Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 04 Giovedì calendario

TUTTI I PROCESSI DEL PRESIDENTE /8 - IMI SIR MONDADORI LA RAGNATELA DEI CONTI


Quello che segue è il racconto di quattordici anni di montagne russe, una corsa vertiginosa che dalle tangenti miliardarie precipita nelle aule di giustizia e poi su fino a Parlamento, Cassazione, persino Consulta. Ci vogliono stomaco forte e cinture di sicurezza ben strette. Nel 1995 Stefania Ariosto, la teste Omega, comincia a vuotare il sacco con i pm di Milano, racconta che i giudici Valente e Metta frequentano casa Previti e di aver sentito più volte, in quei salotti, di tangenti ai giudici. A Londra il 25 ottobre 1996, un venerdì uggioso, il giudice Simon Brown della sezione Queen’s Bench dell’Alta Corte trasmette ai colleghi di Milano una corposa documentazione in cui si accusa il Cavaliere di aver creato, dal 1989 al 1996, fondi neri per 45,7 milioni di euro, usati per corrompere giudici, politici e finanzieri. E di essere responsabile di una massiccia evasione fiscale. Sono le carte che raccontano la galassia delle 64 società offshore - capofila la All Iberian - creata dall’avvocato inglese David Mills, la cassaforte di tutte le tangenti. Quelle carte finiscono nelle mani del pm Ilda Boccassini, che da quel momento può ricostruire il percorso delle tangenti utilizzate per pagare avvocati e giudici delle vicende Imi-Sir e Mondadori. L’11 maggio 2000, dopo un’udienza preliminare che si porta via un anno, davanti alla IV sezione penale del Tribunale di Milano, presidente Paolo Carfì, comincia il processo Imi-Sir. Qui Berlusconi non c’entra, ma c’è il suo legale più fidato, poi ministro della Difesa, Cesare Previti, l’alter ego del Cavaliere di cui conosce segreti e debolezze. Per lui, che è come dire per se stesso, il Cavaliere mobilita il Parlamento e fa produrre leggi ad personam una dietro l’altra. Con Previti sono imputati gli avvocati Acampora e Pacifico, i giudici Squillante, Metta e Verde, gli eredi del petroliere Rovelli, già padrone della Sir. L’accusa è corruzione in atti giudiziari. Il processo si blocca subito: le difese chiedono a Carfì di astenersi per un problema legato al calendario delle udienze fissato d’ufficio. Prima della sentenza di primo grado, il tentativo di fermare Carfì si ripeterà - inutilmente, Corte d’Appello e Cassazione respingeranno sempre - altre sette volte con varianti di ogni genere, compresa la revoca dei difensori. Una prova generale di tutte le leggi ad personam che governo e Parlamento produrranno negli anni a seguire. Il 28 gennaio 2002 il processo Imi-Sir viene riunito con quello Mondadori iniziato tre mesi prima davanti alla stessa Corte. «Sono nello stesso stato e grado - spiega Carfì - col medesimo collegio, hanno comunanza delle fonti di prova e imputati comuni». Non riunirli «considerati gli impegni parlamentari di Previti, comporterebbe gravi ritardi». Qui il viaggio sulle montagne russe deve fare una piccola sosta. A proposito di ”plotoni di esecuzione” con la toga nera addosso, Berlusconi deve riconoscere che la giustizia funziona anche per lui. Il processo Lodo Mondadori, infatti, comincia con il gup Rosario Lupo che proscioglie tutti gli imputati nell’udienza preliminare (19 giugno 2000). La procura fa ricorso e il 25 giugno 2001 tutti gli imputati vanno a giudizio. Tutti, tranne Berlusconi. E perché? Perché al Cavaliere è contestata la corruzione semplice, senza l’aggravante di quella giudiziaria, prescritta dopo 7 anni e mezzo (anziché 15) grazie alle attenuanti generiche. Poiché la tangente Mondadori è stata pagata nel 1991, nel 2001 il reato è già morto. Perché Berlusconi ha la corruzione semplice e Previti l’aggravata? E’ un nodo non chiarito. Tra l’aprile 1990 e il febbraio 1992, il codice penale prevedeva l’aggravante della corruzione giudiziaria solo per il ”corrotto magistrato” e non per il privato. Previti, anche lui a questo punto privato corruttore, ”scivola” però dall’altra parte, quella delle toghe, e si becca l’aggravante, il relativo processo e le condanne. A Berlusconi invece è riconosciuta «la buona condotta - si legge nelle motivazioni - per le attuali condizioni di vita individuale e sociale del soggetto». Il Cavaliere dunque è prescritto, non innocente. Nel 2007 la Cassazione, motivando le condanne definitive per Previti, scriverà ancora di Berlusconi come «privato corruttore»: «logico» e «ragionevole» che il mandante della tangente per il giudice Metta fosse proprio lui. Andiamo alla sentenza di primo grado (29 aprile 2003). Il Tribunale condanna tutti gli imputati (assolve Verde). E fa propria la ricostruzione dei passaggi della prima tangente pagata (tre miliardi di lire, 1991, Lodo Mondadori) e poi della seconda (oltre 66 miliardi di cui 21 a Previti, 33 a Pacifico, 13 a Acampora, anno 1994, Imi-Sir). Una ragnatela di bonifici descritta in aula da Ilda Boccassini in due giorni di requisitoria. Ci soffermiamo sul Lodo. Il giudice Metta deposita la sentenza Mondadori, favorevole a Berlusconi, il 14 gennaio 1991. Un mese dopo, il 14 febbraio, dalla società off shore All Iberian (Fininvest) esce un bonifico in dollari pari a circa tre miliardi di lire che finisce sul conto Mercier di Previti. Da qui il 26 febbraio un altro bonifico (un miliardo e mezzo) va sul al conto Careliza trade di Acampora. Acampora, a sua volta, il 1 ottobre bonifica 425 milioni a Previti che li gira, in due tempi (11 e 16 ottobre) sul conto Pavoncella di Pacifico che li preleva in contanti (15 e 17 ottobre) e li fa recapitare in Italia. A chi? Secondo l’accusa al giudice Metta, che diventa improvvisamente molto ricco e pochi mesi dopo lascia la magistratura, diventa avvocato e va a lavorare nello studio Previti. Montagne russe, si diceva. Cinture di sicurezza strette. Il 23 maggio 2005 la sentenza d’Appello conferma le condanne per la vicenda Imi-Sir e, colpo di scena, assolve gli imputati per la parte relativa al Lodo. Il 4 maggio 2006 la Cassazione rimette tutto in discussione: condanne definitive per Imi-Sir, nuovo appello per il Lodo. Il 23 febbraio 2007 arriva la sentenza, appena in tempo per evitare la prescrizione: condannati Previti, Pacifico e Acampora (1 anno e sei mesi), Metta (2 anni e 8 mesi). La Cassazione conferma nel luglio 2007: la sentenza che nel 1991 permise a Berlusconi di prendersi la Mondadori fu pagata 425 milioni di lire arrivati dal conto All Iberian. Il 3 ottobre scorso il Tribunale civile di Milano ordina a Fininvest di risarcire 750 milioni di euro alla Cir «per danno patrimoniale da perdita di chance». Il premier, scrive il giudice, è «corresponsabile nella vicenda corruttiva». Quattordici anni di montagne russe. Siamo arrivati in fondo. E nessuno degli indagati/imputati è innocente. (8, continua)
4 febbraio 2010