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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

TUTTI I PROCESSI DEL PRESIDENTE /10 - BILANCI FININVEST BERLUSCONI


Il delitto perfetto esiste. I collegi di difesa di Silvio Berlusconi ne hanno firmati più d’uno. Ma uno in particolare è stato più perfetto di altri. Per sette anni il pm Francesco Greco ha indagato mettendo insieme 200 faldoni per centinaia di migliaia di documenti, perizie finanziarie, verifiche contabili e rogatorie internazionali di assai difficile acquisizione, e ha tracciato i confini di uno dei più clamorosi, per quanto mai provato, falsi in bilancio: una struttura parallela alla Fininvest, radicata all’estero e sparpagliata in 64 società off shore, in grado di movimentare qualcosa come 3.500 miliardi di vecchie lire e di falsificare i bilanci per almeno 1.555 miliardi di vecchie lire. Con poche righe di una nuova legge – quella che ha depenalizzato il falso in bilancio – quella mole di lavoro è diventata carta straccia. Il reato non c’era più. Così, dalla sera alla mattina, tra la fine del 2001 e il febbraio 2002. E il processo che più di tutti aveva fatto tremare Berlusconi e il suo impero compresi i manager dello stato maggiore del Biscione è stato demolito come un castello di sabbia sulla battigia. Fascicolo n.735/96, inchiesta sul bilancio consolidato Fininvest, anni e anni, secondo l’accusa, di bilanci falsificati, dal 1989 al 1996. In realtà nella ragnatela dei sedici processi – escluse le inchieste che non sono mai arrivate a dibattimento perché chiuse nella fase delle indagini preliminari – che hanno coinvolto il Presidente del Consiglio questo avrebbe dovuto essere il primo della serie in quanto considerato l’origine di tutti i guai giudiziari del premier. E’ dalle carte del 735/96, infatti, che è nata la maggior parte degli altri processi, la tangente a Craxi, le mazzette per i giudici di «Toghe sporche» (Imi-Sir, Mondadori, Sme) e tutte le operazioni a nero, dal calciatore Lentini all’acquisto dei terreni di Macherio e della casa cinematografica Medusa. Da quei conti all’estero, solo dopo molto tempo e a gran fatica ricollegati all’impero di Cologno Monzese, sono state dirette le scalate di Rinascente, Standa, Mondadori. Temporalmente però, in quanto l’indagine occupa un arco di tempo assai lungo, il fascicolo lascia le stanze delle procura destinazione quelle del gup per l’udienza preliminare quando i processi «Toghe sporche» sono già avviati. Il 29 giugno 2001 il pm Greco chiude le indagini e chiede il processo per l’imprenditore tornato da un paio di mesi ad essere premier. L’inchiesta coinvolge altre 25 persone, in pratica l’intero vertice dell’impero mediatico, Paolo Berlusconi, Fedele Gonfalonieri presidente Fininvest dal 1994 (quando il Cavaliere diventato premier per la prima volta è stato costretto a lasciare la carica), Giancarlo Foscale, ad e vicepresidente Fininvest nonché cugino di Silvio, Adriano Galliani e Giorgio Vanoni, responsabile estero del gruppo. Nomi importanti. Nomi che ritornano, sempre, dalle origini dell’impero fino ai giorni nostri attraversando molti processi. La procura contesta al premier un ruolo attivo nella gestione del gruppo, «l’aver diretto e gestito un numero rilevante di operazioni». Berlusconi, dice la procura, «non poteva non sapere» l’esistenza della struttura parallela, come operava, quando e secondo quali direttive. E al di là di quello che sostiene il Cavaliere («del tutto estraneo a quelle società»), le carte dell’avvocato inglese David Mills dal 1996 in possesso della procura dicono non solo che «All Iberian fa capo a Fininvest tanto che il cugino Foscale ne è il beneficiario economico» ma anche che «tutto il comparto riservato, la Fininvest group B-very discreet fa capo a uomini di fiducia del Cavaliere di Arcore». Una struttura sommersa e parallela che ha gestito, è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio, «scalate come quella di Telepiù e della spagnola Telecinco in violazione della legge Mammì». Mentre altre società «formalmente terze ma controllate da Fininvest hanno gestito pagamenti in nero». Il teorema dell’accusa si basa anche sulla monumentale perizia contabile della KPMG, 800 pagine che oltre alle società del gruppo B individuano un altro doppio fondo contabile, vere e proprie «catene societarie» che si sono mosse sulle Isole Vergini britanniche e poi a Malta «che consentivano di sfruttare i trattati internazionali contro le doppie imposizioni fiscali in modo da minimizzare l’impatto della tassazione». Un atto d’accusa che ha fatto tremare i polsi in casa Fininvest. Non a caso, a settembre 2001,dopo cento giorni di governo, Berlusconi annuncia che modificherà il reato di falso in bilancio: se la società non è quotata in borsa, è reato solo su querela di parte. Dura immaginare un Galliani che denuncia Berlusconi. E infatti... Il 14 febbraio 2003 il gip Paparella deposita la sentenza con il verdetto di non luogo a procedere senza neppure fare l’udienza preliminare. La procura prova ad opporsi. Ma è inutile. Merita riportare un passaggio della decisione del gip: «La lettura degli atti non permette certo di ritenere palese e chiara l’insussistenza dei fatti reato di falso in bilancio, nè di ritenere palese e incontestabile l’estraneità ai medesimi dei soggetti cui gli stessi sono addebitati». Forse colpevoli. Ma è stato cancellato il reato. Hanno fatto sparire il cadavere. Un delitto perfetto. Che ha cambiato la storia. (10, continua)
9 febbraio 2010