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 2010  febbraio 18 Giovedì calendario

UN’EQUAZIONE DISTRUGGERA’ WALL STREET


Per trovare il nuovo cuore dei mercati finanziari non bisogna andare a Wall Street ma a Chicago. Per l’esattezza al secondo piano del palazzo art déco che ospita la borsa dei future, dove si trovano gli uffici della Global electronic trading corporation, altrimenti nota come Getco. Da qui passa ogni giorno il 15 per cento del volume del mercato borsistico americano, ma invece delle migliaia di finanzieri che lavorano alla Goldman Sachs o alla Prudential, alla Getco ci sono solo 220 impiegati. Per lo più giovanissimi, molti non hanno neanche una laurea in economia. Sono matematici, ingegneri, fisici: il loro talento non sta nello scegliere un titolo sulla base della storia dell’azienda ma nel programmare i loro computer in modo da identificare variazioni infinitesimali nei prezzi di opzioni o titoli, e approfittarne con puntate che si concludono nel giro di millesimi di secondo.
Il metodo si chiama «high frequency trading», ovvero puntate ad alta frequenza, che secondo alcuni rappresentano già tra il 40 e il 70 per cento di tutto il movimento di borsa negli Stati Uniti. Sia la Sec (la Consob americana) sia la Commissione europea hanno aperto indagini sulla pratica, che si sospetta favorisca gli insider di Wall Street rispetto ai piccoli risparmiatori. Ma chi ha qualche timore su cosa accadrà è Edward Thorp, che per primo ha applicato alla finanza equazioni e algoritmi, ed è considerato il padrino dei «quant», come vengono chiamati a Wall Street i geni della matematica: «Quella che una volta era una specialità artigianale è ora un’industria. La finanza è in mano a migliaia di ingegneri e fisici convinti che dopo la tempesta delle borse tutto debba tornare come prima: la mia paura è che si stia solo preparando il prossimo disastro».
Per Thorp, che a 7 anni calcolava al volo quanti secondi ci sono in un anno, Wall Street non è altro che il più grande dei casinò dove lui da giovane si divertiva a battere i croupier. Quando era un professore al Mit di Boston, è stato lui il primo a dimostrare come fosse possibile vincere a blackjack contando le carte. Al Tropicana e in altri locali di Las Vegas Thorp finì per raddoppiare i 10 mila dollari che gli aveva messo a disposizione un investitore affascinato dal suo metodo, che nel 1962 venne spiegato nel saggio dal titolo Beat the dealer.
Insieme a un collega matematico Thorp sviluppò anche il primo computer indossabile, un rudimentale elaboratore con cui i due cercarono di vincere anche alla rou lette. Ma presto Thorp capì che gli stessi principi statistici potevano essere applicati anche alla finanza. Il fondo da lui creato nel 1965, Princeton-Newport partners, fu il primo hedge fund basato su equazioni che permettevano di guadagnare sia che il mercato perdesse sia che salisse.
In apparenza inarrestabili, i quant hanno subito la prima grande sconfitta col crac del 1987. E un disastro simile si è ripetuto nell’agosto 2007, quando le equazioni che governavano i computer hanno smesso di funzionare in un mercato preso dal panico derivante dalla stretta del credito. «I modelli matematici hanno sempre avuto difficoltà nel prevedere eventi inaspettati che portano a violente fluttuazioni del mercato» spiega Scott Patterson, autore del saggio The Quants, appena pubblicato da Crown con il sottotitolo «Come una nuova razza di geni della matematica ha conquistato Wall Street e l’ha quasi distrutta». Continua Patterson: «Solo di recente alcune finanziarie sono corse ai ripari. La Msci Barra, azienda che costruisce software per le finanziarie, ha sviluppato un sistema che prevede oscillazioni del mercato. E la Jp Morgan Chase ha un modello che contempla la possibilità di ribassi improvvisi. Ma bisogna vedere se questi software continueranno a essere usati quando nei listini le cose vanno bene».
«Ora i ribassi possono essere anche più repentini» avverte Patterson. «Un finanziere mi ha confidato di temere che con gli scambi ad alta frequenza il prossimo crac possa svilupparsi non nel giro di ore o di giorni ma di pochi minuti».
Anche un maestro come Thorp, d’altra parte, non può evitare la cattiva sorte. Neppure lui che si rifiutò di adottare nel suo metodo i derivati progettati a partire dal 1985 dai suoi colleghi: «Quello che li rendeva inutilizzabili dal mio punto di vista era l’impossibilità di analizzare il rischio connesso alla qualità dei mutui impacchettati nei titoli» spiega. Ma anche questa precauzione non è servita: pure se il fondo da lui amministrato non ha risentito del crollo del mercato immobiliare, infatti, la maggior parte dei suoi risparmi Thorp li aveva messi in hedge fund che avevano fatto razzia di titoli tossici. «Un po’ hanno recuperato, ma non del tutto» ammette.
Da sempre avverso al rischio, a 78 anni Thorp ha deciso di fare una scommessa che potrebbe dargli una nuova vita: farsi congelare dopo la morte nella speranza di essere resuscitato dagli scienziati del futuro. «Le probabilità che questo avvenga aumentano col passare degli anni, però al momento non credo siano superiori al 2 per cento» dice. Ma tanto gli basta.