Claudia Fusani, l’Unità, 7/2/2010, 7 febbraio 2010
TUTTI I PROCESSI DEL PRESIDENTE /9 - BERLUSCONI PROCESSO SME
Ancora oggi l’onorevole avvocato Gaetano Pecorella, uno degli storici legali del premier, quando ne parla dice: «Quello fu il vero processo, e quella sì che fu una grande vittoria». La vicenda Sme è stata la vera epopea giudiziaria del Cavaliere. E l’unico dibattimento in cui ha accettato le regole delle aule di giustizia. O, meglio, non le poteva ancora scansare del tutto. Sia quel che sia, vuoi per i meriti di Pecorella, vuoi per le leggi ad personam che dal 1995 al 2007 i governi del Cavaliere hanno individuato e approvato, vuoi - perchè no? - perchè Berlusconi è andato in aula e si è difeso di persona, il processo Sme è l’unica ”vittoria” giudiziaria del premier. Da un reato, il più grave (la corruzione in atti giudiziari), è stato assolto con formula piena. Da un altro, il falso in bilancio, ne è uscito pulito perché i governi Berlusconi hanno provveduto a cancellare il reato. I fatti. Parliamo della lunga contesa per il controllo della Sme, all’epoca azienda alimentare di Stato, sotto il controllo dell’Iri. Dopo una battaglia di perizie che vedono contrapposte la cordata Cir-Buitoni di Carlo De Benedetti, la Ferrero-Barilla-Fininvest e altri concorrenti minori il tribunale decide che l’accordo già concluso con Cir-Buitoni non è vincolante. Il 23 giugno 1986 il Tribunale di Roma, con sentenza che porta la firma del giudice Filippo Verde, respinge infatti il ricorso della Cir che, tramite la controllata Buitoni, aveva raggiunto un’intesa con l’Iri per l’acquisto del 64,36% della Sme per un totale di 497 miliardi di lire. E lo fa saltare. Le cronache scrivono, senza mai essere smentite, che dietro la cordata Ferrero-Barilla-Fininvest c’è Bettino Craxi. Una vicenda chiamata «Toghe sporche» per via del gruppo di giudici e avvocati che vendono sentenze. Si potrebbe chiamare anche ”ventre gestatorio” di tutte le leggi ad personam. E’anche la terza puntata, dopo Imi-Sir e Lodo Mondadori, del capitolo delle tangenti ai giudici di cui è testimone Stefania Ariosto, le cui dichiarazioni si sommano con le ”carte inglesi” - sempre le stesse, quelle del giudice Brown – che raccontano la vita e i passaggi delle 65 società off shore che fanno capo a Fininvest group B-very discreet. Partendo da lì, i pm milanesi Bocassini e Colombo cominciano ad incrociare gli indizi, ad indagare e a ricucire i passaggi dei soldi. Fino a contestare il fatto che a disposizione del giudice Filippo Verde, dopo che la Cassazione aveva confermato lo stop alla Cir-Buitoni, erano arrivati 200 milioni. Altri 100 sarebbero toccati ad un’altra toga romana, Renato Squillante. Postini delle tangenti sarebbero stati Cesare Previti e Attilio Pacifico che agivano per conto della Fininvest di Silvio Berlusconi, dai cui conti sarebbero partiti 434 mila dollari destinati, appunto, a Previti e Pacifico. Una banda. «La banda Bassotti», li ribattezza in aula Stefania Ariosto. Il processo comincia il 9 marzo 2000 dopo un’udienza preliminare di diciassette mesi. Nove gli imputati: Verde, Squillante, Pacifico, Previti e Berlusconi che devono rispondere di corruzione in atti giudiziari, i figli di Squillante, Mariano e Fabio, sua moglie Olga Savtchenko e un altro giudice, Francesco Misiani, accusati di favoreggiamento. Per Berlusconi ci sarà anche un processo stralcio con l’accusa di falso in bilancio. Il processo sarà, per l’accusa, una lunghissima corsa ad ostacoli in cui sarà costretta ad affrontare e scansare impedimenti di ogni tipo: dalle ricusazioni, decine, alle contestazioni per sospetta parzialità dei giudici, dalle battaglie legali per impedire l’utilizzo di atti acquisiti tramite rogatorie in Svizzera alle sospensioni intervenute per via di leggi approvate dal Parlamento nel corso del dibattimento. E poi rogatorie, lodo Schifani (blocca le udienze da giugno 2003 a gennaio 2004, la posizione di Berlusconi sarà per questo stralciata), legittimo sospetto e il taglia-processi (la Cirielli). Diciamo qui, per brevità, che il 30 novembre 2006 la Cassazione annulla sentenze di condanna di primo e secondo grado contro Previti e Pacifico (4 e 5 anni per corruzione semplice) e contro Squillante (7 anni per corruzione in atti giudiziari) perché Milano non era competente per questioni territoriali e non avrebbe neppure dovuto cominciare il processo. Finisce tutto al Tribunale di Perugia. Ma nell’aprile 2007 i reati sono prescritti. Sorte simile per il Cavaliere che, grazie allo scudo del Lodo Schifani, fa stralciare la sua posizione. Nel 2004 la I sezione del Tribunale penale di Milano assolve totalmente il premier dalla corruzione semplice perché «il fatto non sussiste», mentre s’estingue il reato di corruzione in atti giudiziari perché, essendo intervenute le attenuanti generiche, la prescrizione scatta dopo sette anni e mezzo anziché quindici. Berlusconi vorrebbe congelare questa sentenza impedendo l’appello, grazie alla legge Pecorella. Ma l’appello in realtà gli va ancora meglio visto che (aprile 2007) arriva l’assoluzione piena. Dell’intricatissima vicenda resta in piedi, ancora per qualche anno, lo stralcio per il falso in bilancio. Ma qui per le difese è stato gioco facile: dal 2002 non è più reato grazie ad una delle primissime leggi ad personam. Ecco perchè il 30 gennaio 2008 il Tribunale di Milano non può che assolvere Berlusconi «perchè i fatti non sono più previsti dalla legge come reato». (9,continua )
7 febbraio 2010