi di aggregazione.
Francesca Perfetti, Libero 13/2/2010